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CRONACA | 31 luglio 2025, 10:40

Una vacanza che non dimentica il mondo

Il saluto del Vescovo Lovignana ai turisti che arrivano in Valle d’Aosta: un invito alla rigenerazione, ma anche alla responsabilità e alla preghiera per chi soffre

Una vacanza che non dimentica il mondo

Arrivano in tanti, in questo scorcio d’estate, alla ricerca di un po’ di respiro tra le montagne. Sono famiglie, coppie, pellegrini, giovani in cammino, amanti della natura e del silenzio. A tutti loro il Vescovo di Aosta, Franco Lovignana, ha voluto rivolgere un saluto affettuoso ma anche profondo, scegliendo come chiave non la retorica dell’accoglienza turistica, bensì quella di una fraternità cristiana che si apre al mondo e alle sue ferite.

«Cari fratelli e sorelle che giungete in Valle d’Aosta per qualche giorno di riposo e di vacanza, siate i benvenuti e sentitevi accolti dalla nostra Chiesa». Così si apre il messaggio, che non si limita al benvenuto formale, ma va subito al cuore di un interrogativo che tocca la coscienza: possiamo davvero riposare, mangiare, goderci la vita, mentre altrove si muore di fame o sotto le bombe?

«Posso mangiare quando tante persone, soprattutto bambini, muoiono di fame a Gaza e in altre parti del mondo?», si chiede il Vescovo. E aggiunge: «Si può andare in vacanza quando più di cinquanta conflitti insanguinano la terra e condannano popoli interi all’angoscia e alla paura?».
Sono domande che non pretendono di colpevolizzare chi parte per una settimana in montagna, ma piuttosto di accompagnarlo a vivere la vacanza non come fuga dal mondo, ma come tempo da abitare con spirito nuovo.

Lovignana, da pastore, non nega l’evidenza: «È ovvio che, potendolo fare, è necessario mangiare e anche fare vacanza per alimentare le forze e conservare l’equilibrio necessari alla vita, alle relazioni, al lavoro».
Ma invita a tenere viva, anche nel tempo del riposo, «la mente e il cuore», affinché restino aperti alla sofferenza dell’altro. È proprio nella pausa che si può – forse con più libertà – «coltivare una più grande vicinanza» a chi è nel dolore.

Come? In primo luogo, nella preghiera: «La vacanza è anche tempo propizio per l’ascolto e la meditazione della Parola di Dio che culmina nella celebrazione eucaristica. [...] Intensifichiamo la rete di supplica perché i cuori si convertano, i potenti si aprano al dialogo, le armi cadano dalle mani dei violenti».
Una fede che non si chiude nella devozione, ma si apre all’intercessione concreta, al desiderio di pace per tutti.

Il secondo livello è quello della solidarietà materiale. Lovignana ricorda l’invito di San Paolo ai Corinzi: Gesù, da ricco che era, si è fatto povero per voi. E lo traduce così per il presente: «Non possiamo dirci discepoli di Cristo e spendere quanto abbiamo solo per noi e per la nostra famiglia; destiniamo qualcosa a chi ha bisogno di tutto».
È una chiamata alla sobrietà, anche nelle piccole scelte quotidiane di chi è in villeggiatura. Una sobrietà che educa i più giovani, e che rende la fede meno astratta e più testimoniata.

Infine, c’è la costruzione paziente – ma urgente – di una cultura di pace. Non solo “grandi cause”, ma scelte quotidiane: «Scegliere di essere costruttori di concordia in ogni circostanza della vita familiare e sociale e rinunciare a ogni forma di violenza anche solo verbale». È un messaggio che può parlare a credenti e non credenti, in un’epoca in cui le parole tagliano quanto i gesti.

Il saluto del Vescovo si chiude con un augurio e un appello: che il tempo di vacanza sia davvero «buono» e rigenerante, e che sacerdoti, famiglie e comunità della diocesi sappiano essere «il volto bello e accogliente della nostra Chiesa».
Un volto che non giudica, ma accompagna. Che non fa propaganda, ma condivide un cammino.

Perché la vacanza, anche sulle Alpi, può diventare tempo fertile. Se non chiudiamo gli occhi sul mondo.

pi.mi.

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