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CRONACA | 13 agosto 2024, 23:50

Profondo cordoglio per la morte del partigiano Giovanni Minellono 'Fulmine'

Ricordava con tristezza quella traversata durata 4 giorni e l'arrivo in Val d'Isère, dove naturalmente furono accolti come prigionieri di guerra fino alla Liberazione

Foto ANPI VDA

Foto ANPI VDA

Giovanni Minellono

Era nato il 19 maggio del 1926 a Sedriano, in provincia di Milano. Un'infanzia difficile, segnata dalla morte del padre in guerra, dal trasferimento a Gressan con la mamma e la sorella, dalla morte della madre e dalle ristrettezze economiche.

A 14 anni, fu assunto allo stabilimento Cogne, dove ben presto ebbe a che fare con la retorica fascista, con quelle riunioni e con le inutili ore di ginnastica. Nell'aprile del 1944, quando fu richiamato alle armi, disgustato per quanto stavano facendo i fascisti, non esitò a scegliere e si unì ai partigiani di Morion. Lì, ai piedi della Becca di Nona, c'era una banda partigiana comandata da Giulio Ourlaz Dulo e a Giovanni fu assegnato il nome di battaglia Fulmine, visto che era un ragazzo agile e veloce.

Nell'estate del 1944, Fulmine e la sua banda si spostarono a Cogne, usando il trenino del Drinc, e in quel luogo Fulmine conobbe Franz Elter e i suoi figli, Giulio Dolchi e tantissimi personaggi che poi hanno fatto la storia del nostro Paese. Conobbe anche il dolore della perdita dei compagni, come Giorgio Elter e Aurora Vuillerminaz, e il 2 novembre partecipò allo scontro con i nazi-fascisti durante la battaglia di Cogne. La superiorità numerica e di armi spinse il comandante Plik, Giuseppe Ferdinando Cavagnet, alla ritirata verso la Francia.

Ricordava con tristezza quella traversata durata 4 giorni e l'arrivo in Val d'Isère, dove naturalmente furono accolti come prigionieri di guerra fino alla Liberazione.

Raccontava questi episodi con grande umiltà e riconoscenza verso quei capi partigiani che lo avevano accolto e guidato in quegli anni. Un'umiltà che lo ha accompagnato tutta la vita, anche quando questa gli ha finalmente sorriso: l'amore per Clara, conosciuta in una sala da ballo; i loro due figli, Sergio e Stefano; l'impresa di pulizie creata e gestita insieme e i loro adorati nipoti.

Proprio a Simone, uno dei nipoti, rilasciò un'intervista commovente raccolta nel libro "Veillà. Dialoghi fra generazioni in Valle d'Aosta" di Manuela Lucianaz, pubblicato da END Edizioni.

L’A.N.P.I. rivolge sentite condoglianze a tutta la famiglia.

fonte ANPI VDA

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