E' nei programmi di governo regionale, ma è finita nel dimenticatoio. Eppure è la chiave di volta per una vera rinascita della politica in Valle d'Aosta, ormai impaludatasi in giochi sotterranei di potere, traccheggiamenti vari, ipocrisie e biblici rinvii.
Certo, se guardiamo alla storia politica valdostana, parlare di riforma elettorale è, l'ho già scritto, come parlare di corda in casa dell'impiccato. Fa troppo comodo presentarsi all'elettorato con un programma e poi, una volta eletti, cambiare le carte in tavola per l'acquisizione, comunque, di una fetta di potere.
Si parla tanto di una mancanza di classe dirigente e di una vera leadership in Valle, ma ciò non si può realizzare se non si cambiano le regole del gioco. E quali sono le regole necessarie? E' bene a questo punto fare un po'' di storia per rinfrescarci la memoria. Nel giugno 1970 si svolgono le prime elezioni regionali nelle 15 regioni a Statuto ordinario (quelle a Statuto speciale erano già previste in Costituzione.
Nel marzo 1993 viene approvata la legge che prevede l'elezione diretta dei Sindaci di tutti i Comuni italiani. Questa legge nazionale viene recepita in Valle, che ha potestà primaria in materia, nel 1995. La legge costituzionale del novembre 1999 introduce l'istituto della elezione diretta del Presidente della Giunta nelle regioni a Statuto ordinario.
Tale istituto, nel 2001, viene esteso anche alle Regioni a Statuto speciale con norme diversificate. Per la Valle d'Aosta la norma costituzionale affida alla legge regionale il potere decisionale in materia di forma di governo.
Cosa accade dopo?
Tutte le regioni, comprese le autonome, sulla base degli ottimi risultati in materia di stabilità ottenuti per i Sindaci, si adeguano all'elezione diretta del Presidente della Giunta, la sola Valle d'Aosta decide di non adeguarsi. E così, mentre la democrazia, con l'elezione diretta dal popolo, si rafforza ovunque garantendo stabilità governativa, in Valle d'Aosta si continua con i giochi di potere attuali che consegnano ai cittadini lo spettacolo indecente di crisi continue, immobilismi, accordi segreti e chi più ne ha più ne metta.
Cosa ci serve, allora, per mettere fine a questa sorta di blocco esistenziale?
Una riforma elettorale regionale che fissi, tra gli altri, alcuni principi basilari:
1) elezione diretta del Presidente della Giunta (le alleanze si fanno prima e si mantengono dopo);
2) elezione diretta del Governo della Regione;
3) incompatibilità tra assessori e consiglieri regionali (chi viene nominato assessore si dimette da consigliere e viene sostituito da chi lo segue in lista per numero dei voti);
4) il Consiglio regionale, se ha i numeri, può sfiduciare Presidente e Giunta, tornando così al voto;
5) abbassamento della soglia elettorale minima al 4%, consentendo rappresentatività anche alle formazioni minori. Questa proposta elettorale è già da tempo a impolverarsi nei cassetti del Consiglio Regionale: cosa si aspetta ad approvarla?