C’è chi cerca la guarigione in una pillola, e chi la trova in un “appiglio”. Non solo in senso metaforico. Siamo al Rocher Baron, 1300 metri d’altitudine e oltre 80 vie di arrampicata sportiva, a pochi chilometri da Briançon. È qui che Lodovico Marchisio, scrittore e testimone diretto del progetto, si è ritrovato per l’ennesima volta a sfidare la malattia arrampicandosi su una via di terzo grado. E per qualche ora, il Parkinson è scomparso.
Al suo fianco, l’esperto Salvo Giani, che ha scelto questo luogo per la sua accessibilità (si arriva in auto quasi fin sotto la parete) e per la bellezza del contesto naturale. Il cervello, stimolato dal gesto atletico, si ricollega al corpo. Braccia, gambe, mani e piedi lavorano in sincronia. Il tempo torna a essere alleato, e non nemico.
L’arrampicata terapeutica è basata su un concetto semplice ma potentissimo: “corpo e mente, completamente connessi nell’attimo presente”, come recita l’aforisma della campionessa Stella. Su questi blocchi di quarzite, il pensiero diventa gesto, l’equilibrio si fa conquista, e ogni appiglio diventa una piccola vittoria.
Il Rocher Baron è ideale per tutti i livelli: vie dal 3° al 7b, esposizione a sud, zero avvicinamento. Perfetto anche per accompagnatori e persone con difficoltà motorie. Un luogo dove la montagna non è solo sfida, ma cura emozionale.
Grazie a figure come Alberto Giolitti, fondatore di Gulliver, e all’ospitalità della comunità locale, qui prende forma una nuova frontiera del benessere: quella in cui la roccia ascolta, accoglie, risveglia.








