Poteva andare meglio, indubbiamente meglio. Ma almeno per adesso, all’Italia tocca accontentarsi solo del 26° posto in classifica: penultima in Europa, subito prima del fanalino di coda Bulgaria. Stiamo parlando della graduatoria elaborata dall’European Language Index che illustra i paesi europei che si distinguono per l’ambiente migliore dove studiare o perfezionare una lingua straniera.
L’indagine dettagliata pubblicata online evidenzia con chiarezza la predisposizione degli stati del nord a creare le condizioni ideali per coltivare un nuovo idioma attraverso le strutture pubbliche o mediante l’offerta formativa privata. Acquisire una nuova lingua significa acquisire indubbiamente un vantaggio cognitivo anche in termini di pensiero strategico che permette meglio di inserirsi in nuovi contesti lavorativi e sociali. La pensa così anche Kirill Biga, il CEO di Preply, la piattaforma digitale di apprendimento linguistico.
In vetta alla classifica spunta il Lussemburgo, centro finanziario d’Europa in cui si parlano ben tre lingue ufficiali a testimonianza della sua debole identità sociale e culturale. In Lussemburgo la percentuale di bambini che impara una nuova lingua a partire dalla scuola primaria è pari a 100: in altre parole ognuno di loro, a partire dalla piccola età, parla e parlerà in futuro non solo il lussemburghese. Al secondo e al terzo posto della graduatoria si posizionano rispettivamente Svezia e Danimarca. Tra i paesi più piccoli e mediterranei spuntano Cipro e Malta, al quinto e al settimo posto. Malta, così come il Lussemburgo, rappresenta un altro hub lavorativo con benefici fiscali dalla forte mobilità sociale e proprio in questo è insita la sua propensione al multilinguismo.
La graduatoria è stata elaborata prendendo in considerazione 18 fattori successivamente raggruppati in sette categorie in base al punteggio - da zero a 100 - tra cui: il plurilinguismo, le lingue ufficiali parlate, la formazione durante la scuola primaria, la diversità linguistica, il doppiaggio o il sottotitolaggio di film e serie TV, l’accesso agli strumenti digitali per l’apprendimento di nuove lingue e il livello di conoscenza della lingua straniera più parlata. La classifica dei 27 paesi europei, che ovviamente non comprende il Regno Unito, mostra una certa sproporzione tra il nord più evoluto e il sud-est più in affanno in tema di apprendimento linguistico.
L’Italia, caratterizzata da un tessuto sociale dinamico e variopinto con una forte presenza di minoranze linguistiche su tutto il territorio, svetta solo per la formazione degli studenti durante la scuola primaria con un punteggio pari al 95,3%, a testimonianza del fatto che la formazione pubblica resta in ogni caso il primo aspetto che favorisce e stimola l’apprendimento. Dal punto di vista della diversità linguistica l’Italia totalizza il 30,7%: numerosi, insomma, i gruppi sociali che parlano un altro idioma senza però scalzare la solidità che l’italiano conserva su tutto il territorio come forte fonte identitaria. Singolare, infine, il caso del sito web ufficiale del Governo Italiano, consultabile esclusivamente in italiano. Un esempio poco esemplare che da un certo punto di vista dovrebbe far riflettere.