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CULTURA | 09 dicembre 2021, 10:30

L’AUTONOMIA VALDOSTANA E’ UN DIRITTO O UNA CONCESSIONE AI SUDDITI “INTRA MONTES ?”

Appuntamento settimanale del giovedì con Gianfranco Fisanotti sui temi dell'autonomia valdostana, sulla sua evoluzione, sulla sua involuzione, sui personaggi che hanno creato le premesse e su chi non ha saputo valorizzarla

L’AUTONOMIA VALDOSTANA E’ UN DIRITTO O UNA CONCESSIONE AI SUDDITI “INTRA MONTES ?”

Si sente spesso parlare di “visione” per indicare la capacità della politica di porsi in linea con le esigenze della Comunità in un’ottica che guardi all’avvenire, tutelando il destino dei popoli della Terra e difendendo i loro secolari diritti spesso attraversati dai miasmi di poteri scomposti come nel caso della Valle d’Aosta mutilata della proprietà delle acque, una ricchezza tramandata da oltre otto secoli di Storia. Il Professor Dino Vierin, Presidente del Governo Regionale Valdostano, non solo ha avuto tale visione autonomistica,  ma è riuscito addirittura a realizzarla siglando il 19 aprile del 2000, un “Accordo Quadro” con l’Ing. Franco Tatò (ENEL) e con il compianto Presidente Francesco Guerrieri (FINAOSTA) per l’acquisto di ben 26 impianti attivi sul territorio valdostano e di un impianto situato a Quincinetto al costo finale di 780 milioni di Euro, riportando in Valle d’Aosta la titolarità della concessioni.

E’ stata un’impresa finanziaria ciclopica, ma anche il più grande investimento produttivo e positivo sia sul piano dell’occupazione  sia su quello della demanialità delle acque valdostane. Nella prossima puntata vedremo il percorso storico-giuridico della questione della acque risalendo ai diritti di utilizzo delle nostre acque nel Medio Evo grazie al fondamentale memorandum del Presidente Vierin illustrato nel novembre del 2019 in occasione di un incontro informativo sulla sorte della CVA organizzato dal SAVT. Teniamo presente che il debutto di CVA sui mercati finanziari con la emissione di un prestito – con la prima emissione obbligazionaria per un importo di 50 milioni di Euro con scadenza il 22 novembre del 2028 – non sposta di un millimetro il tema cruciale della demanialità delle acque valdostane dinnanzi ai limiti della legge Madia ed alla imponente sfida imposta dagli obblighi della “concorrenza”.

Il Governo Valdostano dovrebbe fare tesoro della competenza del Prof. Dino Vierin per individuare il percorso migliore in grado di garantire la tutela dei superiori interessi della Valle d’Aosta, malgrado la ridotta competenza statutaria  e l’incombere pressante della politica di Roma.

DINO VIERIN

Tra i Presidenti capaci di avere, ma anche di realizzare, una “visione autonomistica” di assoluto rilievo, debbo ricordare il Prof. Dino Vierin che il 19 aprile 2000, nella sede di Place Deffeyes ad Aosta, ha siglato un “Accordo Quadro” con l’Ingegner Franco Tatò amministratore delegato dell’Enel e con il Presidente della Fin Aosta Francesco Guerrieri, accordo che comportava la vendita da parte dell’Enel alla Regione Valle d’Aosta di ben 26 impianti attivi sul territorio valdostano e di un impianto situato a Quincinetto in Piemonte: grazie a questo grande impegno, è stata riportata in Valle d’Aosta la titolarità delle concessioni. Un’impresa finanziaria ciclopica il cui  costo finale è stato di 780 milioni di Euro con ricadute altamente positive per l’occupazione e per le casse della Regione.

Questa operazione ha posto riparo al  processo di nazionalizzazione compiuto dallo Stato negli anni ’60 ai danni dell’Autonomia valdostana, malgrado i primi tre commi dell’Art. 7 dello Statuto speciale, legge costituzionale. Purtroppo, l’art.7 reca un quarto comma:  “La concessione è subordinata, in ogni caso, alla condizione che lo Stato non intenda far oggetto le acque di un piano di interesse nazionale”. Questa debolezza intrinseca dell’Ordinamento statutario nasce dall’avere, in occasione del varo del D.L. 7.9 .1945, ignorato l’art. 8 del progetto di autonomia di J. Stevenin che riconosceva alla Regione la proprietà di tutte le acque pubbliche e delle ricchezze del sottosuolo. Infatti, l’art. 10 del citato D.L. 7.9 .1945 riconosceva la competenza amministrativa della Regione V.D.A. solo per la “gestione, a mezzo di aziende speciali di servizi pubblici di natura industriale e commerciale, relativi a prodotti, impianti di energia elettrica” ecc. ecc. .

Certo, il potere contrattuale della piccola Valle d’Aosta non poteva competere con la volontà dello Stato di creare come Ente pubblico, verso la fine del 1962, un colosso come l’ENEL che dal 1992 è divenuta una società per azioni e che dopo la liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica nel 1999 è stata quotata in borsa. Oggi la C.V.A. è una società di diritto privato interamente partecipata dalla Regione V.D.A. tramite la Finaosta e come tale assoggettata alla legge Madia, cioè al Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica del 19 agosto 2016 n. 175. È evidente che la legge Madia pone limiti alle prospettive di crescita della C.V.A sia per le difficoltà di operare in un mercato basato sulla concorrenza sia per le limitazioni sulla possibilità di partecipare a gare per il rinnovo delle concessioni idroelettriche.

