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CRONACA | 20 maggio 2025, 16:27

Il grido delle mura: carceri in fiamme tra Brissogne e il Piemonte, la Polizia Penitenziaria chiede ascolto

Dalle rivolte nel carcere di Brissogne ai disordini esplosi negli istituti piemontesi, il sistema penitenziario torna sotto i riflettori. Il SAPPE lancia l’allarme e si mobilita con un convegno ad Avigliana il 21 maggio: al centro, sicurezza, dignità del lavoro e rispetto per chi ogni giorno veglia sull’ordine dentro e fuori le mura

Donato Capece segretario generale Sappe

Donato Capece segretario generale Sappe

Non è più solo un grido di allarme: è un urlo che lacera i muri sordi delle celle, che risuona nelle stanze delle istituzioni e pretende risposta. Le rivolte scoppiate nei giorni scorsi nel carcere di Brissogne – con tensioni sempre più difficili da contenere – si innestano in un quadro già tesissimo nei penitenziari piemontesi, dove la violenza contro agenti e personale penitenziario ha raggiunto livelli inaccettabili.

Un clima esplosivo che racconta una realtà ignorata troppo a lungo: quella di un sistema penitenziario allo stremo, in cui la sicurezza degli agenti è messa quotidianamente a repentaglio e la dignità del lavoro è calpestata da una gestione emergenziale, ormai divenuta regola.

In questo contesto drammatico si inserisce il VI Congresso Regionale del SAPPE – Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, che si svolgerà ad Avigliana (TO) il 21 maggio 2025, presso l’Hotel Hermitage. Il convegno, previsto alle ore 10.00, sarà un momento cruciale di riflessione e denuncia, ma anche di proposta concreta, alla luce del nuovo Decreto Sicurezza.

“Le forze dell’ordine, e la Polizia Penitenziaria tra esse, sono un fondamentale elemento di equilibrio nella nostra società, indispensabili per tutelare la sicurezza dei cittadini,” afferma Vicente Santilli, segretario SAPPE Piemonte. “Martedì sarà una giornata importante, al centro della quale si svilupperanno temi di stretta attualità: decreti sicurezza, bodycam e inasprimento delle pene per chi commette violenza contro le forze dell’ordine.”

Ma le parole più forti arrivano da Donato Capece, segretario generale del SAPPE:
“Il Corpo di Polizia Penitenziaria ha dimostrato e dimostra, ogni giorno, non soltanto di costituire un grande baluardo in difesa della società contro la criminalità, ma anche di avere tutte le capacità per impegnarsi ancora di più nella lotta contro il crimine, dentro e fuori dal carcere.”

La Valle d’Aosta, spesso dimenticata nei grandi dossier nazionali, torna così a far parlare di sé per l’esplosione di un disagio profondo, strutturale. La casa circondariale di Brissogne è divenuta in pochi giorni simbolo di una falla che non può più essere nascosta sotto il tappeto della burocrazia ministeriale. Un carcere piccolo, certo, ma con problemi grandi: personale ridotto, detenuti sempre più aggressivi, risorse scarse, stress psicologico fuori controllo.

I disordini – secondo fonti sindacali – sono stati l’ennesimo campanello d’allarme inascoltato. Come accaduto in altri istituti piemontesi, dove i casi di aggressione sono aumentati vertiginosamente. Gli agenti lavorano allo stremo, con turni massacranti e senza strumenti adeguati di prevenzione. Non sono numeri: sono nomi, volti, uomini e donne che ogni giorno scelgono la divisa, e con essa il rischio e l’abbandono.

Il convegno di Avigliana vedrà la partecipazione del Sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove, del Capo DAP f.f. Lina Di Domenico, di rappresentanti politici come Davide Nicco, Roberto Ravello e Salvatore Castello, e dei massimi dirigenti dell’amministrazione penitenziaria. A coordinare i lavori, oltre a Santilli e Capece, anche Mario Antonio Galati, provveditore penitenziario di Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria, e Rita Monica Russo, dirigente generale della formazione del DAP.

Un’occasione non più rimandabile per affrontare il nodo sicurezza non come emergenza, ma come pilastro su cui rifondare il senso stesso della pena e della giustizia.

La Polizia Penitenziaria non chiede medaglie, ma rispetto. Chiede di poter lavorare senza dover temere ogni giorno per la propria incolumità. Chiede che lo Stato non si ricordi dei suoi servitori solo quando le celle bruciano o le cronache gridano vendetta.

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