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AMBIENTE | 22 maggio 2013, 05:00

DIGHE: Pronta la prima carica per l’abbassamento del fronte della diga di Beauregard di Valgrisenche

Dopo le volate di prova che sono state effettuate nel corso del mese di dicembre 2012 e nel maggio 2013, venerdì 24 maggio 2013 si terrà la prima esplosione che segna il via dei lavori di demolizione della grande muraglia

Opere di cantierizzazione-maggio giugno 2012 (fonte Cva)

Opere di cantierizzazione-maggio giugno 2012 (fonte Cva)

I lavori di ristrutturazione della diga di Beauregard a Valgrisenche sono monitorati da un tavolo tecnico di cui fanno parte, oltre che Cva, anche la Protezione civile regionale e il Dipartimento difesa del suolo e risorse idriche. E’ forse la prima volta che si compie un intervento del genere al mondo. La società incaricata del progetto, dall’esperienza pluridecennale nella costruzione di dighe. I lavori dovrebbero terminare nel 2015 e comporteranno l'abbattimento di 52 degli attuali 132 metri di altezza del fronte. Il materiale di risulta sarà utilizzato per il riempimento dell’invaso. L’intervento ha un costo di 20 mln di euro e sarà eseguito dal Consorzio Barrage Beauregard, costituito dalle imprese Cogeis Spa, Costruzioni stradali Bgf Srl, Ivies Spa e Flli Clusaz Srl.

La Storia della dida raccontata da Cva.

