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ATTUALITÀ POLITICA | 21 maggio 2025, 12:00

Potevo restare monarchico

Il voto è un dovere. Il come votare è un diritto. Ecco la perfetta sintesi del diritto-dovere di un cittadino

Potevo restare monarchico

Tranquilli, non sono impazzito. Stavo semplicemente trastullando il mio cervello in una domenica di un inizio estate che tarda ad arrivare. Sotto la veranda, mi rileggevo alcuni vecchi – anzi, vecchissimi – articoli. Il Corriere della Sera, il 2 giugno 1946, titolava in prima pagina:
“È nata la Repubblica Italiana”.
A darne il lieto annuncio, il popolo italiano.

Tantissimi altri giornali dedicavano giustamente la prima pagina a questa vittoria della democrazia, anche se già allora qualcuno bisbigliava e nicchiava, affermando che vi fossero stati brogli e manomissioni dello scrutinio delle schede.

La cosa interessante – o se volete curiosa – nell'andare a vedere le statistiche, è notare come l'esito di quel referendum faccia oggi saltare all’occhio un dettaglio: la vittoria della Repubblica sulla Monarchia non fu poi così schiacciante come ci si potrebbe immaginare.

A parte la vittoria della Monarchia al Sud e nelle isole, non sempre al Nord si registrò una sconfitta monarchica netta.

La Valle d'Aosta, con l’83,94% di votanti, fu la regione con la percentuale più bassa di affluenza. La Repubblica vinse con il 63,49%, ma non crediate che i dati siano certi: in altri siti i risultati cambiano. Allora, affidandomi a fotografie di dati ufficiali, scopro come votarono i nostri nonni quel fatidico giorno.

Probabilmente alcuni resteranno stupiti nello scoprire che in paesi come Allein, Arvier, Chamois, Valgrisenche e diversi altri, vinse la Monarchia.
Ma questo – si dice – è il bello della democrazia.

E rileggendo questi dati mi sorge spontanea una domanda: ma davvero noi sappiamo apprezzare il valore della democrazia?

O – come si dice – l’italiano non ama assumersi responsabilità?
Preferisce un capo che decida per lui?
Insomma, siamo il gregge che ha bisogno di un pastore?

Mi sa che, passata l’euforia per essere usciti da una guerra, sono bastati pochi anni per capire che gli italiani preferiscono parlare di calcio che di sanità. Meglio guardare il Grande Fratello che un documentario sulla storia contemporanea.

Me lo vedo il tipo che sbuffa, borbottando:

“Non mi sfracellate gli zebedei con l’inquinamento! Voglio godermi il Festival di Sanremo… E poi, cavolo, c’è pure l’Eurovision! E tu vuoi costringermi ad ascoltare il medico che dà consigli su quali prodotti alimentari sono cancerogeni?”

Eh sì, noi amiamo delegare e contestare il delegato.

Siamo quelli che non vanno alle riunioni di condominio, ma si incazzano se l’amministratore aumenta le spese. E così via, su tutto: ci sentiamo allenatori di calcio, arbitri, virologi, medici, ingegneri… pronti a lamentarci, ma poco propensi a partecipare.

D’altronde, per uno che fino a ieri non sapeva cosa fosse una racchetta da tennis, e il cui sforzo atletico più gravoso è alzare la lattina di birra dalla poltrona, è normale affermare che il rovescio di Sinner non è poi ‘sto gran che. “C’è chi lo fa meglio” – dice.
Probabilmente è lo stesso che, durante l’America’s Cup, affermava con sicurezza che Luna Rossa la strambata, nella terza prova, la doveva fare 10 secondi prima.

Comunque, tornando a noi: se la democrazia vuol dire astensionismo, allora sì, ci siamo.

Infatti, astenersi è un diritto.

“C’è da decidere su qualcosa? Bene, io mi astengo. Non potete obbligarmi a prendere decisioni. Non voglio essere responsabile.”

“Andate al mare.”
Questa era la frase pronunciata nel lontano 1991 da Bettino Craxi.
E direi che questo tipo di esortazione o suggerimento oggi viene ampiamente usato.

Se la disaffezione alla politica viene esortata dai politici, direi che siamo in pieno corto circuito. E ancora oggi trovo giornalisti e politici che affermano che disertare le urne è un diritto politico. Scusate se dissento.

Per me, il voto è un dovere.
Il come votare è un diritto.
Ecco la perfetta sintesi del diritto-dovere di un cittadino.

Qualcuno disse, in uno slancio di ottimismo, che “è meglio la peggiore democrazia che la migliore dittatura”.
Lascio a voi giudicare se questa affermazione sia giusta.

Io, in questo momento di caos democratico, mi chiedo se questa è la democrazia che i nostri nonni agognavano.

Io, dal canto mio, in una domenica di mezza estate, parafrasando William Shakespeare – che si arrovellava tra “essere o non essere” – mi interrogo sul senso della democrazia.

E quasi quasi, mi vien da dire:
“Ridatemi la Monarchia.”

Vittore Lume-Rezoli

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