Dappertutto, nel vasto territorio parmense, aleggia lo spirito libero, lieve e dolce di Maria Luigia, amata, generosa e illuminata sovrana di quei luoghi e imperatrice di Francia.
L'affascinante e disinvolta Maria Luigia veniva da lontano: era nata a Vienna il 12 dicembre 1791, figlia primogenita dell’arciduca Francesco (prossimo a diventare imperatore d’Austria e del Sacro Romano Impero) e di Maria Teresa di Borbone Napoli, destinata a morire di parto alla tredicesima gravidanza.
La rivoluzione francese aveva diffuso idee sorprendenti, ma la principessa ricevette un’educazione cattolica tradizionale, studiata per prepararla a un matrimonio politico. Conosceva alla perfezione moltissime lingue straniere, compreso il turco; studiava la musica, il diritto, la storia. Adorava il ricamo, gli animali, i fiori. Odiava la caccia.
Biondissima, fragile, sensibile, elegante e alla perenne ricerca di punti di riferimento affettivo, Maria Luigia si affezionò particolarmente alla terza moglie di suo padre, che aveva soltanto qualche anno più di lei: Maria Lodovica d’Austria Este.
Le nozze con Napoleone Bonaparte vennero programmate per motivi diplomatici e Maria Luigia non ne fu affatto entusiasta. Non molti anni prima, i francesi avevano tagliato la testa della sua infelice prozia, Maria Antonietta. Inoltre il celebre corso era noto come un mangiapreti.
Ma le principesse venivano educate all’obbedienza e suo malgrado, appena diciottenne, l' infelice Maria Luigia sposò Napoleone per procura, a Vienna, l’undici marzo 1810, per suggellare la pace tra Francia e Austria, dopo la sconfitta subita dagli austriaci durante la recente battaglia di Wagram. Subito dopo, partì per Parigi.
Le nozze civili ufficiali avvennero a Saint Cloud, quelle religiose vennero celebrate invece al Louvre, sebbene parecchi cardinali protestassero perché il divorzio dell’imperatore non era stato avallato dal pontefice. I festeggiamenti furono stupendi.
Napoleone aveva amato sinceramente la sua prima moglie, Giuseppina, ma dall’unione non erano nati eredi: la sterilità era stata una delle cause principali del loro divorzio.
Maria Luigia divenne invece trionfalmente madre di bel maschietto: l’aiglon (l’aquilotto), Napoleone Francesco, nato il 20 marzo 1811, dopo dodici ore di impegnativo travaglio.
La puerpera finì per affezionarsi al marito, che l’adorava.
Il popolo francese in generale e la numerosa famiglia d’origine dell’imperatore in particolare non nascondevano la loro avversione per “l’austriaca”. Del resto, i parenti di Napoleone avevano già largamente contribuito a guastare l’intesa con la prima consorte, Giuseppina.
Lontana dalla corte in cui era cresciuta, separata dal suo unico figlio da una schiera di balie e istitutrici, aspramente ridicolizzata da suocera e cognate, Maria Luigia si consolava praticando concreta e compassionevole beneficenza.
Quando la stella di Napoleone tramontò definitivamente, non seguì il marito in esilio. Tornò in Austria insieme al giovanissimo Francesco. Suo padre le assegnò allora il ducato di Parma, Piacenza e Guastalla. Pur potendosi recare liberamente all’isola d’Elba, dove il consorte viveva prigioniero, non lo rivide mai. Anche il suo figlio rimase in Austria. La famiglia imperiale era distrutta. Irrimediabilmente divisa.
I parmigiani si affezionarono subito a quella che definivano “la buona duchessa” e in quel territorio ridente, pacifico, ricco di risorse gastronomiche e tanto diverso dalla corte austriaca Maria Luigia, che era golosa e appassionata, rifiorì e si ridestò liberamente alle gioie della buona tavola e dell’amore.
