/ ATTUALITÀ POLITICA

ATTUALITÀ POLITICA | 04 novembre 2025, 12:13

Referendum sulla giustizia: separare le carriere o separare i cittadini?

In Italia, la giustizia è diventata un campo di battaglia. Non tra colpevoli e innocenti, ma tra slogan e verità

Referendum sulla giustizia: separare le carriere o separare i cittadini?

Il referendum sulla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri è l’ennesimo episodio di una politica che urla, semplifica, divide. E mentre i talk show si infiammano, i cittadini restano al buio.

Separazione sì, separazione no? Il quesito è tecnico, ma la posta in gioco è altissima. Si tratta di decidere se chi accusa (il PM) e chi giudica (il giudice) debbano appartenere a carriere diverse, con percorsi separati, CSM distinti e nessuna possibilità di passare da un ruolo all’altro.

I fautori della riforma parlano di maggiore imparzialità. I contrari temono una deriva verso un modello accusatorio “all’americana”, dove il PM rischia di diventare un avvocato della polizia.

Ma il vero problema è un altro: questa riforma serve davvero ai cittadini?

Il Ministro della Giustizia ha dichiarato che “non servirà a migliorare la giustizia”. Non velocizzerà i processi, non li renderà più equi, non garantirà risarcimenti più rapidi alle vittime. E allora, perché farla? Perché chiamare milioni di italiani alle urne per una riforma che non cambia la vita di chi subisce un torto, di chi aspetta giustizia da anni, di chi ha perso fiducia nelle istituzioni?

La verità è che la giustizia italiana non ha bisogno di maquillage istituzionale, ma di una rivoluzione culturale. Ha bisogno di processi brevi, di pene certe, di magistrati preparati, di leggi chiare e applicabili. Ha bisogno di proteggere gli innocenti, non di punire i sospetti. Ha bisogno di verità, non di cavilli.

E soprattutto, ha bisogno di rispetto. Rispetto per le vittime, per gli imputati, per i cittadini che pagano le tasse e che meritano uno Stato che funzioni. Non uno Stato che si arrende, come ha detto il Ministro, di fronte agli errori giudiziari. Non uno Stato che lascia in carcere un innocente per dieci anni, salvo poi scoprire nuove prove e dire: “Pazienza”.

Questa non è giustizia. È una caricatura.

Il referendum sulla separazione delle carriere potrebbe essere utile, forse. Ma non è la priorità. La priorità è restituire dignità alla giustizia. E per farlo serve meno propaganda e più coraggio. Serve una politica che non urli, ma che ascolti. Che non divida, ma che costruisca. Che non distragga, ma che agisca.

Perché la giustizia, quella vera, non è una questione di carriere. È una questione di coscienza.

Vittore Lume-Rezoli

Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore