Il gioco d’azzardo illegale non è solo un reato: è una piaga sociale che si insinua nel tessuto delle comunità, sfrutta le debolezze delle persone più fragili e alimenta circuiti economici paralleli, spesso vicini alla criminalità organizzata. Ma qualcosa si muove, e lo fa con decisione.
Tra il 20 e il 31 maggio, sotto il coordinamento del Comitato per la Prevenzione e la Repressione del Gioco Illegale (CoPReGI), si è svolta un’operazione su scala nazionale che ha visto impegnati l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM), la Polizia di Stato, i Carabinieri e la Guardia di Finanza. Un blitz massiccio, tecnicamente articolato, ma chiaro negli obiettivi: colpire chi lucra sulla pelle dei cittadini, e in particolare dei minori.
In totale sono stati passati al setaccio 618 punti di gioco tra sale scommesse, bar, circoli privati e altri esercizi. Il bilancio è pesante: 22 centri scommesse abusivi individuati, 149 apparecchi illeciti sequestrati tra AWP e altri dispositivi, 35 totem, 20 computer utilizzati per accedere a piattaforme online illegali, 231 violazioni amministrative, 46 soggetti denunciati, e sanzioni per un totale di quasi 6 milioni di euro.
Dietro questi numeri si nasconde un mondo sommerso: quello del gioco “in nero”, non controllato, dove non esiste alcuna tutela per il giocatore, e i minori spesso diventano facile preda di un’offerta senza scrupoli. Il Presidente del CoPReGI, il consigliere Roberto Alesse, ha ribadito la missione del comitato: “Difendere i più deboli, garantire legalità e trasparenza, proteggere la dignità del gioco regolamentato”.
Un’azione che non si esaurisce con i controlli, ma punta anche alla prevenzione, all’uso delle tecnologie di tracciamento e all’informazione dei cittadini, affinché sappiano distinguere tra gioco lecito e trappola illegale. Il tutto in una fase storica in cui il digitale ha moltiplicato le possibilità – e i rischi.
Non è solo una questione di soldi o di licenze: è una battaglia culturale, civile. Il gioco legale, se ben regolato, può essere un’attività ricreativa. Quello illegale, invece, è un virus che si propaga sotto traccia, aggrappandosi alla vulnerabilità economica, alla solitudine, alla dipendenza.
Il CoPReGI lo ha capito e ha deciso di non abbassare la guardia. E l’operazione di maggio è solo l’inizio.












