Viviamo in un’epoca che ha deciso di ribattezzarsi da sola: la società della ghettizzazione. Non più comunità, non più integrazione, ma compartimenti stagni. Ognuno nel suo recinto, ognuno con la sua corsia preferenziale. Preferenziale, si fa per dire: in realtà è un modo elegante per dire “ghetto”.
Un tempo ciclisti, pedoni, motociclisti e automobilisti condividevano la stessa strada. Era un piccolo esperimento di convivenza civile, con qualche insulto al semaforo e qualche clacson di troppo, ma almeno si stava insieme. Oggi, invece, è scoppiata la mania della pista ciclabile: il ciclista ha la sua corsia, ma continua a pedalare sulla strada normale. E allora viene la tentazione: “Se tu ciclista pedali qui, io automobilista mi infilo nella tua pista”. Peccato che non ci passo.
Non è odio verso i ciclisti, sia chiaro. È che la società ha deciso che la soluzione ai problemi non è convivere, ma separare. Una corsia per te, una corsia per me, e così via fino alla ghettizzazione totale.
Non bastava la pista ciclabile, ora arriva anche il modulo per il consenso sessuale. Una volta si faceva la corte, si riceveva un sì o un no, e finiva lì. Oggi, invece, sembra che serva un’autorizzazione scritta, timbrata e protocollata. Prevedo un futuro di uomini frustrati con il modulo in tasca: “Buongiorno, signora, posso invitarla a cena? Firmi qui, in triplice copia”.
La burocrazia ha colonizzato persino l’intimità. Non esiste più il tacito consenso, esiste solo il consenso cartaceo. E se non hai il modulo, rischi di essere condannato.
E poi ci sono i casi da manuale di assurdità. Un padre decide di crescere i figli in una foresta, senza tablet, senza televisione, senza gas. Risultato? Lo trattano da criminale e gli portano via i bambini “per proteggerli”. Proteggerli da cosa? Dalla natura? Dall’assenza di Wi-Fi?
La società ghettizzata non tollera chi esce dal recinto. Se non sei dentro il sistema, sei automaticamente un sospetto.
Viviamo in un mondo che idolatra l’intelligenza artificiale, ma ha smarrito l’intelligenza naturale. Siamo bravissimi a programmare algoritmi, pessimi a usare il buon senso. Così nascono regole assurde: il ciclista da una parte, il motociclista dall’altra, il cavallo a sinistra, la barca solo se sotto i 12 metri.
Un famoso regista scrisse: “Fermate il mondo, voglio scendere”. Ecco, oggi quella frase suona come un invito irresistibile. Perché la società della ghettizzazione non è un mondo da abitare, ma un luna park dell’assurdo.













