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ATTUALITÀ | 12 novembre 2021, 10:30

SULLA GUGLIA PIÙ SPETTACOLARE DEL PIEMONTE

a cura di Lodovico Marchisio

La Croce in vetta

La Croce in vetta

Il grande alpinista delle Alpi Orientali e famoso scrittore di montagna Spiro Dalla Porta Xydias che ha aperto ben 108 vie nuove, accademico del CAI, scomparso di recente all’età di 99 anni, diceva che ogni alpinista ha nel cuore la sua montagna perfetta. Per lui era il Campanile di Val Montanaia che ha descritto più volte nei suoi innumerevoli libri pubblicati.

Cito una delle tante sue frasi, per far capire meglio cosa significhi “la montagna del cuore”, cioè quella che ti penetra nell’animo e non ti lascia più: “Il Campanile di Val Montanaia è la pura essenza della verticalità, la perfezione delle forme espresse in natura e plasmate nella pietra. L’arte ha il difetto di innalzare solo lo spirito, l’alpinismo innalza tutto l’essere umano, compreso il suo corpo … La guglia perfetta ti offre il concetto dell’elevazione, dell’avvicinarsi al cielo. È una via per ascendere e, in questo senso, è un immenso dono”.

(La dirimpettaia Torre Castello)

Ebbene in Piemonte, tra le tante meravigliose e importanti montagne che vi si ergono, ne spicca una in particolare nascosta in fondo alla Val Maira oltre l’abitato di Chiappera.

È la Rocca o Croce Provenzale ed anche in essa, quando appare, si ravvisa la perfezione delle forme e ce ne s’innamora.

Per me è sempre stata la montagna più bella nella sua perfezione stilistica di enigmatica presenza quale bizzarria del creato, perché alla sua forma perfetta si aggiunge il fatto che è una delle poche guglie di siffatta bellezza estetica che si lasciano salire per effetto ottico senza troppa difficoltà, fantasmagorica perché racchiude nicchie di fatale stranezza; un cocktail ideale per i palati più raffinati ed esigenti.

E non è solo una mia impressione. L’ho salita più volte, con tutta la mia famiglia, col sole, la tempesta, conducendo, preso dalla foga anche gente non avvezza alle vertigini e con  le quali ho bivaccato dentro nicchie poste sotto la cima in notti stellate, per non farle scendere al buio dopo troppe ore di stanchezza acquisita. (La via normale)

Infatti la “Provenzale”, con i suoi 700 m di dislivello, si può salire se allenati e senza legarsi, in meno di due ore dal parcheggio, che possono diventare infinite nella discesa se ci si deve legare e procedere in cordata.

L’ultima volta che l’ho salita è stata anni fa con lo scrittore e giornalista Patrizio, che così l’ha descritta: Capita che tu veda da qualche parte e per caso la figura imponente e affilata della Croce Provenzale. Capita poi che te ne innamori e che quel monolite diventi una sorta di ossessione alpinistica. Infatti quando questa guglia inverosimile ti appare, dopo l’ennesima curva, ti domandi se sia meno folle tentare davvero di scalarla o fare “dietro front” e affrontare di nuovo l’interminabile “zigo zago” d’asfalto. E ti chiedi come sia possibile che un gigante del genere sia pressoché sconosciuto ai più, me compreso, che fino all’altro ieri non ne sospettavo minimamente l’esistenza. Alchimie italiche concentrate nell’estrema abilità a nascondere i propri tesori …” (nella foto sopra la salita)

Molti miei amici che l’hanno salita mi hanno praticamente fatto quest’osservazione:

“Con più allenamento potrei anche rifarla, perché le emozioni provate sono state davvero tante, ma trovo che bisognerebbe attrezzare su qualche versante, magari quello meno frequentato dai rocciatori, un percorso di discesa più sicuro che servisse anche come via di fuga.”

A questo punto, anche se molti lettori la conosceranno di certo, per la curiosità certamente creata su chi invece non l’ha mai salita, eccovi la scheda tecnica:

Altezza Massima raggiungibile: 2402 m

Tempo di salita: 3 h

Tempo Totale (AR): 6 h (attenzione alla discesa!)

Dislivello: 788 m

Difficoltà: F+ in salita /PD - in discesa

Materiale occorrente: Corda, qualche fettuccia, moschettoni, utile casco e imbragatura per i principianti.

Accesso in auto: Torino, Cuneo, Dronero (a 20 Km da Cuneo), SS 22 fino ad Acceglio, Chiappera.

Località di partenza: Chiappera, Parcheggio sovrastante Campo Base (Campeggio e Rifugio)

Località di arrivo: Il medesimo

Descrizione Itinerario:

Da Campo Base, (punto di ristoro e tappa per diversi itinerari), salire in auto ancora per due tornanti, sino a parcheggiare in prossimità del sentiero, segnalato con marchi rossi e bianchi: segnaletica ufficiale del CAI. Da qui un viottolo conduce nel bosco, accanto ad un torrente, ai pascoli superiori ove si va a intersecare il sentiero che sale da Chiappera.

