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ECONOMIA | 13 ottobre 2025, 10:15

Valle d’Aosta, debiti leggeri ma stipendi bassi: servono 15 mensilità per chiudere i conti

Secondo l’elaborazione del Sole 24 Ore su dati Istat e Crif, un valdostano medio impiegherebbe circa 15 stipendi per azzerare mutui e prestiti: meno rispetto alla media nazionale di 17, ma con retribuzioni più basse e un’economia domestica che si regge su risparmi e prudenza. In testa alla classifica Rimini e Prato, in coda Frosinone e Biella

Valle d’Aosta, debiti leggeri ma stipendi bassi: servono 15 mensilità per chiudere i conti

Nella nostra regione il debito pesa meno che altrove, ma anche gli stipendi non sono certo tra i più alti. È quanto emerge dalla ricerca pubblicata dal Sole 24 Ore, che ha incrociato i dati sulle retribuzioni provinciali Istat 2023 con la mappa del credito elaborata da Crif a giugno 2025.
Il risultato: per un valdostano medio servirebbero circa 15 mensilità di stipendio per estinguere i debiti residui — mutui, prestiti e finanziamenti — contro una media nazionale di 17 mensilità.

Un segnale di relativa sostenibilità, ma anche di minore capacità di spesa e investimento. In Valle, infatti, il reddito medio lordo dei lavoratori dipendenti si colloca sotto la media del Nord Italia, e la propensione a indebitarsi resta contenuta: l’acquisto della casa è spesso accompagnato da risparmi familiari, lasciti o garanzie dirette, più che dal ricorso massiccio al credito.

Il confronto con il resto del Paese resta eloquente. A Rimini servono quasi 30 stipendi per chiudere i conti, a Prato e Grosseto 27, mentre a Frosinone e Biella bastano 13. Nelle regioni più ricche — come il Trentino-Alto Adige, dove il debito medio per cittadino con credito attivo tocca 49.226 euro — il peso dei mutui è elevato anche per effetto dei prezzi immobiliari. In Valle d’Aosta, invece, l’indebitamento medio stimato si mantiene intorno ai 30.000 euro, con una quota di mutui che resta al di sotto della media lombarda o emiliana.

Questa prudenza finanziaria riflette uno stile di vita ancora ancorato alla solidità familiare, alla permanenza prolungata nella casa dei genitori e a una cultura del risparmio tipica delle piccole comunità alpine. Ma anche un reddito stagnante, che limita la possibilità di accedere a finanziamenti più consistenti.

Osservando la quota di popolazione con almeno un rapporto di credito attivo, la Valle d’Aosta si colloca intorno al 55%, molto lontana dai picchi toscani o romani (oltre il 70%) e più vicina alle aree del Nord-Est con propensione media.

In sostanza, la regione resta una terra di debitori prudenti: pochi mutui, pochi prestiti, ma anche poche occasioni per investire e rischiare. Un equilibrio fragile, dove la virtù del risparmio convive con un mercato del lavoro che non cresce.
E se altrove il debito è la spinta ai consumi, in Valle d’Aosta resta soprattutto una parola da pronunciare sottovoce — con la stessa cautela con cui si affronta l’inverno.

Il dato valdostano va letto anche alla luce di un’economia piccola, fortemente dipendente dal settore pubblico e dai servizi, dove il potere d’acquisto reale si erode anno dopo anno. Il costo della vita è tra i più alti del Nord Italia — energia, trasporti, beni alimentari — ma gli stipendi non tengono il passo.
L’autonomia speciale, che dovrebbe permettere di compensare questo svantaggio con politiche mirate, continua a faticare nel dare risposte strutturali: nessuna politica salariale locale, poche agevolazioni per i giovani che vogliono comprare casa, nessun piano organico di sostegno ai mutui o all’affitto.

In questo scenario, la sobrietà valdostana diventa una virtù forzata più che una scelta culturale. E il “debito leggero” rischia di essere solo il riflesso di un’economia che non consente di osare, più che il segno di una stabilità raggiunta.
Un tema che chiama in causa la politica regionale: perché l’autonomia, per essere viva, deve anche poter difendere il reddito e la dignità economica dei suoi cittadini.

jean-paul savorel

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