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ATTUALITÀ | 24 settembre 2022, 08:00

PARLANO LE URNE MENTRE RINTRONANO I RUMORI DELLA GUERRA

Fino all’ultimo, le forze politiche hanno preferito accusare e litigare piuttosto che discutere su questo presente grave ed oscuro che non garantisce nulla di buono

PARLANO LE URNE MENTRE RINTRONANO I RUMORI DELLA GUERRA

Siamo arrivati al dunque:non si torna indietro e le urne ci consegneranno vinti e vincitori. Il lungo addio alla Regina ha spezzato la campagna elettorale, ma poi la cagnara e le polemiche hanno ripreso il sopravvento.

Fino all’ultimo, le forze politiche hanno preferito accusare e litigare piuttosto che discutere su questo presente grave ed oscuro che non garantisce nulla di buono. Sono rimbalzate accuse e promesse che hanno lasciato intatto il terreno dello scontro; non parliamo delle divisioni, delle proposte altisonanti per catturare il consenso e della solita politica “politicienne”.

Tutto ciò è imbarazzante, perché siamo immersi in una guerra costosa in termini di vite umane e piena di conseguenze negative sul respiro economico di tutta l’Europa. Le attività produttive sono osteggiate dai costi energetici e le stesse famiglie sono allo stremo per via di bollette impossibili e di ingiustizie sociali.

Sono in tanti a rimpiangere i tempi passati, quando chi vinceva le elezioni dava risposte e governava e chi le perdeva faceva opposizione. Adesso, si punta a ridimensionare la vittoria degli avversari per poter riattivare il classico “inciucio” che è la specialità dei poteri e dei palazzi romani sin dai tempi di Marco Aurelio, l’imperatore filosofo che – circondato dai pretoriani -  seppe conciliare il trono con la ragione di Stato. Egli diceva: “Niente accade mai che non si sia per natura capaci di sopportarlo”.

Tutto torna, anche ciò che non si è mai mosso per l’inerzia di una classe politica interrotta dalla incompetenza. Sono in tanti – troppi -  a pontificare sui destini dell’Italia ripetendo formule e ricette tutte da dimostrare. L’arrembaggio verso il seggio è l’unica stella polare di chi ha deciso non per amor patrio bensì per orgoglio personale di meritarsi un posto a Montecitorio o a Palazzo Madama.

Nessuna remora a fare sei legislature, mentre le nuove leve stanno a guardare la carrozza che passa. I problemi della gente, il lavoro, il caro-vita, l’enorme debito pubblico,  la formazione professionale, l’interesse comune dei cittadini vengono dopo, sempre dopo: prima il seggio, prima il posto a tavola, poi si vedrà.

Le alleanze, la coerenza il rispetto delle promesse possono aspettare. Si galleggia, in attesa che le proteste calino nel vuoto delle piazze deserte. Troppe difficoltà vengono lasciate in ombra dalla politica e si crea così un distacco tra il Paese reale e quello seduto in alto, quello che si è dimenticata – come diceva Aldo Moro il 13 marzo del 1947 in piena Assemblea - : “l’affermazione dei valori supremi della dignità e della vita sociale”.

gianfrancofisanotti@gmail.com

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