Tenendo sempre la sinistra, verso di salita, si arriva a un percorso secondario rispetto al sentiero principale che conduce al Colle Greguri (2319 m), che serve come base per scalare la Rocca Castello, più breve ma decisamente più alpinistica del nostro itinerario. Tenendo invece la sinistra in direzione delle rocce basali della Provenzale, una traccia conduce all’attacco dello sperone roccioso che circoscrive un po’ tutta la base.

La traccia è facilitata da segnali in rosso e chiodi infissi sul percorso, a causa degli incidenti per lo più occorsi ad alpinisti durante la discesa, colti dal mal tempo, nebbia, o poca dimestichezza a certi percorsi, troppo spesso declassati, ma che rimangono collocati su terreni esposti che richiedono fermezza di piede, assenza di vertigini e buona conoscenza delle proprie possibilità. (La discesa)

Il primo tratto sembra davvero alla portata di tutti, anche se s’inerpica su buona traccia comunque rocciosa composta di quarzite (stiamo ascendendo una guglia, non dimentichiamolo, anche se la medesima perde di verticalità una volta che se ne raggiunge la base).

In breve, pur accorgendosi dell’esposizione del percorso, si raggiunge un prato pensile che ancor di più assicura gli escursionisti attratti dalla facilità del tragitto. Dopo una targhetta con belle frasi poetiche dedicate a questa montagna, una cengia trasversale da sinistra verso destra (senso di salita) conduce in piena esposizione a un primo salto.

Una placca di 6 m servita da un chiodo permette di superare il breve intoppo (II-) che in alto volge su una lunga traversata ascensionale decisamente verso la cresta Sud, ben visibile da Chiappera. Da qui il percorso sembra decisamente alpinistico, invece una falsa prospettiva induce a sopravalutarlo.

La traccia s’inerpica su esposti canalini che a volte s’incuneano a lato della cresta evitando i tratti più vertiginosi, però se da un lato l’ascensione resta molto facile, dall’altro l’esposizione c’è e si vede!

Si perviene dopo circa 1 ora dall’attacco alla parte mediana che, per un effetto ottico, dal basso sembra formare un unico immenso monolito. Visto invece dalla prospettiva di chi sale, s’interrompe in un vasto altipiano con la presenza di rododendri e vari arbusti.

Un passo in discesa di pochi metri conduce all’assalto del secondo salto. Per i più bravi una facile ma esposta crestina (I° e II° inf.) conduce sopra il secondo balcone roccioso con un breve passaggio discendente decisamente esposto: per i più timorosi, un sentiero a sinistra della cresta (passo in discesa segnato da ometti) conduce comunque all’attacco del secondo salto.

Dove le due tracce si ricongiungono, si torna sulla facile ma erta parete che porta su risalti da destra verso sinistra (verso di salita) al passo chiave che consiste in un passaggio di forza di pochi metri addossato a un diedro canale (II° sup.) che si può anche superare per una serie di saltini più omogenei ma prolungati a destra del passaggio quasi obbligato (II°).

Dopo su un’esposta ma logica linea di percorso si raggiunge il famoso intaglio ove lo sguardo si perde nel vuoto e sulle dirimpettaie Cascate dello Stroppia. Inerpicando sulla parete opposta un passaggio un po’ tortuoso (II° inf.) conduce ad una serie di elementari saltini che puntano in direzione della cresta finale.

Davanti a noi si staglia la bella e inconfondibile piramide della Torre Castello. Da qui non ci si può più sbagliare. Per una cresta esposta ma facile si scavalcano le ultime roccette fino alla croce e al meritato libro di vetta.

Per la discesa, che si effettua più o meno per lo stesso percorso di salita, evitando ovviamente le varianti più impegnative, occorre prestare il massimo dell’attenzione! Portarsi poco sotto la croce, subito a sinistra (verso di discesa) per evitare la crestina finale e poi in traverso in uno stretto intaglio dal quale è d’obbligo scendere in un diedro (II°inf.) per riprendere più in basso in traverso la traccia di salita. (Sullo sfondo l'imponenza della Guglia)

Scesi per facili tracce all’intaglio è consigliabile assicurare a corda i compagni di gita, specialmente sopra il passo chiave, calandoli all’intaglio. Poi evitando la cresta si rimane su una traccia fino al primo salto, da cui si fa ritorno alla base per lo stesso itinerario di salita. Per i motivi su enunciati è comunque una delle poche montagne su cui si deve considerare lo stesso tempo di salita anche in discesa.

In molti casi questo è stato addirittura maggiore rispetto alla salita (specialmente con comitive numerose che sono da evitare).

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