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CRONACA | 09 maggio 2025, 12:14

Renzi, il cardinale e la profezia della Gruber: l’altro conclave è in tv

Mentre in Vaticano si celebrava il mistero, nei salotti televisivi si consumava l’ennesimo miracolo della politica-spettacolo: Matteo Renzi “profetizza” in diretta l’elezione di Leone XIV. Un siparietto tra ironia, intuizioni e quel pizzico di sfrontatezza da talk show che anticipa il fumo bianco.

Renzi, il cardinale e la profezia della Gruber: l’altro conclave è in tv

L’attesa, le telecamere, le preghiere, la piazza gremita e gli occhi al cielo per una fumata. E poi, a 700 chilometri da San Pietro, su La7, in uno studio illuminato a LED, prendeva forma un altro tipo di conclave. Meno sacro, ma altrettanto misterioso: quello della profezia laica.

Mercoledì 7 maggio, ore 20:30, Otto e mezzo. Mentre i cardinali si chiudevano a chiave nella Cappella Sistina, Matteo Renzi – camicia sbottonata e sorriso da pokerista – lanciava una frase che oggi, a bocce ferme, sembra un piccolo segnale divino. O almeno un colpo di fortuna da talk show:
“Se c’è uno molto lontano da Trump tra gli americani, è proprio Prevost…”.

Quel Prevost, per capirci, è lo stesso che il giorno dopo, con un altro abito – bianco, stavolta – si è affacciato dalla loggia di San Pietro come Leone XIV, primo Papa nordamericano della storia. La fumata bianca era arrivata, ma l’intuizione – o chiamiamola botta di culo con stile – si era già consumata la sera prima, davanti alla Gruber, tra una battuta e l’altra di Marco Politi e un meme di Trump vestito da Pontefice.

Sì, perché il paradosso è che Donald Trump – involontario sabotatore di cardinali – aveva postato un’immagine AI di sé vestito da Papa, in pieno stile “io sono il Messia del marketing”. Un gesto che, secondo molti osservatori, aveva compromesso le possibilità di un americano al soglio di Pietro. “Troppo legato all’immaginario imperiale,” diceva Politi, il vaticanista. Ma Renzi, con la consueta arroganza travestita da disincanto, aveva lanciato il nome del cardinale agostiniano come si butta una fiches sul rosso alla roulette.

Certo, nessuno saprà mai se si trattava di vera lungimiranza, intelaiatura di briefing riservati con i soliti ben informati di Santa Marta, oppure semplicemente di quel talento tutto renziano di cavalcare la narrazione giusta al momento giusto. Di sicuro, oggi l’ex premier può permettersi di dire “io lo sapevo” con una certa spavalderia. E c’è da scommettere che qualcuno, in chat, l’abbia già promosso a vaticanista onorario.

Il Papa americano, Robert Francis Prevost, nel frattempo sorride dai maxi schermi di mezzo mondo. Missionario in Perù, prefetto dei Vescovi, un curriculum da gesuita mancato e una parlantina che non dispiace ai francesi. Niente a che vedere con Trump. Ma nemmeno con Renzi.

Eppure, per una volta, la politica ha avuto il suo piccolo miracolo mediatico: la profezia sussurrata sotto i riflettori, mentre l’incenso ancora aleggiava nella Sistina. Se il Regno dei Cieli è misterioso, quello dei talk show non lo è mai: lì si sa sempre tutto. Almeno finché non si accende il microfono.

Jean Felix

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