Ieri sera, durante una breve camminata tra il Campo base e il ghiacciaio, il fotografo della spedizione alpinistica “K2-70” del Club Alpino Italiano, Riccardo Selvatico, ha fatto una scoperta scioccante: i resti mummificati di un alpinista. Il ritrovamento ha subito messo in allerta l'intera spedizione, capeggiata dall'esperto Agostino Da Polenza, insieme al medico Lorenza Pratali e alcuni componenti del team, oltre all’ufficiale di collegamento italiano. Questa mattina, hanno effettuato una nuova ricognizione per verificare la presenza di elementi di riconoscibilità del corpo.
Dalla valutazione iniziale sembra trattarsi di un uomo giovane. Lo stato avanzato di mummificazione suggerisce che la morte potrebbe risalire a trenta o quarant'anni fa. Un dettaglio significativo è la marca della maglietta tecnica, che farebbe pensare a uno degli alpinisti spagnoli morti nel 1987. Quell'anno, infatti, un gruppo di alpinisti spagnoli tentò di aprire una nuova via sulla sinistra dello Sperone degli Abruzzi, un'impresa che finì tragicamente. Le condizioni estreme e i pericoli del K2 sono notoriamente impietosi, e spesso le salme degli alpinisti restano irraggiungibili, inghiottite per sempre dalla montagna.
La scoperta ha subito avviato una serie di procedure. In collaborazione con lo staff del Central Karakoram National Park, si provvederà alla rimozione del corpo dal ghiacciaio. Una volta recuperati i resti, questi saranno collocati al Gilkey Memorial, un luogo sacro per la comunità alpinistica, dove sono ricordati tutti gli alpinisti morti sul K2. Il memoriale, situato nei pressi del Campo base, è un tributo ai coraggiosi che hanno perso la vita tentando di conquistare una delle vette più pericolose del mondo.
Questa scoperta ha riportato alla mente le numerose tragedie che hanno segnato la storia dell'alpinismo sul K2. La montagna, seconda per altezza solo all'Everest, è rinomata per la sua difficoltà tecnica e per le condizioni meteorologiche estreme che mettono a dura prova anche gli alpinisti più esperti. La spedizione "K2-70", che celebra il 70° anniversario della prima ascensione italiana al K2, è ora anche custode di un pezzo di storia tragica della montagna.
Agostino Da Polenza, alpinista veterano e capospedizione, ha dichiarato che ogni scoperta di questo tipo è un doloroso promemoria dei rischi che l'alpinismo comporta. "Ogni volta che troviamo i resti di un compagno alpinista, sentiamo il peso della responsabilità di onorare la loro memoria e di riportarli a casa," ha affermato. Il recupero e la successiva cerimonia al Gilkey Memorial saranno gesti di rispetto e commemorazione per l'alpinista sconosciuto e per tutti coloro che hanno perito sulle pendici di questa imponente montagna.
Il ritrovamento ha anche acceso nuovamente i riflettori sui pericoli che gli alpinisti affrontano e sull'importanza di avanzare con cautela e preparazione in tali imprese. La spedizione "K2-70" prosegue con un ulteriore senso di consapevolezza e rispetto per la montagna e per coloro che l'hanno sfidata prima di loro.