Negli ultimi giorni al centro della cronaca, non solo italiana, si discute del presunto caso di una rete di centri di polizia cinesi attivi in diversi Paesi nel mondo. Secondo un rapporto di Safeguard Defenders, una Ong basata a Madrid, la rete si comporrebbe di oltre 100 unità in almeno 53 Paesi sparsi nei vari continenti: 11 sarebbero ospitati dall'Italia. Il loro scopo sarebbe quello di sorvegliare i connazionali presenti all’estero.
L’allarme è scattato quando un rapporto diffuso da un’associazione che si occupa di diritti civili della popolazione cinese ha segnalato la presenza di oltre 100 centri servizi in tutto il mondo. Secondo il documento, 11 di questi si troverebbero in Italia. Dietro alla funzione di assistenza nel disbrigo delle pratiche burocratiche, i centri anasconderebbero il loro reale scopo: controllare i cittadini cinesi fuggiti all’estero e costringere i dissidenti a rientrare in patria. Il ministero dell’Interno ha avviato un lavoro di indagine. «Presso il Dipartimento della pubblica sicurezza non risulta alcuna autorizzazione in ordine all’attività» di centri cinesi di questo genere, ha detto Matteo Piantedosi. Il titolare del Viminale, durante il question time alla Camera, ha anche assicurato che «le forze di polizia, insieme all’intelligence, attueranno un monitoraggio con la massima attenzione, io lo seguirò personalmente e non escludo provvedimenti sanzionatori in caso di illegalità riscontrate».
Sul nostro territorio ne sono stimate 11, con la prima allestita a Milano dall'agenzia di pubblica sicurezza di Wenzhou a maggio del 2016. Due anni più tardi, nel 2018, grazie al rafforzamento dell'accordo definito sui pattugliamenti congiunti nelle città italiane e cinesi al servizio dei propri connazionali in viaggio, la pubblica sicurezza di Qingtian istituì anche un ufficio pilota a Milano, parte - secondo la ong di Madrid - di una strategia finalizzata a monitorare la popolazione cinese all'estero. Nella prima ricerca sul controverso tema presentato a settembre, Safeguard Defenders aveva riferito che esistevano 54 stazioni di questo tipo nel mondo, provocando indagini in almeno 12 Paesi tra cui Canada (che dopo un ciclo di accertamenti ha ordinato la loro chiusura), Germania e Paesi Bassi.
Secondo il quotidiano Il Foglio, fa tutto parte dell'operazione “Overseas 110”, che serve a rinnovare le patenti ma anche a presentare denunce e, alle forze di sicurezza, a fare intelligence. Per questo fanno paura ai dissidenti, e un po’ anche a noi.
A Prato risiede la seconda più grande comunità cinese in Italia, e via degli Orti del Pero è il centro amministrativo e del business della comunità. Ma non è l’unico distaccamento che le forze dell’ordine di Fuzhou, e in particolare il dipartimento che si occupa di controllare la diaspora cinese, hanno inaugurato: Liu Rongyan, direttore dell’Ufficio per la polizia dei cinesi all’estero, che fa parte del dipartimento di pubblica sicurezza di Fuzhou, a fine gennaio ha annunciato l’apertura di trenta stazioni simili, in 25 città di 21 paesi diversi.













