Di Andrea Gagliarducci
Da Budapest, dove è atterrato nella mattina per un viaggio di tre giorni, Papa Francesco lancia un messaggio al cuore dell’Europa, chiede di ricostruirla intorno ai valori comuni e di ritrovarne l’anima, e lo fa nella capitale di un Paese che classifica come “città di ponti”, ma anche “città di storia” e “città di santi”. E mette in luce che il rischio, dietro l’angolo, è quello della colonizzazione ideologica, che porta con sé i nuovi diritti, a partire dalla rivendicazione del diritto all’aborto e della diffusione della cultura gender.
Quello di Papa Francesco si caratterizza subito non solo come un viaggio in un Paese che si trova al centro dell’Europa, ma come un messaggio all’Europa stessa. Prima di lui, Katalin Novak, presidente, ha pronunciato un discorso scritto di suo pugno in cui, ai tradizionali valori della pace, cercata a tutti i costi in Ucraina senza voler mandare gli uomini al fronte e della difesa della famiglia, unita alla valorizzazione della donna, spicca la proposta di un nuovo tipo di ecumenismo. Non un ecumenismo del sangue, ma un ecumenismo valori cristiani, partendo dalla considerazione che la composizione varia delle confessioni cristiane in Ungheria non è comunque ancora caratterizzata da quella secolarizzazione galoppante dell’Europa.
Papa Francesco arriva all’incontro con diplomatici e autorità dopo l’accoglienza a Palazzo Sandor, l’incontro con la presidente Novak, l’incontro con il Primo Ministro Viktor Orban, che gli ha detto che l’Ungheria sta “lottando per mantenere i valori cristiani in Europa”, e per questa guerra che “grida per la pace”.
Il discorso che il Papa fa di fronte agli esponenti del corpo diplomatico è un discorso tutto incentrato sulla città di Budapest, e che include ben cinque riferimenti alla Costituzione Ungherese e un copioso uso delle lettere del Re Santo Stefano.
Una città prima di tutto fatta di storia, dice il Papa, che ha in sé un passato celtico, romano, capitale dell’Impero Austro Ungarico, città oppressa dal nazismo e dal comunismo, teatro di feroci persecuzioni contro gli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale e anche di atti eroici proprio per salvare gli Ebrei, a partire da quelli dell’allora nunzio a Budapest Angelo Rotta.
In particolare, Papa Francesco ricorda che la città nasce nel 1873, cioè 150 anni fa, dall’unione delle tre città di Buda, Óbuda e Pest, e mette in luce come il processo che ha portato alla nascita della città richiami “il cammino unitario intrapreso dall’Europa”.
Papa Francesco nota che se l’Europa, insieme alle Nazioni Unite, ha rappresentato dopo la Seconda Guerra Mondiale la grande speranza di “prevenire ulteriori conflitti”, oggi “la passione per la politica comunitaria e per la multilateralità sembra un bel ricordo del passato: pare di assistere al triste tramonto del sogno corale di pace, mentre si fanno spazio i solisti della guerra”.
Insomma, sembra “essersi disgregato negli animi l’entusiasmo di edificare una comunità delle nazioni pacifica e stabile, mentre si marcano le zone, si segnano le differenze, tornano a ruggire i nazionalismi e si esasperano giudizi e toni nei confronti degli altri”, mentre la politica appare avere come effetto “quello di infiammare gli animi anziché risolvere i problemi”.
Papa Francesco ammonisce che “la pace non verrà mai dal perseguimento dei propri interessi strategici, bensì da politiche capaci di guardare all’insieme, allo sviluppo di tutti”, e sottolinea che l’Europa è “fondamentale” in questo, perché “rappresenta la memoria dell’umanità” ed è chiamata ad “unire i distanti, di accogliere al suo interno i popoli e di non lasciare nessuno per sempre nemico”.
Per Papa Francesco, è essenziale “ritrovare l’anima europea”, e cioè “l’entusiasmo e il sogno dei padri fondatori, statisti che hanno saputo guardare oltre il proprio tempo, oltre i confini nazionali e i bisogni immediati, generando diplomazie capaci di ricucire l’unità, non di allargare gli strappi”. E aggiunge: “In questa fase storica i pericoli sono tanti; ma, mi chiedo, anche pensando alla martoriata Ucraina, dove sono gli sforzi creativi di pace?”
Quindi, Papa Francesco caratterizza Budapest come città di ponti, tra l’altro che si armonizzano al Danubio tanto che il Papa si complimenta per la cura ecologica del Paese. Per il Papa, tuttavia, i ponti sono soprattutto segno di “una unità che non significhi uniformità”, come in fondo deve essere l’Europa dei ventisette che “necessita del contributo di tutti senza sminuire la singolarità di alcuno”.