/ Chez Nous

In Breve

domenica 21 dicembre
sabato 20 dicembre
venerdì 19 dicembre
giovedì 18 dicembre
mercoledì 17 dicembre
martedì 16 dicembre
lunedì 15 dicembre
domenica 14 dicembre
sabato 13 dicembre
venerdì 12 dicembre

Chez Nous | 22 dicembre 2025, 08:00

Meloni et les mensonges

Meloni e le bugie

Meloni et les mensonges

Dal debito pubblico allo spread, dal PNRR ai salari, passando per immigrazione e sanità: molte delle affermazioni pronunciate da Giorgia Meloni ad Atreju reggono solo a metà al confronto con i dati ufficiali. L’analisi puntuale dei numeri racconta una realtà molto meno trionfalistica di quella dipinta dal palco.

Debito pubblico e “fiducia” degli italiani

Nel suo intervento conclusivo ad Atreju, Giorgia Meloni ha sostenuto che gli italiani investono nei titoli di Stato “come mai in passato” perché finalmente si fidano. I dati della Banca d’Italia, però, raffreddano l’entusiasmo. È vero che la quota di debito detenuta dalle famiglie è cresciuta negli ultimi anni, ma l’aumento era iniziato già nel 2022, prima dell’insediamento dell’attuale governo. Inoltre, a fine 2008 quella quota era ben più alta di oggi.

Soprattutto, durante il governo Meloni è aumentata in modo significativo la fetta di debito in mano agli investitori stranieri. Altro che “ritorno del debito agli italiani”: la dinamica è più complessa e meno patriottica di quanto venga raccontato.

Rating e presunta “Serie A”

Le agenzie di rating hanno effettivamente migliorato il giudizio sull’Italia. Ma parlare di ritorno in “Serie A”, come ha fatto la presidente del Consiglio, è un’esagerazione politica. I rating assegnati restano lontani dai livelli più alti e collocano il nostro Paese ancora diversi gradini sotto le economie considerate davvero solide. Una buona notizia, sì, ma non una promozione a pieni voti.

Spread: meno paura, ma non per merito esclusivo del governo

Meloni rivendica il forte calo dello spread come prova della fiducia dei mercati. I numeri confermano la discesa, ma non la narrazione. Gran parte della riduzione è legata all’aumento dei rendimenti dei titoli tedeschi, più che a un miglioramento straordinario della posizione italiana. Il risultato è reale, le cause molto meno “governative” di quanto venga suggerito.

Instabilità politica e i 265 miliardi “persi”

Il costo dell’instabilità politica evocato da Meloni si basa su una stima del Sole 24 Ore che ipotizza cosa sarebbe successo se l’Italia avesse avuto la stessa credibilità della Francia. Una ricostruzione teorica, utile al dibattito, ma che semplifica troppo una questione complessa, attribuendo quasi tutto alla classe politica e poco a fattori strutturali come il peso del debito o la crescita economica.

IRPEF: il taglio che favorisce soprattutto i redditi medio-alti

Il governo rivendica il taglio dell’IRPEF come misura a favore delle famiglie. In realtà, secondo ISTAT e Ufficio parlamentare di bilancio, oltre l’85 per cento delle risorse va ai contribuenti più ricchi. Il beneficio cresce con il reddito, mentre per i redditi più bassi resta modesto. Altro che equità fiscale.

PNRR: capofila solo nel racconto

L’Italia incassa le rate del PNRR, ma non è il Paese più avanzato nel raggiungimento degli obiettivi. Francia, Austria e altri Stati fanno meglio. E soprattutto manca il dato decisivo: la spesa effettiva. Su questo fronte, Corte dei conti e UPB continuano a segnalare ritardi significativi. Capofila, dunque, solo nei discorsi.

Occupazione record, ma con molte ombre

I numeri sugli occupati sono reali, ma il contesto conta. La crescita era iniziata prima del governo Meloni, riguarda soprattutto le fasce d’età più alte ed è un fenomeno comune a molti Paesi europei. L’Italia, nonostante i record sbandierati, resta fanalino di coda in Europa per tasso di occupazione.