E’ evidente che, se C.V.A continuerà ad essere interamente partecipata dalla stessa Regione V.D.A. che deve assegnare le concessioni, verrà a crearsi un evidente conflitto d’interesse penalizzato appunto proprio dallo “status” della partecipata sulla quale pende la spada di Damocle dell’anno 2029 allor quando andranno in scadenza le concessioni di derivazioni e sarà d’obbligo indire le gare per i rinnovi, così come previsto dal Decreto semplificazioni dell’11 febbraio 2019, n. 12. Dinnanzi alla inevitabile e cogente  applicazione della legge Madia l’unica via percorribile pare essere quella di quotare in Borsa Italiana almeno una parte delle azioni.

Permangono, comunque, molti limiti alle possibilità di emancipazione industriale della CVA perché si tratta di andare ad operare sul mercato  con una concorrenza accanita ed a fronte di processi decisionali che esigono rapidità d’intervento. Con la quotazione, la C.V.A. andrebbe a confrontarsi con i principali operatori integrati globali sia in ambito di elettricità che di gas focalizzato sull’Europa e sull’America Latina, come l’ENEL che gestisce un “sistema centrali” differenziato: idroelettrico, termoelettrico, nucleare, eolico, fotovoltaico, geotermico e nucleare. L’ENEL: un gigante con un portafoglio di oltre 75 milioni di clienti, con una rete di 2,3 milioni di Km. ed una capacità di distribuzione in 47 Paesi del mondo, davvero performante.

Non c’è tempo da perdere ed occorre trovare una soluzione che rispetti i diritti statutari della Valle sulle acque più volte mortificati anche per l’eterna riserva che, sin dal 1948, lo Stato ha voluto costituire per la salvaguardia prioritaria dell’interesse “nazionale”, un interesse che rende problematiche persino le norme d’attuazione dello Statuto:  solo una norma di attuazione può derogare ad una legge dello Stato salvaguardando i diritti della Vallée.

TORNA ALLA MEMORIA LA “TRACCIA” DEL MEMORANDUM DI CHABOD

Torna alla memoria la “traccia” del memorandum di F. Chabod nel capitolo dedicato alle “questioni economiche”.  Dice Chabod: “Già ci siamo soffermati sul problema delle acque e del loro sfruttamento. La maggior ricchezza di cui la Valle d’Aosta disponga è tale, abbiamo già visto, finchè essa resti politicamente congiunta con la Valle Padana; perché allora, ottenendo che le acque siano dichiarate di proprietà della Regione della Valle d’Aosta (e questa dovrebbe essere una delle richieste essenziali: si avrebbe il diritto di imporre un canone di affitto ad ogni impresa  idroelettrica…)”. Fuori dalla diplomazia, se la Valle d’Aosta si aggancia alla valle Padana, cioè all’Italia, le acque potrebbero essere dichiarate “proprietà della Regione della Valle d’Aosta”;  purtroppo, invece – come abbiamo visto sin dalla votazione sullo Statuto speciale - malgrado la confermata fedeltà della Valle d’Aosta verso la  “grande Patrie”, la proprietà delle acque è finita nell’imbuto di interessi e di preferenze nazionali del tutto indifferenti ai diritti secolari del popolo valdostano. Le promesse non mantenute hanno consegnato il destino economico della Vallée  alla bontà dei Governi in carica, alla politica dei “rubinetti”, in parole semplici alla sottomissione.

FONDAMENTALE ED AMPIAMENTE DOCUMENTATO IL MEMORANDUM DEL PRESIDENTE

DINO VIERIN SULLA DEMANIALITA’ DELLE ACQUE VALDOSTANE

PREMESSA: In data 4 agosto 2021 mi sono permesso di disturbare il Presidente Dino Vierin per avere lumi certi sul futuro della CVA. La risposta, molto esauriente e competente, non si è fatta attendere e ricostruisce in dettaglio sia la storia dei diritti secolari facenti parte degli “iura regalis”, cioè riservati all’imperatore sin dal Medio Evo, sia tutti i passaggi durante la vita del ducato sia il lungo e pesante contenzioso che ha afflitto la Valle d’Aosta ad iniziare dalla legge Bonomi del 1915 per finire alle transazioni illegittime imposte dal Regime, alla nazionalizzazione varata con la legge istitutiva dell’ENEL, alle pronunce della Corte Costituzionale in danno della Regione, alle occasioni offerte nel 1999 dal Decreto Bersani, alla intesa per la cessione del ramo d’azienda ENEL in Valle d’Aosta confluito poi nella CVA “società costituita nel 1995 a seguito dell’acquisizione da parte della Regione, nell’ambito dell’operazione “Cogne”, delle tre centrali idroelettriche di proprietà dell’ILVA”.

Desidero portare a conoscenza del grande pubblico Valdostano, proprio  per l’importanza strategica ed economica che riveste per la nostra economia la CVA, il “rapporto” che il Presidente  Dino Vierin ha presentato nel novembre del 2019 durante un incontro informativo sulla sorte della CVA organizzato dal SAVT.

Gian Franco Fisanotti/ascova

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