Salvatore Cernuzio – Roma
L’annuncio della vita — quella eterna, donata da Cristo — risuona tra le lapidi e le tombe dei defunti: Dio “eliminerà la morte per sempre. Egli l’ha sconfitta per sempre aprendo un passaggio di vita eterna, cioè facendo Pasqua, nel tunnel della morte, perché, uniti a Lui, anche noi possiamo entrarvi e attraversarlo”.
Papa Leone è nel Cimitero del Verano, dove celebra nel pomeriggio di oggi, domenica 2 novembre, la Messa in suffragio di tutti i fedeli defunti.
La Meditazione, la Speranza, la Carità e il Silenzio: le quattro statue monumentali, opera ottocentesca del Vespignani, sembrano vegliare sull’ingresso del Papa nel Quadriportico che segna il passaggio tra l’Urbe e questo museo a cielo aperto, di inestimabile valore storico e artistico.
Una città nella città, con i suoi 83 ettari di estensione, separata dalla caratteristica e altissima cinta muraria, dove il Pontefice ha scelto di celebrare la liturgia del 2 novembre, proseguendo la tradizione avviata dal predecessore Francesco sin dal 2013, quando volle recarsi nel noto sepolcreto di San Lorenzo per pregare per i defunti.
Una consuetudine proseguita negli anni successivi, con Messe in altri cimiteri di Roma e di Nettuno.
Leone XIV attraversa il Pincetto accompagnato dal sottofondo del Requiem intonato dalla Schola Cantorum.
Tutta la zona è transennata dal mattino; circa 2.500 uomini, donne, anziani, suore e sacerdoti si sono affrettati per prendere posto sulle sedie disposte nel piazzale, delimitato da file di lapidi e tempietti, simulacri ed edicole funerarie.
Intorno si scorgono angeli del dolore, Madonne piangenti, sculture di donne con in braccio i loro figli, busti, archi, cappelle, persino una statua della Lupa capitolina. Si vedono fotografie a colori o in bianco e nero, alcune risalenti ai primi anni di questo secolo.
A pochi passi dal sobrio palco allestito per la celebrazione papale — dove spicca l’altare dai profili dorati —, prima delle tombe di personaggi storici, scrittori e intellettuali, artisti e musicisti, si trova il sepolcro con la scritta in stampatello Garibaldi, che conserva i resti di Ricciotti Garibaldi, figlio dell’eroe italiano, e di altri discendenti.
Al Verano Leone XIV giunge in anticipo, alle 15.45, accolto da un applauso contenuto, consapevole del contesto e dell’occasione.
Accompagnato dal cardinale vicario Baldo Reina, il Papa saluta fuori dal Cimitero la vice-sindaca di Roma, Silvia Scozzese, e altre autorità.
Il primo gesto è di fermarsi davanti a una tomba, una delle prime collocate all'ingresso del Cimitero, sulla quale — sbiadita dal tempo — si legge l’incisione Antonia Coccia Nicolini e suoi. Sul marmo Leone depone un mazzo di rose bianche, si ferma qualche istante in preghiera e dà la sua benedizione: è un omaggio simbolico a tutti i defunti sepolti al Verano.
Con il loro ricordo inizia l’omelia del Pontefice: “Nel giorno della morte essi ci hanno lasciato, ma li portiamo sempre con noi nella memoria del cuore”.
Una memoria che “è viva”, afferma.
“Spesso c’è qualcosa che ci rimanda a loro, immagini che ci riportano a quanto abbiamo vissuto con loro. Tanti luoghi, perfino i profumi delle nostre case ci parlano di coloro che abbiamo amato e non sono più tra noi, e tengono acceso il loro ricordo”.
La celebrazione di oggi non vuole essere, però, solo un momento commemorativo:
“La fede cristiana, fondata sulla Pasqua di Cristo, ci aiuta infatti a vivere la memoria, oltre che come un ricordo passato, anche e soprattutto come una speranza futura”.
Dunque, “non è tanto un volgersi indietro, ma piuttosto un guardare avanti, verso la mèta del nostro cammino, verso il porto sicuro che Dio ci ha promesso, verso la festa senza fine che ci attende”, in cui la morte è eliminata per sempre.
“Non è un’illusione che serve a placare il dolore per la separazione dalle persone amate, né un semplice ottimismo umano — sottolinea Leone XIV —, è la speranza fondata sulla risurrezione di Gesù, che ha sconfitto la morte e ha aperto anche per noi il passaggio verso la pienezza della vita.”
Cristo, aggiunge il Papa ricordando una sua recente catechesi dell’udienza generale, “è il punto di arrivo del nostro andare. Lui garantisce l’approdo, ci conduce a casa, dove siamo attesi, amati, salvati”.
E questo approdo finale sarà “un incontro d’amore”. Lo stesso amore con cui Dio ci ha creati, lo stesso con cui suo Figlio “ci salva dalla morte”, e lo stesso che “con i nostri cari vuole farci vivere per sempre”.
“Allora è per questo — rimarca Leone XIV — che camminiamo verso la mèta e la anticipiamo, in un legame invincibile con coloro che ci hanno preceduto, solo quando viviamo nell’amore e pratichiamo l’amore gli uni verso gli altri, in particolare verso i più fragili e i più poveri”.
“La carità vince la morte. Nella carità Dio ci radunerà insieme ai nostri cari. E, se camminiamo nella carità, la nostra vita diventa una preghiera che si eleva e ci unisce ai defunti, ci avvicina a loro, nell’attesa di incontrarli nuovamente nella gioia dell’eternità.”
Da qui, l’invito ad affidarsi alla “speranza che non delude”:
“Guardiamo al Cristo Risorto e pensiamo ai nostri cari defunti come avvolti dalla sua luce; lasciamo risuonare in noi la promessa di vita eterna che il Signore ci rivolge. Egli eliminerà la morte per sempre”.
“Egli ci attende e, quando lo incontreremo al termine di questa vita terrena, gioieremo con Lui e con i nostri cari che ci hanno preceduto”, conclude.
“Questa promessa ci sostenga, asciughi le nostre lacrime e volga il nostro sguardo in avanti, verso quella speranza futura che non viene meno.”
La preghiera dell’“Eterno Riposo” conclude la celebrazione, quando già il buio cala sui cipressi del Verano.
Il Papa dà la sua benedizione a tutti i presenti: chi inchinato, chi in piedi a immortalare il momento con lo smartphone, chi, con i fiori in mano, pronto a recarsi alle tombe dei propri cari.
Rientrato in Vaticano, Leone XIV si è recato nelle Grotte della Basilica Vaticana per un momento di preghiera in privato per i Pontefici defunti.