Salari: la ripresa c’è, ma è debole

Meloni parla di salari in risalita e chiama in causa la Commissione europea. I dati mostrano una ripresa dopo il crollo causato dall’inflazione, ma i salari reali restano inferiori ai livelli di pochi anni fa e crescono meno della media UE. Anche qui, il racconto supera la realtà.

Sud “locomotiva”, ma trainata da politiche precedenti

Il Mezzogiorno cresce più della media nazionale in alcuni anni, ma secondo Svimez il merito va soprattutto a PNRR e bonus edilizi, misure avviate prima dell’attuale governo. Parlare di “locomotiva d’Italia” è suggestivo, ma fuorviante.

Sanità: più fondi, stesso affanno

I finanziamenti alla sanità aumentano, come accade quasi sempre. Ma in rapporto al PIL e all’inflazione, il potere reale delle risorse cresce poco o resta stabile. Tradotto: più soldi sulla carta, ma problemi strutturali ancora tutti lì.

Nel complesso, il discorso di Atreju appare come un esercizio di comunicazione politica ben oliato, dove dati veri vengono piegati a una narrazione trionfalistica. I dati di fatto  racconta un’altra storia: meno slogan, più sfumature, e soprattutto una distanza evidente tra il palco e la realtà quotidiana del Paese. Il discorso di Atreju somiglia più a un comizio permanente che a un rendiconto di governo. I dati vengono evocati, raramente spiegati, spesso stiracchiati fino a farli entrare nello slogan del momento. È la cifra politica di Fratelli d’Italia: trasformare ogni numero in una bandiera e ogni complessità in propaganda, contando sul fatto che pochi vadano davvero a verificare. Ma la realtà, testarda, continua a bussare alla porta: salari deboli, sanità sotto pressione, PNRR in affanno e un Paese che cresce meno di quanto raccontato. Quando il racconto si scontra con i fatti, non è l’opposizione a mentire: è il governo che confonde il palco con il Paese reale. (fonte Carlo Canepa- Pagellapolitica))

Meloni e le bugie

De la dette publique au spread, du PNRR aux salaires, en passant par l’immigration et la santé : nombre des affirmations prononcées par Giorgia Meloni à Atreju ne résistent qu’à moitié à l’épreuve des données officielles. L’analyse précise des chiffres dessine une réalité bien moins triomphaliste que celle mise en scène depuis la tribune.

Dans son discours de clôture à Atreju, Giorgia Meloni a affirmé que les Italiens investissent dans les titres de l’État « comme jamais auparavant », parce qu’ils auraient enfin retrouvé confiance. Les données de la Banque d’Italie tempèrent pourtant cet enthousiasme. Il est vrai que la part de la dette détenue par les ménages a augmenté ces dernières années, mais cette hausse avait déjà commencé en 2022, avant l’arrivée au pouvoir du gouvernement actuel. De plus, fin 2008, cette part était nettement plus élevée qu’aujourd’hui.

Surtout, sous le gouvernement Meloni, la part de la dette détenue par les investisseurs étrangers a fortement augmenté. Bien loin d’un « retour de la dette aux Italiens » : la dynamique est plus complexe et nettement moins patriotique que ce que le récit officiel laisse entendre.

Agences de notation et prétendue « Serie A »

Les agences de notation ont effectivement amélioré leur jugement sur l’Italie. Mais parler d’un retour en « Serie A », comme l’a fait la présidente du Conseil, relève de l’exagération politique. Les notes attribuées restent éloignées des niveaux les plus élevés et situent encore l’Italie plusieurs échelons en dessous des économies considérées comme réellement solides. Une bonne nouvelle, certes, mais certainement pas une promotion avec mention.

Spread : moins de peur, mais pas grâce au seul mérite du gouvernement

Giorgia Meloni revendique la forte baisse du spread comme une preuve de la confiance des marchés. Les chiffres confirment la baisse, mais pas le récit. Une large part de cette réduction est liée à la hausse des rendements des titres allemands, bien plus qu’à une amélioration exceptionnelle de la position italienne. Le résultat est réel, les causes beaucoup moins « gouvernementales » qu’on ne le suggère.

