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Vite in ascesa | 05 gennaio 2024, 10:30

TRE DENTI D’AMBIN CON PIÚ CIME CONCATENATE

di Lodovico Marchisio

I Dentidal Gran Toasso

I Dentidal Gran Toasso

Una traversata dimenticata “riscoperta” grazie alla Guida Alpina Alberto Re che mi ha accompagnato il 3 ottobre 2002 quando avevo 55 anni. Alberto, oltre ad essere onorato di avere un amico come lui, è una storica guida alpina che ha scalato “giganti” come il Trisul dell’Himalaya e il monte Sarmiento nella Terra del Fuoco.

Alberto Re ha iniziato a eser-citare la profes-sione di guida alpina a Bardo-necchia nel 1974 e il successo riportato nel 1978 sui 7000 metri del Trisul in Himalaya e non solo gli hanno spalan-cato le porte per un’avven-tura durata quasi cin-quant’anni sulle montagne del mondo. Le sue spedizioni hanno rappresentato lo spartiacque definitivo per un totale cambiamento della sua vita: avviandolo verso un cammino che lo avrebbe portato a lasciare la città e trovare un ottimo lavoro per trasferirsi con la famiglia in montagna, a Bardonecchia. Qui ha potuto seguire un iter formativo per ottenere prima la specializzazione di tecnico del Soccorso Alpino e poi il titolo di Guida Alpina che l’hanno indotto al desiderio di ampliare il più possibile i suoi orizzonti per esplorare e scoprire, insieme ai suoi clienti, montagne lontane e popoli diversi nei vari continenti. A tale proposito non può mancare nella libreria di noi alpinisti il suo libro edito nel 2022 “Orizzonte montagne - una vita da guida alpina edito da “Priuli e Verlucca” che vi trasporterà negli angoli più sperduti e affascinanti della terra che Alberto ha avuto la fortuna di esplorare, attraverso racconti che raccolgono mezzo secolo e più di avventure, prime ascensioni e viaggi esplorativi che lo hanno portato, dal Polo Nord al Sud America, dal Sahara alla Namibia, dalla Spagna alla Russia, dall'India all'Iran, in una rete di connessioni che tocca quasi tutto il globo

Tre Denti D'Ambin

RELAZIONE TECNICA

Altezza Massima raggiungibile: Rocca d’Ambin 3378 m

Tempo di salita: 8 h

Tempo Totale (AR): 11 h

Dislivello: 1600 m

Difficoltà: AD – (ma su terreno non tracciato)

Materiale occorrente: Corda, rinvii, fettucce, moschettone, qualche chiodo.

Accesso in auto: Torino, Susa, Colle Moncenisio, Piccolo Moncenisio, con una 4x4 si sale sulla sinistra fino alle Granges de Savine (2243 m) dove una sbarra pone fine al traffico motorizzato. Se non si possiede un mezzo idoneo calcolare un’ora in più per giungere a detto punto di partenza con un dislivello di 100 m circa in più di saliscendi dal Piccolo Moncenisio ove si lasciano le vetture normali a quota 2183 m.

Località di partenza: Piccolo Moncenisio (2183 m) - Granges de Savine (2243 m)

Località di arrivo: Idem

Descrizione Itinerario: Dalle Granges de Savine (2243 m) si scende (superando una sbarra) di circa 120 m fino a un piccolo sbarramento artificiale del Rio Savine. Da qui si prende il Sentiero che fa parte dell’Alta Via della Val di Susa (pur trovandoci in territorio francese) e si percorre tutto il Vallon de Savine fino al Lago di Savine (2449 m). Poi il sentiero prende a salire sino al Col Clapier (2477 m) per scendere sul versante opposto verso il Vallone di Tiraculo e la successiva Val Clarea. Scesi per circa 150 m in direzione del Rio Clapier, invece di puntare verso il Rifugio Vaccarone, si prende il secondo canalone sottostante il residuo morenico del Ghiacciaio del Gros Muttet. Per raggiungere questo valico occorre percorrere il secondo enorme svaso morenico che sale (evitando una cascata) attraverso la morena del vecchio ghiacciaio omonimo sino alle precipiti balze del Gros Muttet risalibili senza particolari difficoltà solo se non vi è neve o peggio “verglass”. Cercando di evitare gli strapiombi tenendosi sul bordo destro della parete (verso di salita) si perviene (superando facili ma esposte balze rocciose) al valico non scevro da pericoli oggettivi. Per i collezionisti di vette dal valico si può raggiungere la vicinissima Cima del Gros Muttet (3245 m) in pochi minuti (AR 15 min circa).  Fatta o no la piacevole digressione della quale non teniamo conto nel conteggio delle ore complessive, si prosegue in direzione della cresta che unisce la Rocca D’Ambin al Gran Toasso. Non è un valico determinato, ma un punto indefinito della cresta scelto dalla Guida Alberto Re che mi accompagnava. Per fare la Rocca d’Ambin (3378 m, punto più elevato dell’intera traversata) che è posta in direzione opposta dei Tre Denti; è obbligatorio fare una digressione verso sinistra (sempre intesa come senso di marcia) e per questa cima teniamo conto del tempo occorrente AR perché parte integrante della traversata. Con ghiaccio o neve dura (condizioni trovate il 3 ottobre 2002, giorno della salita) si sale in vetta con piccozza e ramponi. In condizioni estive si sale agevolmente a piedi senza l’uso della corda. Calcolare AR 1 h circa. Per giungere in vetta alla Rocca d’Ambin dalla partenza sono occorse 5 h. Ritornati alla base (20 min) si prosegue in direzione opposta tenendosi assolutamente sul filo di cresta per scavalcare il Gran Toasso (3209 m), vetta di poco contrastata dal Torrione omonimo di poco scostato verso sinistra che precipita sul versante Nord dell’ardita cresta (1 h dalla cima della Rocca d’Ambin, 40 min dall’intaglio di deviazione alla vetta più elevata). Da qui con facile saliscendi si giunge al Col Des Aiguilles (3217 m) ai piedi del “Nodo di Confine (3326 m) e successivamente in vetta (1,30 h dal Gran Toasso)” che fa da spartiacque con il pronunciato intaglio che origina i Tre Denti D’Ambin. Scavalcata anche questa cima si è già a quota 4 vette (se si è anche saliti sul Gros Muttet). Ci si porta quindi alla meta più agognata dell’intera cavalcata di cime e cioè la salita del Dente Meridionale d’Ambin (3371 m), staccato dal Nodo di Confine da un’esile cresta sulla quale si cammina con precauzione specialmente in presenza di neve ghiacciata (condizioni da noi trovate in stagione avanzata)

