A distanza di due anni dall’ultimo contributo a queste pagine generosamente offerte dall’amico Piero Minuzzo, riapro un dialogo con le lettrici e i lettori di AostaCronaca inaugurando una nuova rubrica, differente dalla precedente per toni, stile e contenuti.
Nel “block notes del Sindaco”, dall’inizio del mio mandato e per molti mesi, ho cercato di restituire qualche memoria e molte riflessioni personali alle cittadine e ai cittadini di Aosta - e non solo - sul valore del fare politica attraverso testimonianze del passato, eventi o personaggi di portata storica, temi universali accesi da piccoli fatti di calendario. Spero sia risultato trasparente anche il sentimento per l’umanità, la passione per il bene comune indispensabile per svolgere questo mestiere di servizio, naturalmente se non si hanno interessi personali nella partita e l’ego prepotente è tenuto sufficientemente a bada.
Stavolta vorrei provare a far guardare chi legge oltre l’uscio socchiuso della porta di un Comune, nella stanza dei bottoni: qui si respira l’aria della fucina operosa e dell’ingegno, della dedizione di chi svolge un lavoro oscuro e silenzioso per il/la cittadino/a e non si vanta, non cerca gloria ma ci crede, fino in fondo; talvolta però si annusa il tanfo infernale dello scantinato, fatto di scale e labirinti tortuosi dai quali è difficile uscirne vivi: la luciferina macchina della burocrazia, l’analisi dettagliata di tutte le variabili possibili che potrebbero capitare dopo una decisione assunta, la resistenza di chi ha paura di diventare ostaggio della giustizia per un’inezia formale e allora si difende rendendo impraticabile qualunque potenziale soluzione al problema sul tavolo.
Tutti dovrebbero fare il sindaco per una settimana: sarebbero più prudenti quando sparano sentenze sui social… Per parte nostra, dobbiamo spiegare bene cosa è necessario tecnicamente e formalmente fare, in una città, affinché si realizzino opere, si promuovano eventi, si affrontino con tempestività gli imprevisti, si tracci una linea di crescita per il futuro in cui ci si può riconoscere, insieme, domani. Solo così sarà possibile trovare delle sincronie tra il tempo della vita personale e quello della comunità di appartenenza; solo così la smania di avere tutto e subito e il senso di frustrazione e di insofferenza di fronte a processi lenti si trasformerà in un paziente sentimento dell’attesa e del desiderio e, magari, nella voglia di dare un contributo personale alla causa.
Farò interventi brevi e puntuali su alcune particolarità del lavoro di amministratore e su alcune distorsioni, senza mai alludere a persone o circostanze specifiche e giammai nascondendo o peggio esplicitando accuse a chicchessia: saranno solo conferme minimali sul fatto che l’uomo impiega molto più tempo a complicarsi la vita che a facilitarla, ma l’impegno a districare la matassa può portare benessere e bellezza.
Vi aspetto.