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CRONACA | 30 marzo 2023, 15:23

Marco Sorbara alla presentazione del libro "L’inganno. Antimafia. Usi e soprusi dei professionisti del bene" di Alessandro Barbano

Nei giorni scorsi a Roma il giornalista ha presentato un suo libro con il quale ha osato mettere in discussione il meccanismo opaco delle misure di prevenzione

Alessandro Barbano

Alessandro Barbano

Barbano ha osato mettere in discussione ciò che non doveva essere toccato, ovvero il meccanismo opaco delle misure di prevenzione, la sua gestione arbitraria che spesso diventa sopruso o vera e propria corruzione. E ne sa qualcosa Marco Sorbara, l’ex Consigliere regionale arrestato nell’ambito di un’inchiesta su presunte infiltrazioni mafiose in Valle d’Aosta, che si è gatto 909 giorni di carcere per poi essere condannato in Cassazione.

Il Libro di Barbano racconta della potente macchina di dolore umano non giustificato e non giustificabile, che adopera un diritto dei cattivi introdotto «dopo l'Unità d'Italia per combattere i briganti, usato a piene mani dal fascismo per perseguitare i dissidenti, ignorato dai repubblicani» e riportato in auge dai moderni paladini della giustizia.

Si legge nella prefazione del coraggioso libro: “È questa oggi l'Antimafia, un sistema dove l'eccezione diventa regola e l'emergenza permanente è l'altare sul quale sacrificare la libertà in nome della lotta al crimine. Così confische e sequestri colpiscono migliaia di cittadini e imprenditori mai processati, o piuttosto assolti.

Così sentenze anticipano leggi, pene crescono al diminuire dei reati e una falsa retorica professa l'idea che il rovesciamento dello Stato di diritto sia necessario alla vittoria sulla malavita. È un'illusione o, peggio ancora, un inganno, sostiene Alessandro Barbano, che in questo libro svela «gli abusi, gli sprechi, i lutti e l'inquinamento civile perpetrati da un apparato burocratico, giudiziario, politico e affaristico cresciuto a dismisura e fuori da ogni controllo di legalità e di merito».

Come un virus che infetta ogni cellula, la menzogna di una legislazione antimafia che tutti i paesi del mondo vorrebbero imitare e l'intimidazione nei confronti di chi si azzarda a criticarla dilagano incontrastate. Per indebolire questo potere senza freni, che ha tradito il compito assegnatogli dalla democrazia, bisogna revocare la delega che una politica miope ha fatto alla magistratura e che alcune procure hanno trasformato in una leva per mettere la società sotto tutela. Oggi più che mai è necessario tornare a un diritto penale basato su fatti e prove, estirpare il peccato originale del sospetto, definire univocamente il confine fra lecito e illecito. Solo così si può capire che cos'è la mafia. E combatterla davvero”.

Un libro che ha fatto dire all’ex capo di gabinetto di via Arenula, Raffaele Piccirillo: “Garanzie sacrificate senza produrre risultati: il libro coglie nel segno”; e all’ex  ministra Cartabia: «Un’opera polemica ma da prendere sul serio». Infatti, Barbano infatti denuncia errori e abusi di potere, tra confische e sequestri che colpiscono migliaia di cittadini e imprenditori mai processati, o piuttosto assolti.

Nel libro l'autore narra di sentenze che anticipano leggi e di pene che crescono al diminuire dei reati ma soprattutto di una falsa e pericolosa retorica che professa l'idea che il rovesciamento dello Stato di diritto sia necessario alla vittoria sulla malavita. Se è quanto mai necessario combattere la mafia, questa lotta non può essere portata avanti a danno della democrazia: ecco perché secondo Barbano è tempo di tornare a un diritto penale basato su fatti e prove, definendo univocamente il confine fra lecito e illecito.

Il libro di Barbano è la summa di quanto Sandro Sorbara, fratello di Marco e suo avvocato, ha avuto modo di scrivere dopo l’assoluzione in Cassazione: “Capire le ragioni e attivarsi in tutte le sedi con verifiche puntuali dettagliate affinché non debba più succedere. Ma ci rendiamo conto cosa vuol dire 909 giorni di custodia cautelare? 45 giorni di isolamento? 8 mesi di carcere? Stiamo parlando di un innocente incensurato.

Marco (sn) e Sandro Sorbara)

Una vera vergogna come uccidere annientare una persona.

Ricordo che nel nostro sistema giudiziario già solo in presenza di dubbi bisogna assolvere e non condannare. In questo caso oltre a non esserci dubbi erano palesi tutti gli elementi per la totale assoluzione.

Dinnanzi a tutto questo il nulla silenzio paura di divulgare di denunciare di parlare di indignarsi. Il sistema non cambierà se non abbiamo il coraggio di denunciare di divulgare a chiare lettere chi commette dei devastanti errori su vite umane totalmente innocenti.

E non è solo questione di responsabilità civile umana ma di operare con scrupolo attenzione e passione soprattutto quando è in gioco la vita umana che una volta annientata non potrà più essere ripristinata e l'errore e/o ingiustizia resterà scolpita nel corpo umano in eterno.

Comportamenti come questi danneggiano Giudici e professionisti che ogni giorno con diligenza  sacrificio e a volta mettendo a rischio anche la propria vita e dei propri familiari operano ogni istante per rispettare il loro giuramento solenne di adempiere e applicare puntualmente - senza pregiudizi e in assenza di costruzioni di teoremi distruttivi fantasiosi - i sacri principi della nostra Carta costituzionale e del nostro ordinamento giuridico”.

pi.mi.

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