In Consiglio regionale si discute ancora se la mozione della mozione sia legittima o se il comma due bis del regolamento abbia preso freddo. Intanto, là fuori, nel mondo reale dove la gente lavora, vive e prova a restare, qualcuno si è svegliato. E no, non è un politico. È Luigi Fosson, presidente dell’Associazione degli Albergatori della Valle d’Aosta, che ha messo sul tavolo un documento programmatico concreto, articolato e—sorpresa!—utile. Un’anomalia in un ecosistema dove le buone idee sono spesso scambiate per attacchi alla stabilità.
Il turismo, dice Fosson, non è un settore accessorio: è la chiave di volta. È economia pura, è lavoro, è presidio del territorio. È un modo per evitare che intere valli diventino presepi deserti fuori stagione. E la sua visione parte da un concetto semplice: smettiamola con le ideologie, e cominciamo a ragionare in termini di sostenibilità vera, sociale ed economica. Più giovani, più famiglie, più comunità vive.
Gli albergatori chiedono camere dignitose per il personale stagionale. Un’eresia? No, solo buon senso. E per chi decide di stabilirsi, servono case accessibili, magari recuperando l’enorme patrimonio edilizio pubblico abbandonato. Altro che piani casa per secondi, terzi e quarti domicili estivi. Qui si parla di rinascita delle valli, non di rendite immobiliari.
La proposta formativa? Innovativa. Niente corsi polverosi o obblighi inutili. Si parla di contenuti accattivanti, digitali, magari con Alessandro Barbero o Alberto Angela a fare da ambasciatori culturali della Valle. Insomma, più Netflix, meno fogli protocollo. Si può fare.
Non è una novità: se non ti puoi muovere, non puoi attrarre. E se i bus arrivano dopo che il turista è tornato a casa, abbiamo un problema. Fosson rilancia: navette per gli aeroporti, connessioni brandizzate Valle d’Aosta, trasporti intercomunali leggeri e un occhio serio (finalmente!) alle connessioni intervallive Cogne-Pila e Ayas-Cervinia. Altro che "impiantite" e streghe ambientaliste: qui si cerca una sostenibilità che funziona, non un’utopia da convegno.
Basta frammentazioni da Pro Loco e localismi anacronistici: serve una cabina di regia unica. L’Office Régional du Tourisme ha fatto molto, ma ora bisogna fare di più: strategia, tecnologia, intelligenza artificiale, dati condivisi in tempo reale. Il turismo del 2025 non può funzionare con gli strumenti del 1995.
La Valle deve investire sul turismo con convinzione. No, non solo nei soliti eventi da selfie e taglio del nastro, ma in infrastrutture vere: strade, segnaletica, digitalizzazione, manutenzione. E se la politica vuole aiutare, cominci a mettere mano al bilancio, non ai comunicati stampa.
Ci sono territori, come la Valsavarenche, che rischiano di spegnersi. Serve una politica d’emergenza, altro che tavoli tecnici infiniti. E perché non premiare chi decide di venire a vivere in Valle, magari tassando meno le seconde case lasciate vuote e incentivando l’affitto a chi lavora?
Tutti ne parlano, nessuno la scalfisce. La proposta? Trattare gli alberghi come strutture di pubblica utilità, semplificando pratiche e tempi. Perché se per rifare un bagno ci vogliono sei mesi e tre geometri, non siamo un sistema competitivo, siamo un labirinto kafkiano.
Sì, anche le grandi catene possono servire. Sì, serve attrattività internazionale. Ma senza sacrificare l’identità. Fosson lo dice chiaro: non servono incentivi economici alle multinazionali, ma tempi certi e regole chiare. Le piccole strutture familiari non vanno abbandonate, vanno aiutate a restare competitive.
Nel vuoto cosmico di molti programmi elettorali che ancora si stanno scrivendo con il copia-incolla del 2013, il documento degli albergatori arriva come una boccata d’ossigeno. Adesso tocca alla politica dimostrare che non è tutta chiacchiere e distintivo. Perché il turismo non aspetta i tempi della burocrazia: o lo rilanci adesso, o lo perdi per sempre.
Les hôteliers, eux, ont appris à voir loin. Leurs interlocuteurs parlent plusieurs langues, leurs clients viennent des quatre coins de l’Europe, et leur quotidien exige une vision cosmopolite. Pendant ce temps, une certaine classe politique continue de se chamailler à l’ombre des petits clochers du pays Vallée d’Aoste, comme si le monde s’arrêtait au col du Grand-Saint-Bernard au Pont-Saint-Martin. Mais le tourisme, lui, n’attend pas les lenteurs des palabres locales.