C’è una locuzione latina che si addice alla questione di cui voglio parlare: “in articulo mortis”, che fa riferimento a ciò che può accadere in un determinato momento o punto critico, quale è appunto quello della morte o la fine di qualcosa. Il tema è quello martoriato e complesso delle pensioni. Ma procediamo per ordine. L’anno da prendere per l’inizio della storia è il 1995.
In quell’anno una riforma delle pensioni introdusse il cosiddetto “sistema misto” nel calcolo delle pensioni fissando una specie di spartiacque: coloro che avevano al ’95 almeno 18 anni di contributi versati avrebbero avuto il calcolo della pensione col sistema retributivo (cioè con riferimento alle retribuzioni percepite); i lavoratori che invece alla stessa data avevano meno di 18 anni di contributi versati avrebbero avuto diritto ad una pensione calcolata col sistema misto, cioè col retributivo per il periodo ante ’95 e col contributivo (cioè con riferimento non alle retribuzioni percepite ma ai contributi versati)per il periodo dal 1995 in poi.
I lettori a questo punto diranno: ma dov’è la fregatura? La fregatura sta nel fatto che il rendimento della pensione col sistema retributivo è di gran lunga migliore del calcolo della pensione col sistema contributivo. In seguito ci sono state altre riforme ancora più penalizzanti per i lavoratori, ma il sistema di calcolo misto è rimasto fino ad oggi. E dico fino ad oggi perché il Governo ha pensato bene di fare piazza pulita del sistema retributivo intervenendo, a mio parere, anche in materia di diritti acquisiti per contribuzioni ante ‘95. Ed è quanto prevede l’articolo 33 della legge di bilancio 2024 per coloro che andranno in pensione dal primo gennaio 2024. E’ questo che io ho definito “articulo mortis” delle vecchie pensioni.
Eufemisticamente l’articolo 33 recita: disposizioni in materia di adeguamento delle aliquote di rendimento delle gestioni previdenziali. Ma in effetti significa che per alcune categorie di dipendenti pubblici vengono modificati i criteri di calcolo delle quote di trattamento pensionistico liquidate con il sistema retributivo, quindi e in pratica tutto ciò che andava calcolato prima del ’95 col sistema retributivo scompare e viene sostituito col sistema contributivo a partire da 1.1.2024.
Ma non finisce qui: non tutti i dipendenti pubblici vengono penalizzati ma solo i dipendenti degli enti locali (Comuni e Regioni), del sistema sanitario, di una buona parte degli insegnanti di scuole pubbliche e private, e degli uffici giudiziari. E i dipendenti del settore privato? E i dipendenti dei Ministeri e delle università e i magistrati e alcune categorie di insegnanti?
Non so quali teste lucide sono addette alla stesura delle leggi, ma stavolta si è superato ogni limite. Certo mantengono i diritti acquisiti col sistema retributivo coloro che al 1995 avevano più di 18 anni di contributi versati, ma, con l’aria che tira, fino a quando?