Matri la osservava con compiacimento mentre gustava la polenta concia fumante appena servitale. Per fortuna aveva prenotato un tavolo altrimenti oggi, tradizionale Fiera di San Bernardo, non sarebbe stato facile trovare posto al ristorante.
Le osservava in particolare, con malinconica tenerezza, quel modo ancora incerto di portarsi la forchetta alla bocca con la mano sinistra. Sul suo viso, nonostante i solchi rossi che lo deturpavano, il sorriso non perdeva il fascino che tre anni fa l’aveva conquistato. Cercava di incrociarle lo sguardo. Lei avvertiva quei suoi occhi indagatori e arrossiva facendo risaltare ancora di più quelle linee che tagliavano il suo volto come dei paralleli sbilenchi su un mappamondo ovale.
Era appena sceso dalla Cima di Jazzi. Il volto tirato dalla stanchezza era addolcito dallo sguardo raggiante. Lassù era andato tutto bene. Era stato in gamba nel superare agevolmente il temuto passaggio in parete del Passo Jacchini.
Macugnaga era in festa. Lo zaino strappava sulle spalle col suo peso di corde e fatica ma Matri procedeva con andatura fiera tra la folla gioiosa. Gli piaceva immaginare che quella festa fosse per lui, in omaggio alla sua difficile scalata solitaria. Invece la comunità Walser tributava gli onori, che si perpetrano fin dal medioevo, al patrono San Bernardo la cui statua lignea, dopo la solenne benedizione nella Parrocchiale di Santa Maria Assunta, viene portata in processione a riposare per l’intera domenica all’ombra dello storico tiglio della Chiesa Vecchia.
Anche a Matri un riposo gli era necessario. Si fece largo tra i tavolini di un bar, tolse lo zaino e lo poggiò a terra. Si sedette ed ordinò un boccale di birra. Il locale era di fronte ad una delle numerose bancarelle convenute per la festa. Sul banco erano in bella mostra miniature di baite e rascard: dei piccoli gioielli artigianali che gli erano sempre piaciuti. Ed anche a sua moglie erano graditi. Pensava così che sarebbe stato bello tornando a casa regalargliene uno e dal suo tavolino, tra un sorso e l’altro di birra fresca, comodamente seduto coi piedi appoggiati sullo zaino, cercava di stabilire cosa gli sarebbe piaciuto comperare.
Dietro il banco un barbuto giovinotto sembrava far di tutto per mostrarsi scorbutico. Pareva appartarsi anziché offrire la propria preziosa merce sicuramente opera delle sue abili mani. Teneva, il barbuto, un atteggiamento che Matri trovava irritante e che contrastava con quello della donna che lo affiancava: vispa, sorridente e ciarliera con tutti i passanti incuriositi. Sorrideva Matri quando, da quel banchetto lo raggiungeva la voce singolare della bella venditrice che pronunciava la parola “rrascarrrd” con un’accentuazione della erre fenomenale.
Fuori dal ristorante un andirivieni di gente, le bancarelle, la musica della banda ed un sole caldo e luminoso rendevano la giornata una gioiosa festa per tutti. Anche per loro, che osservavano compiaciuti dalla veranda del locale lo svolgersi di quella giornata e chiacchieravano con lo stesso ardore dei vecchi tempi. Lei si illuminava come il sole nel guardarlo e lui le sorrideva teneramente ogni volta che sentiva la sua “erre”.
Sembrava che quel giorno di un anno fa non fosse mai esistito e oggi fossero lì attorno ad un tavolo per decidere quali cime scalare assieme loro due, da soli, come sempre. Lontani dalle loro routine familiari. Vicini alla felicità.
Il rascard acquistato restò in macchina. Il nome Olì che il barbuto aveva rivolto alla donna al suo fianco rimbombò invece senza sosta per giorni interi nella testa di Matri.
Per due anni dal loro primo incontro, la montagna era diventata la meta dei loro ritrovi clandestini. Né il barbuto marito di Olì, né la cittadina moglie di Matri amavano scalare e questa combinazione dava loro quel sufficiente, seppur precario, senso di tranquillità per vivere con rinnovato entusiasmo e sempre più immersi in quella linfa vitale che le rispettive condizioni familiari avevano prosciugato.
Quando percorrevano le creste o scivolavano lungo i ghiacciai o ancora quando raggiungevano le vette, condividevano un piacere infantile che credevano perduto per sempre.
Trovare l’accordo per incontrarsi tra le montagne generava in entrambi un forte entusiasmo facendogli vivere i giorni che precedevano la scalata con la tipica ansia che eccita gli innamorati di tutto il mondo e pervade gli scalatori di ogni ordine e grado.
E proprio per quell’infantile timore che quell’eccitazione si esaurisse cercavano di incontrarsi il più possibile. Forse anche perché entrambi, quella condizione elettrizzante, l’avevano già perduta una volta quando scoprirono lentamente l’angustia di vivere coi rispettivi consorti. Né la nascita di un figlio per Olì aveva migliorato quel rapporto cupo e faticoso con l’uomo dei rascard, come anche per Matri, l’arrivo del piccolo Somerset, aveva riempito la sua vita solo per metà. La routine delle loro vite aveva logorato fin troppo presto i loro entusiasmi, i loro ardori, i loro sentimenti.
Non avevano molto tempo. Avrebbero volentieri pernottato al Rifugio Oberto al passo del Monte Moro come una volta gli era capitato di fare. Ma oggi era opportuno rientrare presto a casa per cercare di non far crescere ulteriormente il tarlo che da qualche tempo sembrava rodere il barbuto marito di Olì.
Avrebbero salito solo il Corno Rosso o Rothorn come lo chiamano da quelle parti. Se avessero pernottato avrebbero effettuato la Traversata dei Camosci. Ma oggi si dovevano accontentare del “Rrrothorn” come piaceva dire a lei con quella sensuale erre rinforzata.
Contrariamente alle loro abitudini, proprio per mancanza di tempo, anziché a piedi salirono al Moro con la funivia avviandosi subito lungo il ghiacciaio.
In breve raggiunsero la base della montagna. Matri le chiese se preferiva legarsi. Lei rispose negativamente: sarebbero saliti in libera per essere più veloci.
Olì volle andare per prima. Era una brava scalatrice, possedeva un talento innato. Sembrava avere con le rocce un rapporto amichevole, quasi confidenziale e che proprio in virtù di questa affinità, le rocce sembravano agevolarla nella scalata. Capitava addirittura che alle volte fosse proprio lei a trarre Matri fuori da qualche passaggio difficile.
Nel vederla salire così sciolta l’ammirava. In quei momenti solitari in mezzo al silenzio delle montagne Matri sentiva di amarla come mai aveva amato una donna.
Il sole lassù era appena arrivato e sebbene non riscaldasse ancora, risplendeva confortante sul granito del Rothorn dove Olì stava salendo fischiettando come al suo solito “Fiesta” degli irriverenti “Pogues”. Era il suo modo per dimostrare a sé stessa, a Matri, alla montagna ed al mondo intero la sua felicità. L’algido sole illuminava di blu un cielo che più bello di così Matri non poteva immaginare.
Olì lo scosse da quell’incanto invitandolo a salire. Lui con la contentezza nel cuore iniziò a muoversi tra i blocchi di granito con disinvoltura e disincanto. Guardava lei che alcuni metri più in alto avanzava senza indugio sulle placche sempre più ripide salendo come una stella tardiva che indugiava a ritirarsi dentro la volta celeste.(SEGUE)
San Bernardo (Ph. Mauro Carlesso)