La vicenda della costruzione della grande diga di Beauregard in Valgrisenche ad iniziativa della Società Idroelettrica Piemonte (SIP), tra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Sessanta, costituisce un capitolo a se stante della storia dello sfruttamento delle risorse idroelettriche valdostane nel XX secolo, per il grande impatto paesaggistico – si tratta della seconda diga, per dimensioni, della Valle d'Aosta, superata successivamente solo dalla diga di Place-Moulin nella Valpelline – e soprattutto per le sue notevoli conseguenze sociali ed economiche. Le limitazioni sempre più restrittive dell'invaso, a cui il serbatoio viene sottoposto fin dagli anni delle prove di collaudo a causa di un sensibile movimento della sponda orografica sinistra della vallata, segnano infatti in maniera rilevante le sorti della Valgrisenche, anche e soprattutto sotto il profilo umano.nascondi tutto   La Valgrisenche, il territorio meno antropizzato e più nevoso dell'intera Valle d'Aosta, percorsa dalla Dora di Valgrisenche, affluente di destra della Dora Baltea, suscita l'interesse della SIP sin dagli anni Venti e Trenta del XX secolo. Di quel periodo sono le prime ipotesi di utilizzo delle risorse idriche del vasto bacino imbrifero della vallata, esteso per 93,60 km2, in parte di origine glaciale (14 km2), con rilievi superiori ai 3.000 m slm che raggiungono la massima altezza nei 3.747 m dell'Aiguille della Grande-Sassière. In quegli stessi anni la SIP, azienda in piena espansione nel panorama nazionale, sta realizzando importanti impianti in altre zone alpine (in Piemonte, al Moncenisio; in Lombardia, in Val Brembana), mentre in Valle d'Aosta sfrutta già le acque del Lys (lago del Gabiet e centrale di Pont-Saint-Martin) e dell'Evançon (centrale di Isollaz). Il fiore all'occhiello dell'azienda consiste soprattutto, però, nella valorizzazione razionale e sistematica dell'asta idraulica del Marmore, in cui essa costruisce in quegli anni un articolato e funzionale impianto a regolazione (serbatoi del Goillet, Perrères e Cignana, centrali di Maën, Covalou e Châtillon). È solo dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale che prende forma concreta il grandioso progetto di sfruttamento dell'alto corso della Dora di Valgrisenche, con la costruzione di una sottostante importante centrale di produzione idroelettrica. Il nuovo impianto a serbatoio stagionale di Beauregard-Avise (da realizzarsi secondo il classico schema serbatoio/opera di presa/galleria di derivazione/pozzo piezometrico/condotta forzata/centrale con gruppi/scarico a pelo libero) si colloca precisamente nel contesto del cosiddetto "miracolo economico" italiano, l'eccezionale fase di espansione vissuta dal nostro Paese a partire dalla metà del XX secolo. Le impellenti necessità della ricostruzione postbellica e la rapida ripresa dei vari settori produttivi nazionali fanno impennare la domanda di energia su scala nazionale; l'elettrificazione gioca un ruolo di primo piano nella ripresa e crescita del sistema produttivo. Il settore elettrico è per lungo tempo, sino alla vigilia della nazionalizzazione (1962), il comparto più dinamico quanto a volume di investimenti e concentrazione di capitali. In particolare si guarda con crescente interesse alle possibilità di sfruttamento delle risorse idriche del massiccio alpino e alla funzione integratrice dei serbatoi stagionali. Grande è dunque l'impegno profuso nel settore idroelettrico nella realizzazione di nuovi impianti, nell'ingrandimento di quelli già operanti e nell'opera di rinnovamento degli apparati elettrici di grande potenza (turbine, alternatori, trasformatori). Le dighe costruite o in costruzione in Italia nel decennio 1951-1960 non sono meno di 135 (di cui un centinaio di altezza superiore a 30 metri). A livello nazionale si passa dalle 237 dighe ultimate nel 1950 alle 370 del 1960. "Elettrosip", la rivista mensile aziendale della Società Idroelettrica Piemonte, tra il 1949 e il 1958 aggiorna costantemente i suoi lettori sui progressi del grandioso cantiere di Avise, che sfrutterà le ricche disponibilità idrologiche della Valgrisenche. Nel 1949 risultano già ultimati i sondaggi preliminari e l'accertamento geologico e completate le opere preparatorie (allestimento dei vari cantieri e installazioni sussidiarie: teleferica per il trasporto del cemento, scavi e terrazze, strade di accesso per i mezzi a motore, rotaie per il trasporto dei materiali, alloggiamenti per gli operai, ecc.). I lavori, condotti dalle imprese Torno e Scavarda, si svolgono nella serie di stagioni estive comprese tra il 1951 e l'ottobre 1957. Il ritmo costruttivo è intenso; i cantieri richiedono in grande abbondanza mezzi, materiali e mano d'opera. Il costo complessivo si aggira sui 20 miliardi di lire. La deviazione della Dora di Valgrisenche viene ottenuta con un'avandiga a scogliera, dell'altezza di 12 metri, che utilizza per lo scarico delle acque la galleria dello scarico di fondo. L'opera muraria è alta 132 metri: il piano del coronamento, che ha uno sviluppo di 394 metri, sorge a 1772 m slm, mentre il punto più basso della superficie di fondazione è a 1640 m slm; la diga sbarra il corso della Dora di Valgrisenche in località Marioulaz, poco a monte del capoluogo. Le sue fondazioni si trovano a circa 40 metri al di sotto dell'alveo originale del torrente. Realizzata con una struttura ad arco gravità, simmetrica, a doppia curvatura, essa si appoggia sui due versanti della vallata, unendoli con una strada di raccordo percorribile in tutta la sua lunghezza. Il suo spessore massimo alla base è di 45,6 metri, quello minimo al coronamento di 5 metri. Gli inerti necessari per la produzione del calcestruzzo (complessivamente, per la realizzazione della diga, ne sono stati impiegati 430.000 m3) vengono estratti nella piana di Beauregard e preparati in un impianto di confezionamento più a valle, dove giunge anche da Runaz, per teleferica, il cemento in bidoni metallici. L'impianto di distribuzione è costituito da un complesso di gru, installate su apposite basi di calcestruzzo sui fianchi montani e sul fondovalle. Il calcestruzzo viene gettato entro casseri metallici, a partire dalla zona centrale della diga, e costipato con vibratori elettrici ad immersione. La diga viene progettata inizialmente per una capacità utile di 70.000.000 m3, che corrisponde ad una quota di massimo invaso prevista di 1770 m slm e ad una potenziale produzione dell'impianto di 286,410 GWh. In vista del riempimento del serbatoio stagionale, sono evacuati in via definitiva cinque villaggi abitati tutto l'anno, le cui case sono successivamente sommerse dalle acque, e due frazioni più alte, che si troveranno ad affacciarsi sulle sponde del lago: Beauregard (da cui prenderà il nome la diga), Sevey, Suplun, Fornet, Chappuis, Usellières e Surier. In realtà, la quota di massimo invaso, raggiunta sperimentalmente negli anni tra il 1960 e il 1963, viene ben presto ridotta. A seguito del collaudo definitivo, effettuato nel 1969, si decreta che essa non dovrà mai superare il livello di 1710 m slm, cosa che riduce la capacità utile del serbatoio a 6.800.000 m3, ossia circa un decimo della capacità reale. Inoltre, si decide che il monitoraggio della sponda sinistra della vallata dovrà essere condotto senza soluzione di continuità. Fin dall'inizio dei lavori, infatti, a fronte di un versante destro sano e compatto, di buona resistenza e tenuta, vengono rilevate come critiche le condizione della sponda sinistra. La cospicua documentazione d'archivio conservata attesta le lunghe e complesse discussioni tra i tecnici che seguono l'opera, in merito alla stabilità dell'opera. Tra il 1953 e il 1962 sono realizzati interventi di consolidamento e impermeabilizzazione che richiedono l'esecuzione di cunicoli per iniezioni e sottomurazioni, fino ad una profondità di circa 200 metri sul versante sinistro. Il materiale della "sacca" (così viene chiamato nelle perizie) è interamente sostituito con calcestruzzo, con complessi lavori di scavo e svuotamento; vengono realizzate strutture che formano sostegni e archi di volta, rinforzati con puntoni, per contrastare le spinte della roccia. Per una profondità di oltre 100 metri viene inoltre realizzato un diaframma impermeabile, a contorno di tutta l'opera, con iniezioni cementizie. Nel frattempo, nel 1954, si completa anche la costruzione della centrale di Avise, la cui sala macchine viene ricavata in caverna, su progetto dell'architetto Giovanni Muzio, ed è raggiungibile attraverso una galleria di circa 700 metri. Anche la condotta forzata, lunga 1580 metri, è posta interamente nel cuore della montagna, in una galleria rettilinea che collega la centrale con Monte Colombo, il luogo in cui, nel pozzo piezometrico, ha termine il canale derivatore della diga, lungo più di 11 km. Nel tunnel a fianco della tubazione si snoda una spettacolare gradinata composta da oltre cinquemila scalini, completamente illuminata, sulla quale può scorrere anche un carrello di servizio trascinato da un argano. Per aumentare la produzione annua di energia, nel 1985 si concludono i lavori di captazione di tre rii affluenti della Dora di Valgrisenche (il torrente Miollet, l'Orfeuille e il Planaval) con immissione diretta delle loro acque, attraverso pozzi profondi fino a 100 metri, nel canale derivatore in pressione, cosa che ha permesso l'ampliamento delle dimensioni del bacino imbrifero sino a 110 km2 e un aumento della produzione complessiva dell'impianto. 

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