"Tutti mi conoscono come 'Tonino della Rotonda', io questo sono; conosco tutti e tutti conoscono me, ero un ristoratore e voglio tornare ad esserlo". Voce sicura e a tratti enfatica Antonio Raso, titolare del ristorante-pizzeria 'La Rotonda' di Aosta ha preso la parola per la prima volta e ha parlato per circa tre ore oggi, giovedì 23 luglio, nel processo Geenna dov'è alla sbarra con altri quattro imputati. Arrestato il 23 gennaio 2019 con altre 16 persone e in carcere da allora, Raso è accusato di associazione per delinquere di stampo 'ndranghetista - e quindi di essere membro del locale di Aosta - insieme a Nicola Prettico, consigliere comunale ad Aosta sospeso e Alessandro Giachino, dipendente del Casinò di Saint-Vincent.
Accusati dai pm della Dda Stefano Castellani e Valerio Longi (oggi in aula ad Aosta) e imputati in Geenna per concorso esterno in associazione mafiosa sono invece Marco Sorbara, consigliere regionale sospeso; Monica Carcea, ex assessore al Comune di Saint-Pierre (sciolto nell'ottobre scorso per infiltrazione 'ndranghetista a seguito della relazione della Commissione antimafia),
E' invece terminata con 12 condanne ad altrettanti imputati l'udienza preliminare a Torino l'11 luglio scorso.
Questa matttina, quasi con senso di liberazione e smania narrativa, come se si trovasse seduto a uno dei tavoli della sua pizzeria Tonino Raso in aula ha ripercorso la sua storia personale e lavorativa, dall'arrivo in Valle d'Aosta da quel di San Giorgio Morgeto sino alle vicende che lo hanno condotto in carcere.
"Quando nel 1997 mi fu proposto da mio cugino e da mio cognato di lavorare a 'La Rotonda' a tempo pieno accettai di buon grado. Dopo la tragedia stradale che li coinvolse io oltre al terribile dolore per la perdita di due persone che consideravo come fratelli, mi ritrovai con la paura di perdere il lavoro. La nostra famiglia non cedette e compimmo i passi che mi portarono, nel 2002, a rilevare il ristorante-pizzeria che nel frattempo aveva maturato debiti che riuscii a onorare appieno solo nel 2006".
Un racconto interrotto dal pm Longi che ha chiesto a Raso come nacquero e si svilupparono negli anni i suoi rapporti con Marco Fabrizio Di Donato (imputato nel processo torinese). "Erano anni in cui la mia famiglia non era messa tanto bene - ha risposto Raso - e Marco ci diede una mano anche a trovare casa. Poi fu arrestato a metà degli anni 2000, per droga mi pare e non lo rividi per tutto il periodo della sua detenzione. Poi quando tornò libero venne a trovarci e riprendemmo le nostre frequentazioni. La sua vicenda giudiziaria non pregiudicò i nostri rapporti; veniva a casa nostra, sua moglie dava ripetizione di matematica ai nostri due figli senza farci pagare così come quando diede il bianco a casa nostra; il nostro era un rapporto di amicizia vero".
Raso ha poi parlato dei suoi rapporti con Roberto Alex Di Donato, fratello di Marco anch'egli arrestato per spaccio di droga: "Lo frequentavo molto meno di Marco, ma non per questo lo consideravo in modo peggiore - ha detto l'imputato - del suo arresto e di quello di Marco scrissero tutti i giornali, era una notizia di dominio pubblico".
Il pm Longi ha chiesto a Raso se non ritenesse di essere stato danneggiato a livello di stima pubblica per la sua frequentazione con i fratelli Di Donato: "Lei aveva un locale molto noto ad Aosta e in Valle, non pensa che certi rapporti stretti con pregiudicati avrebbero potuto nuocere alla sua attività?". Raso ha escluso di aver mai ritenuto 'pericolosa' la frequentazione dei Di Donato: "Per me erano due ragazzi che in passato magari avevano sbagliato ma che si erano del tutto ripresi in mano la loro vita".
Longi ha poi chiesto all'imputato come avesse conosciuto i fratelli Giuseppe e Bruno Nirta. "Mi furono presentati in pizzeria se ben ricordo - ha detto Raso - confermando poi di essere stato lui a far incontrare Gerardo Cuomo - titolare del Caseificio Valdostano arrestato il 31 gennaio 2017 insieme all'allora capo della Procura aostana Pasquale Longarini - con Giuseppe Nirta, commerciante ma soprattutto pregiudicato 'ndranghetista assassinato nel 2017 in Spagna: "Cuomo voleva comprare dell'olio di buona qualità e Nirta si era proposto - ha sempre affermato Raso - io li feci incontrare ma per quanto ne so dell'operazione commerciale non se ne fece nulla. Discorsi di 'ndrangheta non ne sono nemmeno stati sfiorati, almeno certamente non in mia presenza".
