Il pomeriggio è cominciato come una delle tante giornate di traduzioni tra Torino e Aosta, e invece si è trasformato nell’ennesimo bollettino di guerra dentro un sistema penitenziario che continua a crollare su sé stesso. Intorno alle 16:30 un giovane agente della Polizia Penitenziaria è stato brutalmente colpito al volto da un detenuto durante le operazioni di consegna e prelievo presso la Casa Circondariale di Brissogne. Un pugno improvviso, violentissimo, sferrato senza alcuna ragione apparente.
La scorta era partita da Torino alle 14:30 per tradurre un primo detenuto a Brissogne; poi, senza nemmeno tirare il fiato, era stata reimpiegata per il trasferimento di un secondo detenuto — questa volta uno straniero di origine tunisina — da Aosta verso Torino. A quel punto, nel momento in cui ogni operazione dovrebbe essere routine, tutto è saltato. Il colpo, il sangue nell’Ufficio Matricola, l’agente a terra, il caos.
Il giovane, ferito e in evidente stato di shock, è stato trasportato d’urgenza al Pronto Soccorso dell’ospedale di Aosta, dove è tuttora ricoverato. E qui arriva l’altra ferita, quella istituzionale: nessun supporto, nessuna vicinanza formale dalla struttura penitenziaria. Solo silenzio.
Il Segretario Generale di OSAPP, Leo Beneduci, non ci gira attorno: «Il carcere di Aosta è da tempo noto per la sua complessità e per il ripetersi di episodi intollerabili. Un agente aveva recentemente definito questo servizio come lavoro tossico, e purtroppo i fatti continuano a confermarlo: i poliziotti sono ormai bersaglio di una popolazione detenuta sempre più violenta e aggressiva.»
Non è un caso isolato. È un tassello di un disegno più grande, quello che racconta un sistema che si regge su organici insufficienti, turni massacranti, assenza di tutela e un livello di tensione che ormai ha superato la soglia dell’accettabile. E quando capitano aggressioni di questa gravità, è sempre la stessa storia: indignazione, comunicati, promesse. Poi tutto ricade nell’oblio.
Beneduci affonda ancora di più il colpo: «A nulla sono valsi i nostri reiterati appelli rivolti al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Confidiamo che intervengano presso le autorità penitenziarie, al momento assenti per l’adozione dei correttivi senza i quali il carcere continuerà ad essere un marasma senza organizzazione né finalità.»
La parola chiave è proprio questa: marasma. Perché oggi parlare di "gestione penitenziaria" è quasi un eufemismo. Tra carenze strutturali, aggressioni ripetute e una popolazione detenuta sempre più difficile da contenere, il carcere di Brissogne — e non solo — è la fotografia nitida di un’Italia che continua a ignorare il problema finché non ci scappa il morto.
E intanto un agente finisce in ospedale. Solo, senza supporto, senza uno Stato che gli faccia scudo.













