Ci trovavamo in piena pandemia, in un momento assolutamente non facile. La guerra in Ucraina, l'esplosione dei costi energetici, un’inflazione galoppante e, nonostante ciò, nell’estate più calda della storia dove i cambiamenti climatici non sono da sottovalutare, per mera convenienza di partito, c’è stato chi ha deciso freddamente di far saltare il governo presieduto da Mario Draghi.
Un Presidente non votato dal popolo, ma che aveva cercato, vista la sua autorevolezza in Europa e non solo, di traghettare questo paese "italico", così diverso e variegato al suo interno per storia e per cultura, fino alla scadenza naturale della legislatura.
Invece, per degli interessi di bottega legati principalmente ai sondaggi favorevoli e allo sfaldamento nel campo progressista, la legislatura si è bruscamente interrotta e le destre populiste\sovraniste in Italia hanno vinto le elezioni politiche il 25 di settembre.
In Valle d'Aosta invece, per una manciata di voti, il nostro campo autonomista-progressista è andata molto vicino a vincere sia alla Camera che al Senato, con un comportamento del corpo elettorale in totale controtendenza rispetto all’andamento nazionale.
La proposta fatta dalla coalizione che sosteneva Franco Manes e Patrik Vesan è piaciuta alla comunità, sono piaciuti i due candidati, per la loro freschezza ma soprattutto per lo spessore culturale. E’ andata bene alla Camera dei Deputati; peccato non essere riusciti, per veramente pochi voti, a confermare anche l'ottimo candidato al Senato! Ma queste considerazioni oramai fanno parte della storia… anche se la storia, e non solo quella recente, è sempre importante non dimenticarla.
Ma non solo, bisogna anche avere la capacità di "leggerla" in analogia con altri momenti storici molto particolari. Perché gli atteggiamenti, i messaggi che vengono veicolati, la superficialità con cui si banalizzano le parole, i gesti, i valori, certi diritti civili che sembravano acquisiti, sotto il cappello sovranista-autarchico della destra al governo, ci obbligano a tenere gli occhi aperti per salvaguardare le future generazioni. Non nascondo la mia perplessità sui primi provvedimenti che questo governo nazionale sta introducendo, in ossequio alle tante promesse (pericolose) fatte in campagna elettorale.
Sembra addirittura che nel documento economico finanziario siano previsti tagli alla sanità pubblica. Promesse su temi che potremmo definire soprattutto di pancia, da "onorare" per tenere calde le truppe, ma che non mettono al centro una crescita reale del paese e che, facendo probabilmente aumentare le disparità, potranno rivelarsi delle scelte pericolose. Certe proposte fatte durante la campagna elettorale non solo non sono attuabili, ma sono dannose alla collettività e per di più rischiano di pesare malamente sul groppone dei nostri figli e dei nostri nipoti. Fortunatamente, le regole del gioco, le norme attuali, impediscono di poter dare corso a tutte le diverse "sparate" fatte in campagna elettorale e questo è un bene, ma d’altro canto è giusto sottolineare che parte del consenso elettorale è stato ottenuto proprio sulla base di certe promesse irrealizzabili.
Per ritornare sul terreno regionale, bisognerà dialogare con questo governo a livello istituzionale e ci sono tutti gli strumenti per farlo: il nostro statuto di autonomia, il nostro impianto legislativo, la conferenza Stato-Regioni, la Commissione paritetica, sono una garanzia di cui farci forti per osare ed essere molto determinati nel dialogare alla pari in tutte le sedi.
Abbiamo la possibilità di incidere su tutte le programmazioni a livello Europeo, dobbiamo meglio utilizzare le reti che abbiamo già con le province autonome, con l'arco alpino e con le regioni francofone che hanno una storia e un territorio molto vicino, cercando di incidere nelle scelte, ma avendo ben chiara la nostra visione d'insieme che deve appoggiarsi su dei pilastri robusti per permetterci di affrontare senza paura le sfide imminenti. Pilastri quali la forza della nostra comunità plurale, la nostra identità, il nostro ambiente naturale (principale ricchezza) e la nostra cultura.
Dobbiamo però osare di più, fare più rete, guardare oltre ai nostri confini, non aver paura del confronto con le altre regioni simili, anche d’oltralpe e non perdere del tempo prezioso nelle piccole "miserie" di bottega. Insieme possiamo volare più in alto, dobbiamo mettere da parte i personalismi e provare ad accompagnare questa Valle d'Aosta, per farle riprendere un po’ di coraggio, un po’ di orgoglio e in tutto questo la questione culturale la fa da padrona…
Sono forse troppo idealiste queste riflessioni? Penso di no, proprio perché penso sia il momento di osare! Osare sul piano politico, sul piano amministrativo, assumendoci in toto le nostre responsabilità. Non dobbiamo aver paura di andare anche controcorrente, a sostegno delle battaglie che sono state fatte dai nostri padri per la nostra autonomia, a sostegno dei diritti civili, a garanzia della diversità, della libertà di parola, di espressione, di genere, di sesso e di cultura.
A sentire certe affermazioni, oggi, sembra di ritornare al medioevo (in maniera subdola) e mi fa paura tutto questo. Penso che le istituzioni debbano trovare la forza e la capacità di accompagnare la comunità in questo delicato momento, anche andando a stanare le idiozie becere che vanno per la maggiore per qualche like in più, o per qualche baruffa in più, a volte anche pretestuosa!
Esasperare le contrapposizioni, mettere l'uno contro l'altro, creare falsi problemi non prioritari, non dare il giusto peso a quelli veri, svalutare i veri pilastri su cui si poggia una moderna democrazia, sono tutte tattiche che una certa parte politica non esita a mettere in pratica e su cui non dobbiamo abbassare la guardia, affinché non si ritorni indietro sulle battaglie fatte anche in VdA sui diritti civili e sulla libertà fondamentali.
Ma, soprattutto, è il momento di osare e riportare al centro l'individuo, la nostra comunità e la Cultura. Nessuno va lasciato indietro, nessuno, e su questa ultima riflessione, forse la più importante, non abdichiamo!