Nei capitoli precedenti: Il protagonista Ulian racconta all’amico la sua esperienza di vita che passa dallo studente giramondo al contadino spartano fino a quando una strana telefonata di sua sorella lo spingerà a diventare giardiniere in un Castello al servizio di un Lama tibetano con il quale ha stretto una forte amicizia.
“Nel frattempo il Castello divenne un luogo sempre più frequentato da persone eterogenee, fedeli ed eruditi provenienti da tutte le parti del Mondo ed il Lama diventò sempre meno residente perché sempre più coinvolto in seminari, conferenze ed incontri organizzati ovunque si sentisse la necessità della sua presenza. E fu proprio questa intensa attività che in un corpo fragile dalla nascita, minò la sua vita che cessò troppo presto.
Nell’ultimo incontro che ebbi con lui passeggiammo come sempre alle prime luci dell’alba. Era fine estate e nonostante fosse palesemente affaticato non volle rinunciare alla sua abitudine che, così mi pareva, lo rendeva da un lato più estatico e mistico ma dall’altro più umano, quasi paterno. Ricordo che ci sedemmo di fronte al grande Stupa e lì, appena terminata la meditazione mi guardò profondamente, mi appoggiò il braccio nudo sulla spalla e mi disse ‘Va’, ora sei pronto.’
In silenzio rientrammo. Quel giorno e per parecchi altri giorni a seguire restai turbato: cosa voleva dirmi il Lama, cosa sottendeva quel suo viatico?
Un paio di mesi dopo giunse al Castello la notizia che in una non precisata località californiana il Lama aveva abbandonato il proprio corpo.
Proprio in quei giorni di autunno inoltrato e per me di intima confusione giunse al Castello una donna tedesca di nome Margill. Sebbene avesse un nome tipicamente americano Margill era alta e bionda come solo i tedeschi, insieme ai popoli nordici sanno essere. Mi capitava di incontrarla quasi sempre nella zona delle lavande. C’era un piccolo declivio ricoperto interamente dai rigogliosi cespugli di questa pianta rustica che si distendevano fino al pianoro sottostante dove era posizionata una rudimentale panca di legno. Nonostante la stagione avanzata i cespugli di lavanda, sempre dal bel colore grigio e compatti al punto che sembravano non seccare mai, nelle giornate tiepide rilasciavano ancora un leggero sentore dell’essenza che d’estate riempiva i polmoni. E lì, su quella panca di legno rustica come la lavanda, trovavo Margill sempre assorta tra libri di botanica. Chiacchieravamo un po' in italiano ma più spesso in inglese non disdegnando da parte mia qualche frase in quel tedesco che avevo appreso durante i soggiorni in Nord Europa.
Con Margill si instaurò presto una buona amicizia che poggiava sulla nostra casuale (ancora il caso…) affinità: suo desiderio era quello di donare benessere alle persone. Ma non gli era ancora chiaro come potesse realizzare questo suo moto compassionevole. Esattamente come quel che capitò a me negli anni della ricerca del mio valore esistenziale. Gli raccontai la mia storia che non mi pareva vero trovasse un’ascoltatrice così attenta al punto che nel giro di qualche settimana una luce illuminò la nostra strada comune.
Ph. Mauro Carlesso
In primavera affittammo un campo di un terreno marginale poco adatto a coltivazioni redditizie ma ben adatto alla rusticità della lavanda che impiantammo in grande quantità. Realizzammo anche un piccolo e rudimentale laboratorio iniziando a distillare acqua ed olio essenziale di lavanda. Il prodotto di questo lavoro diventò presto un’attività impegnativa che pur senza distaccarmi dalla comunità del Castello, mi costrinse a consegnare la cura del giardino nelle mani dell’amico ceco. Ancora oggi mi chiedo se l’incontro con Margill, il campo di lavanda, il laboratorio, la distillazione non fossero che il compimento del viatico del Lama.
Venne poi il tempo in cui Margill seguì la strada che il destino le assegnò e che il caso volle non incrociasse più la mia sulla quale cammin facendo incontrai Akira, la donna che anche tu conosci. E così ecco compiuta la trasmigrazione da studente a contadino, da contadino a giardiniere da giardiniere a speziale.”
Ma due erano le cose che avevo voglia di sentirmi raccontare e con la mia proverbiale ruvidità lo interruppi chiedendogli: “Ulian, amico mio, un paio di cose ho da domandarti necessariamente per dare una chiusura olistica, concedimi il termine magari sproporzionato, a questo nostro incontro.
Con l’avvio dell’attività con Margill hai detto che sebbene hai dovuto smettere il lavoro di giardiniere non hai abbandonato la comunità del Castello. Cosa intendevi dire? E poi, e soprattutto, come si relaziona quella originaria tignosa domanda sulla necessità di procurare il cibo agli uomini con la tua evoluzione in giardiniere prima e speziale oggi?
Il cibo che dovevi procurare a tutti gli esseri senzienti non cresce certo sui lecci, sulle bouganville ed a maggior ragione nei campi della tua amata lavanda?”
