Una madre di 39 anni di Aosta è finita ai domiciliari per violenze contro i figli. Una madre che si stenta a definire tale per le violenze che ha perpetrato contro i propri figli: una sedicenne, un quattordicenne e una bimbetta di otto anni che pare non abbia subito maltrattamenti.
Una storia di violenze e abusi interrotta, fortunatamente, dai carabinieri che hanno effettuato le indagini coordinati dal pm Manlio D’Ambrosi (nella foto), giunto alla procura di Aosta proprio per occuparsi delle violenze dentro le mura domestiche e sulle persone deboli e indifese. Il magistrato, infatti, è specializzato su questi tipi di reati. Merito all’Arma che ha scoperchiato una odissea di sofferenze per due adolescenti ed un bambino.
Dalle prime risultanze delle indagini, la donna, non si può certo definire madre, avrebbe provato bruciature sul corpo dei ragazzi utilizzando forchette e coltelli arroventati, percosse, continue offese sull'aspetto fisico dei due giovani che definiva obesi. Con una condotta difficile da immaginare per una madre istigava i minori all’autolesionismo tanto che avrebbe consegnato loro delle lamette. Una storia incredibile per violenza e crudeltà. C’è da chiedersi come i vicini fossero all’oscuro di quanto accadeva in quella abitazione. Forse la donna aveva soggiogato anche chi frequentava quella casa degli orrori per consentirle di dare sfogo alle violenze.
La vicenda – come hanno spiegato i carabinieri che hanno mantenuto la massima riservatezza sull’identità della donna e dei ragazzi - è emersa la notte tra il 12 e il 13 maggio scorsi, dopo che due figli erano fuggiti di casa per il terrore che la donna, come li avrebbe minacciati, avrebbe tagliato loro la gola con un coltello da cucina. Carabinieri ed il pm sono rimasti esterrefatti dal racconto di una violenza inimmaginabile che duravano da anni e tanti gravi tanto che il magistrato ha disposto l’arresto della donna; arresto ai domiciliari confermati dal gip.
Davanti ai carabinieri della Compagnia di Aosta e al pm, Manlio D’Ambrosi, si sarebbe stagliato il profilo di terribili violenze ora al vaglio degli inquirenti, con il racconto, da parte dei ragazzini, di anni di vessazioni subite tra le mura domestiche.
Il maltrattamento di un minore risveglia un’intensità emotiva di una portata che va oltre l’esprimibile. È scioccante, quasi inconcepibile che qualcuno faccia del male a un bambino.
Nei reati endofamiliari, così come per altre ipotesi delittuose ove esiste una relazione di affettività tra il soggetto agente e la vittima. Tra i fattori che ostacolano la denuncia dei maltrattamenti subiti, rientra certamente la paura di perdere il legame affettivo, anche se labile, con l’aggressore.
Per qualche tempo i figli della donna hanno, forse, vissuto e accettate inconsciamente le condotte vessatorie alla stregua di un metodo educativo. Se a questo aggiungiamo il retaggio culturale che tende a giustificare comportamenti lesivi come semplici conflitti familiari consumati all’interno di mura domestiche e aggiungiamo altresì la difficoltà di reperire i mezzi di prova a sostegno di denunce di violenze subite, è indubbia la difficoltà per la vittima, di ribellarsi a condotte che offendono la propria dignità fisica e psichica. Ma in questo caso i fatti sono chiari. Non a caso la ragazza più grande aveva tentato di scappare da casa per cercare protezione da alcuni parenti. Tutti e tre sarebbero stati allontanati e si troverebbero ora in una comunità, su disposizione del Tribunale dei minori.