 La mia Guida Alberto Re mentre studia il percorso

Questa cresta da un lato precipita vertiginosamente sul canalone Nord (Via Purtscheller) e dall’altro su balze rocciose frantumate sulle quali è difficile trovare buona consistenza.  Raggiunta la base del Dente Meridionale (che è il più elevato dei tre denti e anche l’unico raggiungibile come tempo a disposizione se si compie tutta la traversata), che senza neve non oppone difficoltà, s’incontra una cresta di roccia svasata che permette con facile arrampicata (II°) di portarsi ad una prima cengetta. Per evitare la roccia veramente in sfacelo della vecchia via originaria, la Guida A. Re sceglie di arrampicare (via logica di adesso, viste le condizioni della roccia) in un bel diedro con una traversata verso sinistra sotto uno strapiombetto con difficoltà massime di III°, che permette di vincere la successiva paretina esposta ma di roccia più compatta che conduce in vista di una cengia cosparsa di terriccio.

Qui (non si sa da quanti anni) vi è un vecchio chiodo ad anello unito a un altro attraverso una serie di fettucce e cordini un po’ logorati dal tempo e dagli agenti atmosferici. Volgendo a sinistra per una cengia detritica è possibile raggiungere facilmente la cresta Ovest, (lato opposto che guarda verso il Dente Centrale e Settentrionale) dalla quale in breve si può raggiungere agevolmente l’esile vetta. Della vecchia croce segnalata dalle guide alpine non vi è più traccia alcuna, neppure del basamento. L’unico segno rimasto attualmente in vetta, è un ometto in pietra semidistrutto dal mancato ripristino a causa dei pochissimi alpinisti che ancora raggiungono questa cima. 8 h dalla partenza. Grazie alla conoscenza del territorio della guida alpina (non avventurarsi da soli su questo it. senza persona pratica al seguito), si torna sul “Nodo di Confine” che è obbligatorio “riscavalcare”. Quindi si scende direttamente da questa vetta, evitando subito sotto di essa gli affioramenti rocciosi che s’incontrano nella discesa, per via diversa da quella percorsa in salita e che sono in qualche modo aggirabili con buon senso e praticità del terreno. Puntando verso il vallone che è proprio sotto di noi, anche se non s’intuisce quali difficoltà può riservare, ci si trova dove si diparte il Col des Aiguilles

Sulla vetta della Rocca D'Ambin

Senza spostarci verso “Les Rochers Penibles” conviene calzare i ramponi se s’incontra neve dura quasi sempre presente in questa dorsale, per scendere velocemente perdendo quota. Giunti (evitando ogni difficoltà possibile) a quota 2600 m ci si trova in linea d’aria un po’ più sotto del dirimpettaio Rifugio Vaccarone (2747 m) ma molto discostati da esso. L’occhio allenato della Guida, nota, come riferimento per chi vorrà ripetere l’impresa, un anfratto con pietre riposte a cerchio, evidente segno di un eventuale bivacco di fortuna, anche se non si sa da quanti anni non sia più in piedi. Ci si trova poco dopo improvvisamente davanti ad una balza rocciosa che va a lambire il canalone sempre più erto che si snoda a ridosso di due bastionate rocciose in questo tratto abbastanza vicine. È l’unico punto veramente obbligato del percorso. Usando due chiodi, lasciati in parete per i prossimi salitori che usassero il nostro stesso it. per scendere, scendiamo assicurati fino in fondo alla balza rocciosa (50 m) oltre la quale non vi sono più problemi per raggiungere il fondo della vallata dalla quale occorre affrontare l’ultima risalita al Col Clapier, discendere al Lago delle Savine e risalire l’ultima leggera salita che riporta all’auto, sperando che abbiate usato una jeep per arrivare sino al punto più elevato di partenza, se no dovete affrontare altri 40 min. per scendere al Colle del Piccolo Moncenisio. Dalla vetta h 3 alle Granges de Savine (2243 m) ad andatura elevata. 11 h da noi impiegate in totale.

ascova

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