Ulian non perse tempo e riprese “per quanto ti conosco, amico mio, non dubitavo che mi avresti fatto queste richieste. Andiamo con ordine.
Il legame con la comunità monacale del Castello si è evoluto anche in un approfondimento della loro pratica della compassione e di quella che noi occidentali chiamiamo carità. Con un gruppo di amici abbiamo avviato un progetto di recupero e restauro degli Stupa nel loro Paese d’origine.
In proposito è interessante l’insegnamento del Maestro Padmasambhava ’Tutti coloro che aggiustano lo Stupa …. realizzeranno tutto ciò che la loro mente desidera, fino a ottenere l’insorpassabile preziosa illuminazione (in tibetano ciang ciub,lo stato purificato e realizzato)’
Ma non devi pensare amico mio che questo insegnamento mi abbia montato la testa facendomi inseguire un desiderio di superiorità, tutt’altro. Un antico sutra buddista recita proprio ‘L’uomo che si ritiene superiore, inferiore o anche uguale a un altro non capisce la realtà’ vanificando quindi ogni velleità egoistica o di confronto fondamentale per sopravvivere nel cosiddetto Mondo libero ove vige come un mantra deviato la demarcazione tra ‘noi e loro’ dove noi siamo sempre i migliori e loro quelli da combattere e da tenere lontano. Avvicinarsi agli Stupa introduce anche alla conoscenza simbolica e profonda del Buddha. Devi pensare che dei tre simboli di un Buddha (corpo, parola e mente), lo Stupa è quello che si riferisce alla sua mente onnisciente, oltre a rappresentare simultaneamente la base, il sentiero e il frutto dell’intero processo che conduce ogni essere alla piena e completa realizzazione spirituale. Ed in particolare il sole, elemento terminale di uno Stupa simboleggia la radianza delle mille luci della compassione.
Frequentando sempre più intensamente e con interesse la vita del Castello questi concetti che possono apparire al tuo giudizio oscuri, quasi impenetrabili, per me sono illuminanti e una volta introitati nella mia mente sono stati di sprone a viaggiare nelle lande montuose tibetane alla ricerca di Stupa da restaurare. Ed al ritorno da ogni viaggio mi portavo a casa, ovvero dentro il mio cuore e dentro la mia mente, un rinnovato senso di fratellanza che mi confermava quanto il cammino intrapreso tramite il Lama si svolgesse sulla strada giusta.
Circa il tuo secondo ed interessante quesito mi viene spontaneo dirti che ‘non di solo pane vive l’uomo’, ricorderai certamente questo assunto cristiano dal quale se ne deduce che oltre al cibo per il corpo all’uomo serve anche il cibo per l’anima e la mente che può essere procurato anche dalla cura amorevole di un giardino. Ed oltre al cibo per il corpo e per la mente all’uomo serve anche il cibo per la salute e la cura amorevole di questa lavanda profumata può procurare proprio questo cibo. Tutto qui. E, come vedi, tutto assai più semplice di quanto non si possa pensare.
Il Buddha. Ph. Mauro Carlesso
Il resto è storia che conosci anche tu. I miei figli sono nel Mondo ed io, insieme all’inseparabile Akira continuo a coltivare la lavanda. Campi interi come questo e ancora più grandi che richiedono lavoro, sacrificio e preghiera. Ma questa lavanda, fatta di api, ronzii, profumi e colori non è che un altro splendore, un’altra bellezza da donare agli uomini di buona volontà che ne sanno apprezzare la bellezza e le virtù medicamentose. Mi piace aggiungere che la coltivo anche per l'amato Lama, che si dice abbia già fatto il suo percorso di reincarnazione, riconosciuto come tulku, in Spagna ma che a me piace pensare possa essere anche qui, magari proprio in questo momento, a percorrere in nostra compagnia questi campi rossastri osservando con cura, attenzione e compassione l’orizzonte che si staglia in questa luce crepuscolare.”
Proseguiamo a passeggiare tra i filari di lavanda lentamente ed in silenzio e ci lasciamo che è ormai buio. Fa ancora caldo. Quest’estate sembra tenace più di altre. Ci abbracciamo con calore, lo stesso dell’estate tenace. Io raggiungo la macchina, unica presenza nel parcheggio polveroso, mentre Ulian si incammina verso casa lungo il viottolo che corre tra i campi e che conosce a menadito. Poco prima che un‘ondulazione del terreno ed il buio lo inghiottisse si ferma e si gira, solleva il braccio e mi saluta agitando la mano. Ancora imbambolato salgo in auto per rientrare in albergo.
Non ho ancora cenato eppure non ho fame così non metto in moto e mi lascio andare al ricordo del racconto appena ascoltato che sembra avermi saziato suggerendomi addirittura l’idea, quasi una necessità di non conservarlo solo per me. Si, la storia fantastica di Ulian deve essere raccontata. Avvio il motore, accendo i fari che perforano il buio silenzioso dei campi di lavanda della quale, abbassando il finestrino ancora ne avverto il profumo.
Ulian nel campo di lavanda. Ph. Mauro Carlesso
Non c’è via per la pace,
la pace è la via.
(Thich Nhat Hanh)
FINE