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CRONACA | 29 giugno 2025, 07:55

FUOCHI IN VETTA NELLA NOTTE DEI SANTI

Il 29 giugno, la Valle d’Aosta celebra Pietro e Paolo tra falò, fede e memoria ancestrale

FUOCHI IN VETTA NELLA NOTTE DEI SANTI

In Valle d’Aosta, quando cala la sera del 29 giugno, gli occhi si alzano alle montagne per scrutare luci lontane, puntiformi, tremolanti. Sono i falò dei Santi Pietro e Paolo, accesi sulle vette, sui colli, nei boschi e persino nei prati sopra i villaggi. Una costellazione effimera, che per una notte unisce le cime della Petite Patrie in un rito collettivo, antico, partecipato e affascinante.

Non è una festa codificata da un ente, non è un evento con un programma ufficiale. È una consuetudine viva, radicata nei cuori più che nei regolamenti, tramandata da generazioni senza clamore ma con convinzione. Le squadre partono la mattina presto, zaino in spalla o carichi di legna, per raggiungere la vetta prescelta dove il fuoco sarà acceso solo all’imbrunire, quando il cielo si farà scuro. E la sfida — mai dichiarata ma sempre presente — sarà quella di accendere il falò “più in alto di tutti”. Nessun premio in palio, solo l’orgoglio di vedere la propria fiamma brillare più vicina alle stelle.

Ma accanto al gesto fisico — il cammino, la fatica, il fuoco acceso — c’è anche la dimensione religiosa. Pietro e Paolo, colonne della Chiesa cristiana, vengono ricordati insieme in questo giorno che è solennità liturgica. Pietro, il pescatore di Galilea chiamato da Gesù, è per tradizione il primo Papa. Paolo, l’intellettuale ebreo convertito, è l’infaticabile predicatore ai pagani. Due caratteri diversi, due modi opposti di vivere la fede, ma una stessa passione e una stessa fine: il martirio a Roma. In loro si riconosce la Chiesa intera, e forse non a caso la Valle, che nella religione popolare ha sempre trovato radici profonde, ha scelto di onorarli con il simbolo più diretto e potente: il fuoco.

Eppure la tradizione dei falò sembra precedere il cristianesimo. Anticamente, i popoli delle Alpi accendevano fuochi sulle alture in occasione del solstizio d’estate, per celebrare il sole al suo apice e invocarne la protezione sui raccolti. Era un rito pagano, connesso alla natura e ai cicli del tempo. Il fuoco, come elemento purificatore e rigenerante, serviva a scacciare gli spiriti maligni, a proteggere le comunità, a marcare il passaggio verso la stagione del raccolto.

Con l’arrivo del cristianesimo, questi riti furono assorbiti, reinterpretati, talvolta solo spostati di data. E così il 29 giugno, che cade pochi giorni dopo il solstizio, divenne il giorno ideale per mantener viva una tradizione che ormai appartiene a entrambe le sfere: la fede e la terra, la religione e il legame con l’ambiente.

Oggi, questi falò non sono né solo religiosi né più propriamente pagani. Sono ciò che resta di una spiritualità popolare che unisce la Petite Patrie nella sua dimensione più autentica. Non c’è comune che non abbia il suo gruppo di giovani o di appassionati che organizza la salita, non c’è villaggio che non guardi in alto aspettando di vedere accendersi la propria fiammella, magari rispondendo con una torcia o un piccolo rogo più in basso.

E domani sera, con il cielo che promette sereno, le montagne della Valle saranno ancora una volta punteggiate di luci. Una notte di fuoco e di memoria, dove la fede incontra l’identità, e il gesto antico si rinnova, testardo e luminoso, come le nostre vette.

Et pendant que les flammes dansent sur les sommets, la Vallée retrouve, le temps d’une nuit, le langage du feu — celui qui parle sans mots, mais qui unit les hommes, les montagnes et les traditions, dans une même lueur d’éternité.

I falò di san Pietro per saperne di più

Ca.Bé.

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