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ATTUALITÀ POLITICA | 01 ottobre 2025, 12:00

Che fare? Voltare pagina o chiudere il libro?

Le elezioni regionali si sono concluse tra sorrisi amari e brindisi forzati. Mentre la destra si compatta nonostante le differenze, la sinistra valdostana si frantuma in rivoli sempre più piccoli, incapace di ritrovare quello spirito di unità che un tempo faceva sognare. Resta la domanda: c’è ancora spazio per i sogni, o ci si deve rassegnare al proprio orticello?

Giulio Dolchi

Giulio Dolchi

Le elezioni regionali si sono chiuse tra sorrisi a denti stretti: c’è chi non ce l’ha fatta e chi invece sì, chi si è traghettato dal Comune alla Regione, chi abbandona deluso con una vena di rancore verso chi, uscito dalla porta, è rientrato dalla finestra. Ci sono stati cambi di casacca, in alcuni casi provvidenziali, in altri rovinosi. Come in ogni elezione, c’è chi stappa lo champagne e chi prende la sconfitta con filosofia, consapevole fin dall’inizio di non avere speranze ma deciso comunque a provarci, per convinzione e per spirito di servizio. E poi c’è chi ci contava davvero, e ora rimugina amaro.
Un’umanità variegata, che per giorni ha vissuto l’ebbrezza di poter diventare “uno che conta”: alcuni fantasticando, altri più morigerati e consci dei propri limiti, che si sono limitati a fare una campagna elettorale casalinga.

Ma se le regionali si sono chiuse in questo modo, la vera sfida resta quella del Comune di Aosta, che tiene tutti con il fiato sospeso, sospesi sulla lama di un rasoio. Lì si affrontano i due poli in un bipolarismo di vecchio stampo, tanto caro alla politica di un tempo: destra contro sinistra.

Che dire? La destra, anche in Valle d’Aosta, soffre di un travaso di voti tra i tre partiti principali. Più che attrarre nuovi elettori, si scambiano voti fra loro, come i ragazzini che si passavano le figurine di calcio. Quello che perde la Lega lo prende un po’ Forza Italia e un po’ Fratelli d’Italia. Eppure, nel complesso, entrambi i partiti si vedono scavalcati da un nuovo movimento di centrodestra che ruba la scena. Ma si sa: in politica, in Italia, non si perde quasi mai davvero.

Al netto di percentuali come lo 0,35% o l’1,2%, una cosa è certa: le ideologie non esistono più. I cambi di casacca lo dimostrano. Non si può più parlare di ideologie come le intendevamo 30 o 40 anni fa: oggi, spiace dirlo, la politica è soprattutto opportunismo e opportunità. E questo vale a destra come a sinistra e al centro. La destra non è mai stata il mio riferimento politico, ma ho incontrato persone di quell’area con una rettitudine morale da far invidia a Gandhi, e un senso di giustizia e umanità che avrebbe fatto invidia a Berlinguer.

Sono sempre stato convinto che non sia il partito a fare l’uomo, ma l’uomo a fare il partito. Purtroppo, non sempre c’è l’uomo giusto nel partito giusto. Una cosa però riconosco alla destra: la capacità di fare squadra per vincere, anche a costo di digerire divergenze profonde. Oggi come allora, nonostante idee contrastanti su guerra, riarmo e molte altre questioni, alla fine vince il concetto di “squadra-poltrona”.

Il mio cuore, invece, ha sempre battuto a sinistra. Lo dico con naturalezza, perché quella è stata la mia esperienza politica dal ’68: il movimento studentesco, le lotte operaie, il sindacato, le associazioni. Ho sempre visto nella sinistra l’idea di popolo, di giustizia sociale, di uguaglianza, un po’ sul modello della rivoluzione francese: Liberté, Fraternité, Égalité.

Ma oggi la sinistra valdostana è un fantasma di sé stessa. Un’ombra della sinistra che faceva sognare gli illusi come me, e tanti altri, mettendo al centro la persona, l’essere umano, il cittadino. Non voglio citare Berlinguer, ma i nomi della nostra Valle: Giulio Dolchi, Giulio Fiou. Persone come loro sarebbero indispensabili oggi. Servirebbero “catalizzatori”, “aggregatori”, capaci di superare i personalismi che hanno ridotto la sinistra a rivoli prosciugati, dove gli elettori sembrano più famiglie di vassalli pronti a seguire il proprio signorotto che cittadini liberi.

I risultati elettorali parlano chiaro: due movimenti o raggruppamenti di sinistra non hanno raggiunto il quorum. Valle d’Aosta Futura al 4,6%, Valle d’Aosta Aperta al 5,6%. Entrambe restano fuori. L’Alleanza Verdi Sinistra prende il 6,3%, il PD l’8%. Se la matematica non è un’opinione, messi insieme avrebbero toccato il 24,5%. Non so a voi, ma io resto combattuto: piangere o prendere a calci nel sedere i vari caporioni? Credetemi: credo di interpretare il pensiero di molti cittadini.

Ora, non essendo cattolico e non credendo nei messia, ribadisco un concetto semplice: cari amici di sinistra, avete ancora dei sogni? O vi accontentate di coltivare il vostro orticello? I cittadini, come me, aspettano una risposta. Tanto per sapere: dobbiamo aggiungerci a chi rinuncia a votare, ormai rassegnato, o possiamo sperare ancora in un sogno comune?

Vittore Lume-Rezoli

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