Quanto a Nicola Prettico, Raso ha spiegato: "Me lo presentò Marco Di Donato; Prettico era un massone e a me interessava entrare nella massoneria, poteva essere una cosa interessante e utile. Con Prettico un sabato mi recai a Mentone, in Francia, dove fui presentato ai membri di una loggia massonica per l'iniziazione. Mi fecero scrivere una sorta di piccolo memoriale che poi fu bruciato, insomma una specie di rito di iniziazione. Con noi c'erano il valdostano Andrea Favre e Rocco Marrapodi, ex sindaco di San Giorgio Morgeto. Così entrai nella massoneria e vi rimasi per un po, fin quando capii che non c'era gente sana ma solo dei furbi che spillavano soldi, pagai dai 300 a i 400 euro l'adesione per poi non concludere mai nulla".
I rapporti tra Raso e Nicola Prettico cambiarono quando quest'ultimo nel 2015 gli chiese di entrare nella società FraNiDo (nome nato da quelli dei soci Francesco, Nicola e Domenico) per gestire una discoteca a Quart. Raso divenne in pratica 'socio occulto' della FraNiDo ma la vicenda non si concluse bene ed ebbe strascichi per i quali Raso accusa Prettico di averlo inguaiato finanziariamente per una fidejussione da 14mila euro mai onorata: "L'ho aiutato quando aveva avuto bisogno di soldi per aprire il suo nuovo locale, lui per ringraziarmi mi ha fatto rischiare di perdere la casa all'asta perchè né Prettico né i suoi soci versarono soldi alla banca e mi fu accollato un debito di quasi centomila euro".
Raso ha ricostruito in aula la vicenda per la quale, ha detto, "interessai anche Marco Di Donato e altre persone che avrebbero potuto aiutarmi a dirimere la questione. Alla fine riuscii a ricomporre la questione dopo aver avvertito gli emissari di Prettico, con il quale non parlavo più, che se non avessero liberato la mia firma dalla fidejussione avrei fatto in modo di far eliminare i parcheggi davanti al suo locale".
La vicenda è giudicata di 'grande interesse' dalla Dda per dimostrare i rapporti conflittuali tra i presunti membri del 'locale' e il loro modo di "risolvere le questioni chiamando amici e minacciando ritorsioni, piuttosto che rivolgersi unicamente alla Giustizia".
Quanto ai rapporti tra Raso e Marco Sorbara, "risalgono a lunga data" ha detto l'imputato, mentre ben più recenti sono quelli con Monica Carcea, per ammissione stessa di Raso, che ha detto di averla conosciuta tramite il marito, Giuseppe 'Pino' Lazzaro.
Raso ha poi ricostruito la vicenda della lite finita a botte tra suo nipote, Michele Elia con il figlio di Salvatore Filice (altro imputato a Torino), con quest'ultimo che aveva avuto la peggio. "La vicenda dimostra dinamiche interne alle due fazioni tipiche della 'ndrangheta - ha ribadito Longi - in cui un mero litigio tra ragazzi provoca reciproche pretese di rispettabilità tali da muovere la stessa locale di San Luca al fine di comporre gli attriti. In particolare, emerge la valenza dei Nirta di San Luca quali referenti per salvaguardare l'onore famigliare".
Raso ha confermato che Salvatore Filice (gestore di un night club a Chatillon) intimandogli "voi non sapete chi sono e cosa posso fare" aveva chiesto 10.000 euro ai parenti di Raso a titolo di 'risarcimento' per le botte prese dal figlio, arrivando anche a minacciare gli zii del ragazzo con una pistola. Gli stessi zii si erano quindi rivolti ad Antonio Raso per risolvere la questione. Dopo vari incontri non andati a buon fine, con il coinvolgimento anche di Marco Di Donato, la questione era stata risolta al termine di una riunione molto tesa in un pub di Sarre. "Io mi confrontai con Filice e lui capì di aver davvero esagerato"...
Il 19 aprile del 2015 l'allora candidato sindaco di Aosta Fulvio Centoz si era recato con Salvatore Addario, attuale presidente di Cna Valle d'Aosta, nel ristorante La Rotonda, per incontrare Antonio Raso (cugino di Addario) e "chiedergli di votare tre persone". Lo ha confermato il ristoratore Antonio Raso
Rispondendo alle domande del suo avvocato, Ascanio Donadio, Raso ha anche detto che il 19 aprile del 2015 l'allora candidato sindaco di Aosta Fulvio Centoz si era recato a La Rotonda, per incontrarlo e chiedergli di votare tre persone, tra cui Antonella Barillà. "Io o risposi che non voto le quote rosa", ha dichiarato Raso in aula. L'episodio è successivo alla promessa di voti in cambio di posti lavoro, risalente al periodo gennaio-febbraio 2015, che Raso è accusato dalla Dda di Torino di aver fatto a Centoz; "proposta" questa che secondo gli inquirenti l'allora candidato sindaco "non accoglieva".
Raso ha poi dichiarato in aula che "nel mio ristorante si parlava sempre e con tutti di politica...i politici promettevano sempre tutto a tutti, perchè io non avrei dovuto ogni tanto promettere qualcosa a qualcuno? Ma la 'ndrangheta no, quella è una cosa schifosa, la più schifosa di tutte, è un'accusa che non posso accettare".