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Chez Nous | 23 ottobre 2025, 08:00

Politique et réalité

Politica e realtà

Politique et réalité

Ci sono documenti che, più che raccontare, rivelano. Il Rapporto della XVI legislatura del Consiglio Valle è uno di questi: non solo un bilancio numerico, ma il ritratto di un quinquennio che ha attraversato crisi, ricomposizioni e tentativi di riscatto. Cinque anni — dal 2020 al 2025 — iniziati in piena pandemia e conclusi alle soglie di un voto regionale che promette discontinuità.

A leggerlo con calma, questo rapporto è un mosaico di dati, riflessioni e orgoglio istituzionale. Ma sotto le righe affiora una domanda semplice: quanto la politica valdostana è riuscita a stare dentro la realtà?

Dai numeri emerge un Consiglio attivo, forse anche più del previsto: 418 sedute, 165 atti normativi approvati, quasi 3.500 tra interpellanze e interrogazioni, oltre 2.000 audizioni in Commissione.
È la prova di una macchina che, nonostante i governi instabili e le emergenze sanitarie, non ha smesso di funzionare. Alberto Bertin, presidente del Consiglio, lo dice chiaramente: «Cinque anni intensi, ma il Consiglio ha garantito continuità e confronto».

E qui il punto è proprio questo: la continuità. In un panorama politico valdostano spesso segnato da frammentazioni, la tenuta dell’istituzione è un valore. Ma la continuità non basta se non è accompagnata da un impatto reale, da una capacità di farsi sentire nei paesi, nei comuni, nelle valli laterali.

Nel Rapporto si sottolineano i progressi nella valutazione delle leggi e l’istituzione di due nuovi strumenti: il Comitato di controllo e valutazione e l’Osservatorio sulla legalità. Ottime iniziative, almeno sulla carta. Ma la domanda è inevitabile: quante di queste novità sono già diventate strumenti concreti di cambiamento?

La Valle d’Aosta ama dirsi “autonoma”, ma l’autonomia, per restare viva, deve essere vissuta e agita, non solo proclamata. E qui, Piero, la distanza fra politica e realtà si sente: la lingua francese, ad esempio, resta un obbligo formale più che una consuetudine; le politiche per la montagna si disperdono tra bandi e progetti episodici; la partecipazione popolare alle decisioni regionali è ancora minima.

Eppure — va detto — la XVI legislatura ha compiuto uno sforzo culturale: ha rimesso al centro parole come “legalità”, “valutazione”, “partecipazione”. Non slogan, ma strumenti di serietà istituzionale.

Guardando indietro, l’impressione è che la XVI legislatura abbia recuperato sobrietà e metodo rispetto alle due precedenti.

La XIV legislatura (2013-2018) fu segnata da turbolenze politiche, governi lampo e crisi di maggioranza che spesso paralizzavano l’aula. La XV (2018-2020), brevissima, visse invece nell’incertezza costante e nella transizione, travolta dal caso Casinò e dalle indagini giudiziarie.

Questa, la XVI, ha avuto il merito di riportare il Consiglio su un terreno di lavoro stabile, seppur privo di grandi visioni. Ha lavorato più “di manutenzione” che di rivoluzione: leggi tecniche, adeguamenti normativi, provvedimenti emergenziali.
Nessun scossone, ma neppure un grande progetto politico condiviso.

In un certo senso, si potrebbe dire che è stata la legislatura della resilienza, non della rinascita.

C’è però un filone interessante: il Consiglio ha provato ad avvicinarsi ai giovani. Il Conseil des Jeunes Valdôtains, il progetto Ambasciatori della Legalità, le iniziative con le scuole e le università europee: piccoli semi di cittadinanza attiva.

E poi il dialogo europeo: la presenza del Consiglio Valle nella Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative e nei Comitati di cooperazione con il Jura e la Wallonie-Bruxelles.
Un modo per dire che la Valle non è un’isola, ma un nodo di reti più ampie.

Sono esperienze preziose, perché ricordano che l’autonomia non vive di autarchia, ma di relazioni.

La politica, qui da noi, ha spesso il difetto di parlarsi addosso. La realtà, invece, è fatta di cittadini che aspettano risposte: medici di famiglia che mancano, ferrovie che non arrivano, giovani che partono.
Il Rapporto della XVI legislatura racconta un Consiglio che lavora, che produce, che dialoga. Ma la sensazione — diffusa e trasversale — è che la distanza tra l’aula e la strada resti ampia.

