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CRONACA | 19 febbraio 2018, 12:03

'Ndrangheta: Coinvolge la 'ndrina dei Nirta maxi operazione antriciclaggio e frode di Dia e GdF

'Ndrangheta: Coinvolge la 'ndrina dei Nirta maxi operazione antriciclaggio e frode di Dia e GdF

Coinvolge alcuni membri della 'ndrina dei Nirta, l'operazione antindrangheta denominata 'Martingala' condotta oggi dagli investigatori della Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria,  e quelli del Comando provinciale della Guardia di Finanza reggina. Dia e Fiamme Gialle hanno eseguito un provvedimento di 27 fermi ad altrettanti 'indiziati di delitto' emesso dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria; sono tutti ritenuti responsabili a vario titolo dei reati di associazione mafiosa, riciclaggio, autoriciclaggio, reimpiego di denaro, beni, utilità di provenienza illecita, usura, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, trasferimento fraudolento di valori, frode fiscale, associazione a delinquere finalizzata all’emissione di false fatturazioni, reati fallimentari ed altro.

Le indagini - condotte sotto la direzione dei sostituti procuratori della Dda  Stefano Musolino e Francesco Tedesco ed il coordinamento del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e del procuratore vicario Gaetano Calogero Paci - hanno consentito di accertare l’esistenza "di un articolato sodalizio criminale - spiega la Guardia di Finanza - dedito alla commissione di gravi delitti, con base a Bianco (RC) e proiezioni operative non solo in tutta la provincia reggina, ma anche in altre regioni italiane e persino all’estero". Gli elementi di vertice dell’organizzazione sono stati identificati in Antonio Scimone,  principale artefice del meccanismo delle false fatturazioni e vero 'regista' delle movimentazioni finanziarie dissimulate dietro apparenti attività commerciali –nonché in Antonio Barbaro (cosca Barbaro 'I Nigri'),  Bruno Nirta (cosca Nirta-Scalzone) e suo figlio Giuseppe". L’organizzazione "poteva contare su un gruppo di società di comodo, comunemente definite 'cartiere', che venivano sistematicamente coinvolte in operazioni commerciali inesistenti, caratterizzate dalla formale regolarità attestata da documenti fiscali ed operazioni di pagamento rivelatesi tuttavia, all’esito delle indagini, anch’esse fittizie".

Le società avevano sede in vari paesi dell’Unione Europea (Croazia, Slovenia, Austria, Romania) e dopo non più di un paio di anni di attività,venivano sistematicamente trasferite nel Regno Unito e cessate. "Tutto ciò  - si legge in una nota delle Fiamme Gialle - era ovviamente funzionale ad evitare accertamenti, anche ex post, sulla loro contabilità. Le fittizie operazioni hanno consentito al sodalizio di mascherare innumerevoli trasferimenti di denaro da e verso l’estero, funzionali alla realizzazione di molteplici condotte illecite, quali 'in primis' il riciclaggio ed il reimpiego dei relativi proventi". Secondo le Fiamme Gialle 'questo meccanismo fraudolento, mediante la predisposizione di false transazioni commerciali, ha costituitoil volano per l’instaurazione di articolati flussi finanziari tra le aziende degli indagati e le società di numerosi 'clienti' che di volta in volta si rivolgevano agli stessi per il soddisfacimento di varie illecite finalità, tra cui la frode fiscale. Gran parte di questi clienti erano imprenditori espressione, direttamente o indirettamente, delle cosche di ‘ndrangheta operanti sul territorio dei tre mandamenti". 

Le approfondite indagini finanziarie portate a termine dagli uomini della Dia hanno consentito di accertare che "attraverso questo collaudato meccanismo fondato sulle operazioni fittizie, Antonio Scimone e i suoi sodali riuscivano a far transitare dai conti delle società cartiere flussi finanziari per diverse centinaia di migliaia di euro al mese. Questo vorticoso giro di denaro aveva termine direttamente in Italia mediante bonifici a società di comodo, oppure sui conti di società estere. Da detti conti il denaro veniva successivamente prelevato e riportato in contanti in Italia".

L’organizzazione 2ha dimostrato anche una notevole capacità di infiltrarsi nella gestione ed esecuzione di appalti pubblici. Ciò è avvenuto con varie modalità, ad esempio con la predisposizione di contratti di Joint Venture, o anche tramite i contratti di 'nolo a freddo': tali strumenti contrattuali venivano sviati dalle loro cause tipiche; nelle mani di Scimone diventavano flessibili strumenti funzionali all’esigenza di drenare, in modo apparentemente lecito, denaro da società che si erano aggiudicate appalti pubblici".

Oltre ai fermati, a conclusione della  lunga e laboriosa attività d’indagine, sono state denunciate, a vario titolo, 46 persone. "In considerazione della tipologia dei reati contestati - prosegue la Guardia di Finanza - che consentono, in massima parte, la confisca, è stato richiesto ed ottenuto il sequestro preventivo di 51 società con sede in varie regioni d’Italia ed anche all’estero, 19 immobili e disponibilità finanziarie per un ammontare complessivo di circa 100 milioni di euro".

In concomitanza con l’operazione Martingala, il Gico del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Firenze, e il Reparto Operativo-Nucleo Investigativo dei carabinieri del capoluogo toscano, ha fatto luce, sotto la direzione della Procura distrettuale antimafia di Firenze, sul riciclaggio/reimpiego nel tessuto economico toscano dei proventi illeciti conseguiti dall’associazione capeggiata da Scimone, Barbaro e dai Nirta. All’esito delle indagini, la Guardia di finanza e i carabinieri di Firenze hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 14 persone, oltre al sequestro preventivo di 12 società e disponibilità finanziarie.

L'attività è stata svolta con il coordinamento della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo.

p.g.

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