Instabilité politique et les 265 milliards « perdus »

Le coût de l’instabilité politique évoqué par Meloni repose sur une estimation du Sole 24 Ore qui imagine ce qui se serait produit si l’Italie avait bénéficié de la même crédibilité que la France. Une reconstruction théorique, utile au débat, mais qui simplifie excessivement une question complexe, en attribuant presque tout à la classe politique et très peu à des facteurs structurels comme le poids de la dette ou la croissance économique.

IRPEF : une baisse qui favorise surtout les revenus moyens-élevés

Le gouvernement revendique la baisse de l’IRPEF comme une mesure en faveur des familles. En réalité, selon l’ISTAT et le Bureau parlementaire du budget, plus de 85 % des ressources profitent aux contribuables les plus aisés. L’avantage augmente avec le revenu, tandis qu’il reste modeste pour les plus bas salaires. Loin de toute équité fiscale.

PNRR : leader uniquement dans le récit

L’Italie encaisse les tranches du PNRR, mais elle n’est pas le pays le plus avancé dans la réalisation des objectifs. La France, l’Autriche et d’autres États font mieux. Et surtout, il manque la donnée décisive : la dépense effective. Sur ce point, la Cour des comptes et l’UPB continuent de signaler des retards importants. Être « en tête », donc, seulement dans les discours.

Emploi record, mais avec de nombreuses zones d’ombre

Les chiffres de l’emploi sont réels, mais le contexte est déterminant. La croissance avait commencé avant le gouvernement Meloni, elle concerne surtout les classes d’âge les plus élevées et s’inscrit dans une tendance commune à de nombreux pays européens. L’Italie, malgré les records brandis, reste en queue de peloton en Europe pour le taux d’emploi.

Salaires : une reprise réelle, mais fragile

Meloni parle d’une remontée des salaires et invoque la Commission européenne. Les données montrent effectivement une reprise après l’effondrement causé par l’inflation, mais les salaires réels restent inférieurs aux niveaux d’il y a quelques années et progressent moins que la moyenne de l’UE. Là encore, le récit dépasse la réalité.

Un Sud « locomotive », mais tracté par des politiques antérieures

Le Mezzogiorno croît plus vite que la moyenne nationale certaines années, mais selon la Svimez, le mérite revient surtout au PNRR et aux bonus du bâtiment, des mesures lancées avant l’arrivée au pouvoir du gouvernement actuel. Parler de « locomotive de l’Italie » est suggestif, mais trompeur.

Santé : plus de fonds, mêmes difficultés

Les financements de la santé augmentent, comme c’est presque toujours le cas. Mais rapportés au PIB et corrigés de l’inflation, le pouvoir réel des ressources progresse peu, voire stagne. En clair : plus d’argent sur le papier, mais des problèmes structurels toujours bien présents.

Dans l’ensemble, le discours d’Atreju ressemble à un exercice de communication politique parfaitement huilé, où des données exactes sont pliées à une narration triomphaliste. Les faits racontent une autre histoire : moins de slogans, plus de nuances, et surtout une distance évidente entre la scène et la réalité quotidienne du pays. Le discours d’Atreju tient davantage du meeting permanent que du bilan de gouvernement. Les chiffres sont évoqués, rarement expliqués, souvent étirés jusqu’à entrer dans le slogan du moment. C’est la marque politique de Fratelli d’Italia : transformer chaque chiffre en drapeau et chaque complexité en propagande, en pariant sur le fait que peu iront vraiment vérifier. Mais la réalité, obstinée, continue de frapper à la porte : salaires faibles, système de santé sous pression, PNRR en difficulté et un pays qui croît moins que ce qui est raconté. Lorsque le récit se heurte aux faits, ce n’est pas l’opposition qui ment : c’est le gouvernement qui confond la scène avec le pays réel. 

piero.minuzzo@gmail.com

Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore