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Zona Franca | 09 maggio 2025, 12:01

La vecchia fattoria della fantapolitica

Le cinque verità che puzzano di realtà molto più del latte europeo pastorizzato

La vecchia fattoria della fantapolitica

C’era una volta una piccola fattoria incastonata tra le montagne, abitata da 130.000 animali di varia specie: vacche stanche, marmotte previdenti, galline nervose, pecore pazienti e persino qualche cinghiale impaziente. Da tempo chiedevano più fieno, stalle asciutte, meno burocrazia per mungersi e soprattutto un po’ più di rispetto. Ma niente da fare: chi doveva occuparsene era sempre troppo impegnato.

Un bel giorno, gli animali più importanti della fattoria convocarono l’assemblea solenne: “Sessione europea!” annunciarono con voce squillante. Si parlò di Green Deal, Patto di stabilità, ReArm Europe, montagne laboratori di civiltà, cristianesimo fondativo, GECT, Casermette e Ventotene. Si citarono trattati, acronimi, visioni e sogni. Qualcuno addirittura rispolverò il Manifesto dei Saggi e scomodò le Resistenze per spiegare come mai mancasse il fieno nella mangiatoia.

Mentre si alternavano nei discorsi, alcuni animali battevano le zampette a terra per l’entusiasmo, altri ruminavano in silenzio. Qualcuno sognava ancora una vacca europea dotata di tricolore e campanaccio federale, altri già pensavano a come “armonizzare” la produzione del latte con le nuove norme sulla sostenibilità... in attesa del prossimo stanziamento.

Fu depositato anche un rotolo di carta – una risoluzione – che proponeva di mandare una delegazione al Gran Consiglio dei Recinti Uniti per chiedere fieno più sostenibile, meno rigide norme sulla zootecnia e niente investimenti sul riarmo mentre mancava il sale nella stalla. Ma il rotolo fu arrotolato e rimesso nello scaffale: “Torneremo a parlarne”, dissero. Intanto, la stalla continuava a perdere tegole e gli animali continuavano a pagare sempre più mangime e sempre meno servizi.

Al termine della giornata, si brindò con latte scremato europeo e si scattarono foto accanto al manifesto: “La Fattoria è Europa, l’Europa è la nostra casa comune!”. Poi tornarono alle loro cucce, soddisfatti per aver parlato delle sorti del mondo, mentre il recinto restava aperto, il foraggio scarseggiava e nessuno aveva ancora pulito la stalla.

Così finì la grande “Sessione Europea” della fattoria, tra sospiri, promesse e parole in libertà. Ma fuori dal recinto, nella realtà dei campi e delle stalle vere, la vita continuava come sempre: con pochi mezzi, tanto lavoro e una crescente sensazione di essere stati, ancora una volta, presi in giro.

Perché mentre si alzano inni all’Europa in punta di zoccolo, la realtà zoppica tra burocrazia, ritardi e slogan che puzzano più del letame dopo un temporale.

Ed è proprio lì, tra la retorica dei salotti istituzionali e la terra battuta dei cittadini, che si apre la vera crepa. Una crepa che somiglia maledettamente a quella del tetto della stalla. Da lì scivolano giù le parole vuote, che fanno rumore ma non riempiono né la mangiatoia né i silenzi di chi aspetta risposte.

Ecco allora, senza favole e senza filtro, cinque verità che puzzano di realtà molto più del latte europeo pastorizzato:

🎯 1. “L’Europa delle parole, non dei fatti”
Nel bel mezzo delle emergenze quotidiane che affliggono i cittadini – tra sanità zoppa, infrastrutture in frana e bollette che levano il fiato – c’è chi in Consiglio Valle si lancia in affreschi istituzionali degni del Parlamento europeo. Ma mentre i valdostani aspettano risposte concrete, in Aula volano parole come “interoperabilità”, “interconnessione strategica” e “visione d’insieme”. Un lessico che sembra pensato per essere incomprensibile… o forse lo è per non dire nulla?

🎯 2. “Il ponte levatoio del buon senso è rotto”
Alcuni consiglieri sembrano vivere in un castello di carta, dove si dibatte su “reti transfrontaliere resilienti” e “laboratori alpini d’innovazione”, dimenticando che intanto in Valle d’Aosta ci si prenota sei mesi prima per una visita cardiologica e i pendolari fanno il rally tra Aosta e Pont-Saint-Martin. Ma si sa: per loro è più facile risolvere la pace nel Donbass che una buca in via Parigi.

🎯 3. “Quando non hai soluzioni, fai un tavolo. Se vuoi sembrare serio, fallo europeo”
In politica, la strategia è chiara: più è lungo il titolo del progetto, meno chi lo ascolta capisce cosa succederà. Ed è così che nasce l’Espace Mont-Blabla, dove la burocrazia danza sul tappeto della cooperazione mentre il territorio resta a guardare. Sorridono nei convegni, ma non hanno ancora capito come rimborsare un allevatore che ha perso una mucca per colpa di un lupo.

🎯 4. “Parlano di ‘identità europea’ ma non sanno dov’è Verrayes”
C’è chi invoca il Manifesto di Ventotene con tono ispirato, come se citare Spinelli e Rossi servisse a camuffare l’assenza di visione locale. Ma se chiedi loro quanti giovani valdostani emigrano ogni anno per lavorare altrove, cadono dalle nuvole. L'identità europea va benissimo, ma prima di salvare il continente, si potrebbe almeno salvare l'ospedale di Aosta?

🎯 5. “Ci spiegano la montagna come se fosse Manhattan”
È sempre commovente sentire chi ha scoperto che in montagna nevica, che i paesi si spopolano e che servirebbero incentivi. Lo dicono con la voce rotta dall’emozione e il tono da commissario europeo, come se leggessero un editoriale del Le Monde Diplomatique. Poi però, al momento di approvare una misura strutturale per le famiglie nei villaggi, spariscono come la neve a maggio.

Leopoldo de l’Étable

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