Ce n'è da leggere nelle oltre 50 pagine delle motivazioni della sentenza di condanna di Ego Perron, ex assessore regionale alle Finanze, Marco Linty e Martino Cossard, rispettivamente presidente e consigliere della Bccv, depositate lo scorso 7 febbraio dal gup Davide Paladino e ora disponibili in quanto atto pubblico.
In un passaggio che riporta alcune intercettazioni (derivate da altra inchiesta) emerge che "le telefonate intercettate restituiscono la prova di una forte subalternità" del presidente della Bcc valdostana Marco Linty e del suo predecessore Martino Cossard rispetto all'ex assessore regionale alle finanze Ego Perron, una "posizione di soggezione che porta gli stessi a subire passivamente le sfuriate, e talvolta anche gli insulti, dell'esuberante politico, che li considera colpevoli di non avere adeguatamente sostenuto in cda i propri interessi economici personali e ciò anche contro l'evidenza dell'impossibilità, per l'esistenza di vincolo urbanistico, del trasferimento della Banca nei locali di sua proprietà".
La vicenda "porta, invece, fondatamente a ritenere che Perron abbia appoggiato (nelle elezioni del Cda dell'istituto ndr) i due imputati in primo luogo per fini personali, oltre che per interesse politico. Il rapporto con il duo Linty-Cossard - scrive ancora il giudice - è, come dimostrano le intercettazioni, per nulla formale ed istituzionale. I tre appaiono, infatti, avvinti da forti legami politici-clientelari e da una certa consuetudine di rapporti". In questo contesto viene citato l'episodio di una "plateale sgridata" di Perron nei confronti di Linty durante lo svolgimento della festa dei carabinieri, il 5 giugno del 2015, ad Aosta. Notata - e riferita agli inquirenti - anche dagli stessi vertici locali dell'Arma. "La vicenda della sgridata coram populi da parte del Perron al Linty in occasione della Festa dei carabinieri - rileva il gup Paladino - sintetizza in modo plastico, quasi grottesco, il rapporto di subalternità del presidente della banca nei confronti dell'esponente politico".
"Di fronte a tali assalti, anche ingiuriosi, Linty e Cossard - si legge ancora nelle motivazioni della sentenza - non hanno mai reagito per tutelare, come avrebbero dovuto, gli interessi della banca di cui erano portatori, oltre che l'indipendenza dell'Istituto dal potere politico ed il prestigio del ruolo dagli stessi rivestito nella banca, ma hanno cercato in tutti i modi, fino all'ultimo, di rabbonire e calmare il politico e di trovare soluzioni compromissorie a quest'ultimo gradite". Secondo il Gup "il motivo di tale subalternità non può che rinvenirsi nel fatto che essi sono stati tributari del decisivo appoggio del Perron nella combattuta campagna elettorale, svolta proprio in concomitanza con la vicenda che ci occupa, per il rinnovo del Cda".
Perron promise lavoro al Casino al direttore generale della Bccv Barnabé
Ego Perron "mi disse che poteva esserci un'opportunità come capo del personale del Casinò. Io lo ritenni fin offensivo. Perché tale incarico non era in linea con la mia esperienza ed in termini di gerarchia era un passo indietro". Così Maurizio Barnabé, sentito - in qualità di direttore generale della Bccv - come testimone dal pm nell'ambito delle indagini sull'affitto dei locali di Fenis dell'ex assessore Perron. Da gennaio 2018 Barnabé è passato al Credito di Romagna, dove ricopre l'incarico di general manager.
L'episodio risale al marzo 2015, "ancora nel corso della campagna elettorale per il rinnovo del Cda della banca, dopo la stipula del contratto" di affitto tra Perron e l'istituto, "allorché vennero alla luce le prime difficoltà legate alla sua esecuzione, per l'opposizione del gruppo di soci di Fenis", scrive il gup Davide Paladino nella sentenza. Si tratta di "proposte di eventuali avanzamenti in carriera che" lasciarono Barnabé "perplesso", spiega il giudice.
"Devo dire che all'inizio di marzo, in un week end, io ricevetti un messaggio, forse su Whatshapp, di Perron che mi chiedeva di mandargli il mio curriculum vitae. Io gli rispondevo 'Cosa te ne fai?' e lui mi diceva 'Mi porto avanti…'. Io rimasi perplesso, perché pensavo che potesse essere interpretato nel senso di 'promoveatur ut amoveatur'". Ma "io non mandai mai il mio c.v. a Perron". Poi "in un incontro di persona successivo" - secondo quanto riferito da Barnabé - gli è stata fatta presente da Perron l'eventuale opportunità alla Casa da gioco valdostana".
"Io pur non essendo direttamente coinvolto nelle elezioni prossime della Bcc avrei comunque risentito del loro esito", ha detto Barnabé al pm. Infatti fosse diventato Cossard, piuttosto che Dino Viérin, avrei potuto 'trovare più lungo' o essere addirittura rimosso. Viérin si era astenuto sulla mia elezione. Allora in questo contesto per comprendere meglio la situazione, avendo anche contattato il 'cacciatore di teste' che mi aveva portato alla direzione della banca, sondai con Perron se ci fossero profili più vicini al mio percorso, e più rispettosi alla mia posizione di partenza. Perché se uno cambia, lo fa per migliorare. In questo senso la mia battuta su Finaosta".