Il padre aveva posto al suo fianco un ufficiale guercio, Adam Albert Von Neipperg, e i due si innamorarono perdutamente l’uno dell’altra. Maria Luigia decise finalmente di ribellarsi alle convenzioni. Ai sovrani era vietato sposarsi con chiunque non vantasse identiche origini. Ma lei, subito dopo la morte di Napoleone, si avvalse di un privilegio concesso solitamente ai sovrani maschi: contrasse nozze morganatiche, incurante delle critiche. Si tratta di un vincolo tra persone di rango differente che impedisce al coniuge meno altolocato di ereditare titoli e proprietà dall’altro. Di solito erano i sovrani maschi a servirsi di questo escamotage. Ma Maria Luigia lo rivendicò per se stessa.
La coppia era già stata allietata, in clandestinità, dall’arrivo di due bambini: Albertina e Guglielmo, che la madre non poteva riconoscere ufficialmente, ma che crebbero di fatto con lei e con il papà, sebbene non potessero risiedere nel palazzo materno, ma venissero sistemati prima presso la famiglia del dottor Giuseppe Rossi, poi in una dependance. Altre due creature, Matilde e Gustavo, morirono ancora piccole.
A Vienna, Francesco cresceva sinceramente amato dal nonno: ma la madre riusciva ad incontrarlo raramente.
Grazie a Maria Luigia, Parma rifioriva. La sovrana desiderava che i suoi sudditi fossero il più possibile sereni e in buona salute, con un occhio di riguardo per la condizione femminile: nel settembre 1817 inaugurò la Clinica Ostetrica Universitaria. Garantì agli ammalati psichici una permanenza confortevole in un ex convento ampio e luminoso, detto Ospizio dei Pazzerelli. Fronteggiò accanto alla popolazione un’epidemia di colera nel 1836, istituendo dei premi per chiunque contrastasse scientificamente il diffondersi del morbo. In seguito, favorì ogni forma attendibile di prevenzione per evitare anche il dilagare del tifo.
Fece costruire un magnifico ponte sul fiume Taro, progettato dall’ingegner Cocconcelli. In occasione dell’inaugurazione, assegnò una dote di 250 nuove lire parmigiane a ventiquattro ragazze da marito. Un altro ponte sorse sul Trebbia. Opere preziose per ovviare i disagi provocati dalle piene fluviali.
Dopo aver fatto restaurare il Teatro Farnese, Maria Luigia fece costruire il Teatro Ducale, ora Teatro Regio. La duchessa impose prezzi d’entrata bassi perché anche i meno abbienti potessero avvicinarsi alla cultura e alla musica liberamente.
Favorì l'istruzione delle bambine e delle ragazze.
Promosse la coltivazione delle stupende violette di Parma, tuttora emblema della città. La duchessa amava i fiori, inoltre la violetta era un simbolo bonapartista, perché anche Napoleone, detto “Caporal Violet” in gioventù, prediligeva questo fiore delicato. Maria Luigia, aldilà di ogni significato politico, ne fece un simbolo di umiltà e bellezza. Tuttora a Parma si trovano saponette, profumi, fragranze e dolci a base di soavi violette. La violetta è entrata nella storia, nei cuori e in cucina.
Per i suoi figli, fece edificare la villa del Ferlaro.
Il 22 luglio 1832, moriva a Vienna l'unico figlio legittimo di quella mamma indubbiamente sfortunata e provata più volte dal lutto: lo splendido principe Francesco, un giovane di radiosa avvenenza, venne ucciso dalla tubercolosi. La madre venne volutamente tenuta all’oscuro del suo stato e riuscì a riabbracciarlo soltanto in extremis.
Otto anni dopo il matrimonio, anche Adam Albert morì. Il 17 febbraio 1834, Maria Luigia contrasse nuove nozze morganatiche, unendosi al conte francese Charles-René de Bombelles. Trascorse il resto della sua movimentata esistenza circondata dall’affetto dei figli e dei nipoti, protetta da un marito che l’assecondava e dalla devozione indiscussa dei parmigiani, distinguendosi per buon cuore, intelligenza e spirito d’iniziativa.
Una pleurite la uccise a cinquantasei anni e fu sepolta nella cripta imperiale a Vienna, accanto a suo figlio. Ma tutto a Parma ci parla di lei.
Che non volle tornare in Austria quando poteva farlo, asserendo che voleva "rimanere tra i parmigiani" che tuttora la ricordano con innumerevoli aneddoti e ricette.
"Maria Luigia D'Asburgo" è stampato da Selides Edizioni, pag. 207, euro 16. www.soncinieditore.it