L’impatto ambientale del Ponte sullo Stretto di Messina è certo, documentato e oggi ammesso dagli stessi proponenti dell’opera. Di fronte a questa evidenza, è stata attivata una procedura speciale prevista dalle norme europee, che consente – in casi eccezionali – di autorizzare comunque la realizzazione di un progetto che incide negativamente su aree tutelate, ma solo a precise condizioni: assenza di alternative, motivi imperativi di rilevante interesse pubblico e compensazioni ambientali efficaci. Secondo le Associazioni, nessuna di queste condizioni è stata rispettata.
Il reclamo, presentato in data 4 agosto, ha per oggetto il secondo parere della Commissione VIA VAS (n. 72/2025), relativo alla cosiddetta “procedura di livello III della VINCA”, attivata su richiesta della stessa Commissione nel primo parere n. 19/2024. Quest’ultimo, pur rilasciando parere positivo sulla compatibilità ambientale dell’opera, lo aveva subordinato a ben 62 prescrizioni, tra cui appunto la procedura VINCA rafforzata, prevista solo in presenza di impatti ambientali gravi e non mitigabili su aree della Rete Natura 2000, come nel caso dello Stretto di Messina.
Per procedere comunque con il progetto, la Commissione ha richiesto l’attivazione della deroga prevista dalle direttive comunitarie. Tuttavia, Greenpeace, Legambiente, Lipu e WWF sostengono che il Governo abbia tentato di eludere la richiesta di un parere comunitario, sostenendo motivazioni ritenute dalle associazioni “strumentali” e “pretestuose”, come la sicurezza militare, la protezione civile e addirittura la sanità. Secondo il Governo, il Ponte sarebbe strategico anche in caso di calamità naturali o per migliorare l’accesso ai servizi sanitari. Argomentazioni che le associazioni definiscono deboli, anacronistiche e scollegate dalla realtà dei territori interessati.
A ciò si aggiunge, secondo il reclamo, una grave carenza nell’analisi delle alternative progettuali, mai valutate in modo oggettivo né approfondito. La scelta della soluzione a campata unica è stata imposta da una legge ad hoc del 2023, approvata con voto di fiducia in Parlamento. La Commissione VIA VAS si è limitata a prendere atto delle analisi fornite dai proponenti e dal Governo, senza svolgere una valutazione indipendente, venendo meno – secondo le associazioni – al proprio ruolo di garanzia e controllo. Non a caso, il Gruppo di Lavoro istituito nel 2021 dal Governo Draghi aveva raggiunto conclusioni molto diverse, oggi completamente ignorate.
Le misure di compensazione ambientale, infine, vengono definite gravemente insufficienti. Mancano analisi naturalistiche aggiornate, le misure proposte sono considerate deboli e spesso inefficaci, e mancano valutazioni sugli effetti cumulativi dell’opera. Per stimare l’incidenza sull’avifauna migratrice, ad esempio, sono stati utilizzati dati vecchi di oltre dieci anni. L’ISPRA aveva dichiarato che gli impatti – per alcune specie già in stato di conservazione sfavorevole – “non sono mitigabili né compensabili”, ma la Commissione non ha tenuto conto adeguatamente di queste osservazioni.
In conclusione, secondo Greenpeace, Legambiente, Lipu e WWF, la procedura autorizzativa del Ponte sullo Stretto si basa su presupposti viziati e violazioni delle norme comunitarie, e rappresenta un caso emblematico di forzatura politica e istituzionale. L’auspicio delle associazioni è che la Commissione europea apra una procedura d’infrazione, per riportare l’Italia al rispetto delle direttive ambientali e per proteggere uno degli ecosistemi più delicati e importanti del Mediterraneo.












