Il dibattito sul divieto dell’uso dei telefoni cellulari negli ambienti scolastici si arricchisce di un contributo autorevole. Il prof. Romano Pesavento, presidente del Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani (CNDDU), ha voluto offrire un’analisi ponderata, mettendo in luce la complessità della dipendenza da smartphone tra i giovani e le implicazioni per i diritti fondamentali.
“Il fenomeno della dipendenza da smartphone non può essere relegato a mera questione disciplinare”, scrive Pesavento nella nota, ricordando come esso tocchi “i diritti fondamentali della persona, tra cui il diritto alla salute (art. 32 Cost.), alla formazione equilibrata della personalità (art. 2 Cost.) e all’istruzione (art. 34 Cost.)”.
I dati più recenti confermano la drammaticità del fenomeno: una ricerca condotta in Sicilia nel 2022 rileva che “il 30,1 % degli studenti in una scuola secondaria accusa una vera forma di ‘dipendenza da smartphone’ secondo la Scala Breve (SAS-SV)”, mentre uno studio del 2025 evidenzia che “l’81 % dei giovani tra i 16 e i 35 anni si considera dipendente, con il 90 % che manifesta sintomi come perdita del sonno (57 %), ansia da notifica (50 %), calo delle performance scolastiche (30 %) e isolamento sociale (40 %)”.
Preoccupanti anche i dati sull’uso precoce dei dispositivi: “il 43 % dei bambini tra 6 e 10 anni lo utilizza quotidianamente, con un aumento marcato dopo la pandemia (dal 18,4 % al 30,2 %)”, segnala Pesavento, richiamando l’attenzione sulle ripercussioni psicologiche: “coloro che sviluppano un uso sempre più compulsivo di smartphone e social media presentano un rischio doppiamente o triplicato di ideazione suicidaria”.
Di fronte a questi indicatori, il CNDDU invita a superare la logica puramente punitiva del divieto. Pesavento sottolinea che “la normativa vigente impone che le sanzioni, inclusa la sospensione, siano proporzionate, temporanee, orientate all’educazione e accompagnate da percorsi di reinclusione”, e che “tali misure devono essere ispirate al principio della riparazione del danno e adottate soltanto nei casi più gravi o reiterati, nel rispetto del diritto allo studio e dell’inclusione scolastica”.
Secondo il CNDDU, le scuole devono andare oltre il semplice divieto, accompagnando le misure disciplinari con “percorsi di educazione digitale e di benessere psicologico”, supportate da programmi ministeriali dedicati, formazione per docenti e sportelli di ascolto per studenti e famiglie. Solo una strategia integrata, che contempli “il piano giuridico, quello pedagogico e quello sanitario”, può trasformare il problema della dipendenza in un’opportunità educativa.
Pesavento conclude con un richiamo alla collaborazione tra istituzioni, famiglie e società civile: “Il divieto deve diventare parte di un progetto più ampio di cittadinanza digitale responsabile”. Il CNDDU auspica così “che le scelte adottate rispettino i principi fondamentali del nostro ordinamento e dello Statuto degli studenti, valorizzando il ruolo della scuola come comunità educante che affronta le sfide contemporanee con umanità, rigore giuridico e coraggio pedagogico”.












