Barbano ha osato mettere in discussione ciò che non doveva essere toccato, ovvero il meccanismo opaco delle misure di prevenzione, la sua gestione arbitraria che spesso diventa sopruso o vera e propria corruzione. E ne sa qualcosa Marco Sorbara, l’ex Consigliere regionale arrestato nell’ambito di un’inchiesta su presunte infiltrazioni mafiose in Valle d’Aosta, che si è gatto 909 giorni di carcere per poi essere condannato in Cassazione.
Il Libro di Barbano racconta della potente macchina di dolore umano non giustificato e non giustificabile, che adopera un diritto dei cattivi introdotto «dopo l'Unità d'Italia per combattere i briganti, usato a piene mani dal fascismo per perseguitare i dissidenti, ignorato dai repubblicani» e riportato in auge dai moderni paladini della giustizia.
Si legge nella prefazione del coraggioso libro: “È questa oggi l'Antimafia, un sistema dove l'eccezione diventa regola e l'emergenza permanente è l'altare sul quale sacrificare la libertà in nome della lotta al crimine. Così confische e sequestri colpiscono migliaia di cittadini e imprenditori mai processati, o piuttosto assolti.
Così sentenze anticipano leggi, pene crescono al diminuire dei reati e una falsa retorica professa l'idea che il rovesciamento dello Stato di diritto sia necessario alla vittoria sulla malavita. È un'illusione o, peggio ancora, un inganno, sostiene Alessandro Barbano, che in questo libro svela «gli abusi, gli sprechi, i lutti e l'inquinamento civile perpetrati da un apparato burocratico, giudiziario, politico e affaristico cresciuto a dismisura e fuori da ogni controllo di legalità e di merito».
Come un virus che infetta ogni cellula, la menzogna di una legislazione antimafia che tutti i paesi del mondo vorrebbero imitare e l'intimidazione nei confronti di chi si azzarda a criticarla dilagano incontrastate. Per indebolire questo potere senza freni, che ha tradito il compito assegnatogli dalla democrazia, bisogna revocare la delega che una politica miope ha fatto alla magistratura e che alcune procure hanno trasformato in una leva per mettere la società sotto tutela. Oggi più che mai è necessario tornare a un diritto penale basato su fatti e prove, estirpare il peccato originale del sospetto, definire univocamente il confine fra lecito e illecito. Solo così si può capire che cos'è la mafia. E combatterla davvero”.
Un libro che ha fatto dire all’ex capo di gabinetto di via Arenula, Raffaele Piccirillo: “Garanzie sacrificate senza produrre risultati: il libro coglie nel segno”; e all’ex ministra Cartabia: «Un’opera polemica ma da prendere sul serio». Infatti, Barbano infatti denuncia errori e abusi di potere, tra confische e sequestri che colpiscono migliaia di cittadini e imprenditori mai processati, o piuttosto assolti.
Nel libro l'autore narra di sentenze che anticipano leggi e di pene che crescono al diminuire dei reati ma soprattutto di una falsa e pericolosa retorica che professa l'idea che il rovesciamento dello Stato di diritto sia necessario alla vittoria sulla malavita. Se è quanto mai necessario combattere la mafia, questa lotta non può essere portata avanti a danno della democrazia: ecco perché secondo Barbano è tempo di tornare a un diritto penale basato su fatti e prove, definendo univocamente il confine fra lecito e illecito.
Il libro di Barbano è la summa di quanto Sandro Sorbara, fratello di Marco e suo avvocato, ha avuto modo di scrivere dopo l’assoluzione in Cassazione: “Capire le ragioni e attivarsi in tutte le sedi con verifiche puntuali dettagliate affinché non debba più succedere. Ma ci rendiamo conto cosa vuol dire 909 giorni di custodia cautelare? 45 giorni di isolamento? 8 mesi di carcere? Stiamo parlando di un innocente incensurato.
Marco (sn) e Sandro Sorbara)
Una vera vergogna come uccidere annientare una persona.
Ricordo che nel nostro sistema giudiziario già solo in presenza di dubbi bisogna assolvere e non condannare. In questo caso oltre a non esserci dubbi erano palesi tutti gli elementi per la totale assoluzione.
Dinnanzi a tutto questo il nulla silenzio paura di divulgare di denunciare di parlare di indignarsi. Il sistema non cambierà se non abbiamo il coraggio di denunciare di divulgare a chiare lettere chi commette dei devastanti errori su vite umane totalmente innocenti.
E non è solo questione di responsabilità civile umana ma di operare con scrupolo attenzione e passione soprattutto quando è in gioco la vita umana che una volta annientata non potrà più essere ripristinata e l'errore e/o ingiustizia resterà scolpita nel corpo umano in eterno.
Comportamenti come questi danneggiano Giudici e professionisti che ogni giorno con diligenza sacrificio e a volta mettendo a rischio anche la propria vita e dei propri familiari operano ogni istante per rispettare il loro giuramento solenne di adempiere e applicare puntualmente - senza pregiudizi e in assenza di costruzioni di teoremi distruttivi fantasiosi - i sacri principi della nostra Carta costituzionale e del nostro ordinamento giuridico”.