La prossima legislatura, quella che nascerà dal voto di settembre, dovrà fare un salto di qualità: trasformare la politica in servizio, l’autonomia in partecipazione, il bilancio in prospettiva.

In fondo, “politica e realtà” dovrebbero coincidere.
Quando la politica si allontana troppo, la realtà la richiama. Quando si chiude nei palazzi, la comunità si svuota.
Il Rapporto della XVI legislatura del Consiglio Valle — consultabile qui — è la cronaca di un tempo sospeso, di un’istituzione che ha retto ma non sempre ha guidato.

Ora tocca ai prossimi protagonisti dimostrare che la politica valdostana può ancora essere realtà viva, concreta, capace di guardare avanti senza dimenticare le sue radici.

Politica e realtà

Il y a des rapports qui, au-delà des chiffres, révèlent l’état d’esprit d’une époque. Celui de la XVIᵉ législature du Conseil de la Vallée d’Aoste en fait partie. Cinq années – 2020 à 2025 – marquées par la pandémie, par des recompositions politiques successives et par la recherche d’un nouvel équilibre entre autonomie et gouvernance.

Ce document, récemment publié sur le site du Conseil, dresse un bilan dense : 418 séances, 165 actes normatifs, près de 3 500 interpellations et plus de 2 000 auditions. Un activisme institutionnel certain. Mais derrière ces statistiques se cache une question plus essentielle : quelle place la politique valdôtaine occupe-t-elle dans la réalité quotidienne des habitants ?

Le président du Conseil, Alberto Bertin, insiste sur la continuité de l’action parlementaire, malgré les crises et les changements de majorité. C’est un mérite : dans une région souvent traversée par les tensions, la stabilité du cadre institutionnel n’est pas anodine.
Pourtant, la continuité ne suffit pas. Une institution peut fonctionner parfaitement sans que la société s’en sente transformée.

Le rapport met en avant la création de nouveaux outils – le Comité de contrôle et d’évaluation et l’Observatoire permanent sur la légalité – ainsi qu’une attention accrue à la qualité des lois. Des signes positifs, certes.
Mais la force de l’autonomie valdôtaine ne se mesure pas seulement à la technicité juridique. Elle se juge à la capacité d’incarner une identité vivante : usage du français, cohésion des vallées, proximité du pouvoir politique avec les citoyens.
Sur ce terrain-là, la réalité reste contrastée : l’autonomie se revendique davantage qu’elle ne se pratique.

Comparée aux précédentes, la XVIᵉ législature apparaît comme celle de la stabilité retrouvée. La XIVᵉ (2013-2018) fut agitée, la XVᵉ (2018-2020) éphémère et marquée par les affaires judiciaires. La période 2020-2025, elle, a consolidé les bases sans pour autant ouvrir de nouveaux horizons.
C’est une législature de gestion, non de vision : des ajustements nécessaires, peu de ruptures, peu de souffle collectif. En somme, la résilience plus que la renaissance.

Des initiatives méritent pourtant d’être saluées : le Conseil des jeunes valdôtains, le programme « Ambassadeurs de la légalité », ou encore la coopération parlementaire avec le Jura et la Fédération Wallonie-Bruxelles.
Elles rappellent que l’autonomie n’est pas repli, mais dialogue ; qu’elle vit de réseaux, d’échanges, de circulation d’idées.

La politique valdôtaine souffre encore d’un excès d’introversion. Elle parle beaucoup d’elle-même, rarement de la vie concrète : la santé, les transports, le départ des jeunes.
Le rapport de la XVIᵉ législature témoigne d’une activité réelle, mais aussi d’un écart persistant entre le Palais et la vallée, entre la parole politique et l’expérience du quotidien.

La prochaine législature devra réduire cette distance : faire de la politique un service public, de l’autonomie une pratique partagée, et non un mot-fétiche.

La politique et la réalité devraient coïncider.
Quand la première s’en éloigne, la seconde la rappelle à l’ordre.
Le rapport du Conseil de la Vallée est celui d’une institution qui a résisté, mais qui n’a pas toujours su entraîner.
À ceux qui s’apprêtent à lui succéder de prouver que la politique valdôtaine peut redevenir un projet vivant – non pas une mémoire administrative, mais une promesse d’avenir pour une autonomie vécue, parlée et partagée.

piero.minuzzo@gmail.com

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