La Madonnina in vetta alla guglia perfetta del Monte Avic induce a preghiera e la forma di questa montagna rimane impressa negli occhi e nel cuore!
L’idea di riportare su “Aosta Cronaca” le più belle cime salite nell’arco di una vita è un modo di continuare a vivere, perché quando il corpo non risponde più alle esigenze della salita, quella che chiamiamo “anima” ci ridisegna questi momenti indimenticabili vissuti che condivido con voi.
SCHEDA TECNICA:
Altezza Massima raggiungibile: 3006 m
Tempo di salita: 6 h circa
Tempo Totale (AR): 12 h (con le soste)
Dislivello: 1699 m (più i saliscendi della cresta) + 176 m per risalire al Lago Gelato
Difficoltà: EEA
Materiale occorrente: bastoncini telescopici - utile uno spezzone di corda
Accesso in auto: Autostrada Torino - Aosta, uscire a Verres e proseguire poi per Champdepraz e La Volla (punto d’inizio a piedi per la nostra meta di oggi).
Località di partenza: La Volla
Località di arrivo: idem
Descrizione Itinerario: Il Parco naturale del Monte Avic è il primo parco naturale valdostano, istituito nel 1989 al fine di conservare le risorse naturali presenti nell’alta valle del Torrente Chalamy (Comune di Champdepraz).
In passato, un’attività mineraria intensa aveva depauperato in parte le sue foreste (sono ancora visibili gli ingressi di diverse miniere di ferro nei pressi del Lago Gelato). Nel maggio 2003, su richiesta dell’Amministrazione comunale di Champorcher, il Parco si è esteso nell’alto vallone di Dondena, portando a complessivi 5747 ettari, la superficie dell’intero Parco.
Sulla via di salita
Un’opera naturale ora protetta, ma poco visitata, forse per la lunghezza dei suoi itinerari d’accesso, che però ripagano i volonterosi che si spingono in questo parco di tutta la fatica affrontata, per i trenta e più, specchi d’acqua presenti su questo vasto territorio ricoperto da foreste di pino uncinato, unite a formazioni geologiche bizzarre, acquitrini, torbiere e canali che non hanno uguali per numero ed estensione in Valle d’Aosta: ed infine una fauna protetta rappresentata da tutti i più noti animali presenti nei Parchi Nazionali.
La traversata completa del Monte Avic (proposta qui in giornata) è di per sé già una notevole impresa, non tanto per le difficoltà tecniche, ma per il dislivello che in salita supera i 1700 m e la lunghezza dell’intero percorso per completare il quale sono occorse quasi 12 h (comprese le inevitabili soste per riposarsi, ammirare e fotografare l’ineguagliabile paesaggio).
Per includere alla visita del parco anche la salita del Monte Avic, che spicca come una guglia inverosimile, sulla destra orografica della Valle d’Aosta per chi percorre l’autostrada transitando nei pressi di Verres, occorre (vedi accesso in auto) entrare nel vallone e parcheggiare a “La Volla” (1307 m).
Da qui si sale a piedi per una strada sterrata percorribile solo dalle auto fornite di particolari permessi di circolazione fino al bivio che incontra il nuovo sentiero tutto tappezzato di segnaletica indicatrice delle particolarità naturali presenti nel percorso, che conduce al magnifico alpeggio di Pra Oursi, completamente ripristinato con case rurali e una stalla, che hanno mantenuto l’originario aspetto e che sono un vanto per l’architettura così ben studiata nel riprogettare tali strutture.
Una piramide posta poco lontano indica su ogni lato le cime, i colli e quant’altro occorra sapere per conoscere tale parco. Da qui la zona delle conifere cede il posto a una radura più aspra di media montagna; ci si avvicina infatti ai 2589 metri del Colle Varotta che si raggiunge in poco meno di 4 ore dalla partenza.
È possibile deviare poco sotto per aggirare la cresta che separa il colle dalla cima del Monte Avic, ma in un’integrale che si rispetti è inclusa anche tale cresta che presenta limitate difficoltà alpinistiche (II°) nella sua fascia centrale, per aggirare la quale occorrerebbe a tal punto giunti, discendere di parecchi metri.
Superata la fascia rocciosa, ci si dirige verso una faticosa pietraia che conduce alla base della calotta rocciosa vera e propria che ancora ci divide dalla cima. Questa si affronta al centro (ometti indicatori) per l’impressionante dirupo che origina tutta la parete orientale della guglia. L’arrampicata (se priva di neve) non presenta difficoltà eccessive, se non qualche passaggio esposto di II° ove è utile l’ausilio della corda.
Nel punto più esposto vi è una sosta protetta con anello per la calata. Superate le difficoltà alpinistiche resta da percorrere l’aerea crestina finale che conduce sulla vetta a 3006 metri d’altezza (6 h dalla partenza). Stupenda la Madonnina, con parafulmine annesso e (protetto sotto un masso), il libro di vetta per le firme.
Discesa e traversata: Dalla vetta scendere sul versante opposto verso il Colle di Raye Chevrère (2827 m) da cui sale la via più facile per accedere alla vetta. La discesa che divide dal colle sopra citato si può compiere (per i meno esperti) per sicurezza in cordata, ma aggirando i salti più alti e facendo attenzione all’esposizione che è inevitabile su una guglia di tale parvenza, il limite massimo delle difficoltà presenti non supera il I° superiore della scala UIAA.
La vetta
Dal colletto divisorio ivi raggiunto si scende per evidenti tracce ben marcate da ometti, senza lasciarsi attrarre dal sottostante specchio d’acqua ingannevole, in quanto sotto transita il sentiero che dal Lago Gelato fa ritorno a valle, ma una fascia rocciosa non percorribile e tanto meno visibile dall’alto, divide tale specchio d’acqua dal punto in cui si trova chi usa questo it. per scendere. Occorre quindi portarsi verso destra seguendo fedelmente gli ometti sino a raggiungere un sentiero con segnaletica gialla (in tutto il territorio non è presente la segnaletica unificata del CAI bianco e rossa) che ci evita di salire al Colle sopracitato per aggirare una fascia rocciosa che divide questo vallone, oltre il quale si scende poi facilmente al Lago Gelato.
La deviazione che evita tale risalita è situata subito dopo un vasto acquitrino cosparso di fiori palustri di un bianco sgargiante (eriofori), a quota 2316 m, nei pressi dell’alpeggio superiore che prende il nome del colle medesimo.
Occorre ancora salire di 176 m tra i massi, gli ometti indicatori e i segni gialli sempre più evidenti che conducono finalmente al Lago Gelato (2597 m) ove è presente una stupenda baita ripristinata da cui si diparte il sentiero che fiancheggia le vecchie miniere. Notevole è il lavoro dei muri a secco costruiti nella vecchia mulattiera ormai semidistrutta che serviva a far salire i muli fin quassù per riportare a valle il materiale estratto.
Il sentiero in ogni caso non da adito a errori e percorre la lunga valle che obbliga a scendere i restanti 1290 m di dislivello che separano il lago dal punto di partenza. In basso, raggiunta la strada chiusa al traffico in località Magazzino, si fa ritorno a La Volla. Non avendo questo it. particolare rifugi intermedi, per chi volesse pernottare in loco, vi sono delle ricettività alberghiere nei pressi di “La Volla”.