Un’importantissima cima da me salita molti anni fa, con una via normale relativamente facile sulla sua guglia centrale che ricorda le nostre “Tre Cime di Lavaredo” in Dolomiti, è la via “di mezzo” delle Aiguilles d’Arves (nostra meta di oggi) perché consta anch’essa di tre cime. Salita il 26 agosto 2001 con gli amici Augusto Pettigiani e Giovanni Gilardi.
Relazione Tecnica:
Altezza Massima raggiungibile: 3513 m
Tempo di salita: h 7 (Fattibile in giornata o con pernottamento consigliato al Rifugio des Aiguilles d’Arves 2260 m – 2 h – primo giorno – 5 h secondo giorno)
Tempo Totale (AR): 12 h (5 h di discesa dalla cima al parcheggio)
Dislivello: 1846 m (frazionabili in 593 m il primo giorno sino al Rifugio custodito des Aiguilles D’Arves 2260 m, e il secondo giorno 1253 m)
Difficoltà: F+ (media difficoltà con tratti esposti in ambiente d’alta montagna)
Materiale occorrente: 1 spezzone di corda e qualche rinvio, casco, piccozza e ramponi se vi è neve residua sul percorso d’avvicinamento
Accesso in auto: (via più logica): Aosta, Torino, Susa, Colle del Moncenisio, (o traforo a pagamento del Frejus), Modane, St-Michel-de-Maurienne, Valloire, Pianoro di Verney verso il Col du Galibier sino a Bonnenuit (Notre Dame de Neige), Parcheggio nei pressi a 1667 m sul bordo del Valloirette, situato a 6 Km a Sud da Valloire.
Località di partenza: Bonnenuit (Notre Dame de Neige)
Località di arrivo: Idem
Descrizione Itinerario: Dal parcheggio parte un sentiero ben segnato che attraversa su un ponticello il torrente Valloirette e sale con molte giravolte, ma senza deviazioni che possano trarre in inganno, al Rifugio des Aiguilles d’Arves, situato ad una quota di 2260 m (2 h) Rifugio piccolo ma accogliente che in estate è gestito. Per i meno allenati si consiglia vivamente di pernottare qui, perché è situato in un luogo gradevolissimo e vi è servizio di ristoro e d’alberghetto. In un modo o nell’altro si transita davanti al rifugio. Si prosegue poi verso il Colle d’Arves (o Colle des Aiguilles d’Arves 3163 m) situato 903 m più in alto del Rifugio omonimo. Nelle stagioni estive, normalmente si perviene a detto colle senza l’uso di ramponi o piccozza.
Il tratto finale della salita
A destra (verso di salita) si ergono le Guglie Settentrionali d’Arves chiamate anche “Têtes de Chat” che constano a loro volta di due guglie equidistanti. La più aguzza delle due è il Bec Sud 3358 m, meno difficile da salire del Bec Nord alto 3364 m. Sono comunque due salite a sé stanti da intraprendere solo se si è alpinisti nel vero senso della parola. Anche l’Aiguille Meridionale d’Arves è una salita a sé dalla centrale per i profondi intagli che dividono una cima dall’altra, quindi non sono abbinabili se non da alpinisti che effettuano traversate a tempi di record superando difficoltà elevate e calate da brivido.
L’Aiguille Meridionale d’Arves è alta 3514 m (un metro in più della Guglia Centrale) ma avendo una via normale più complicata e difficile, viene salita molto meno dagli “aspiranti” alpinisti.
Accontentiamoci quindi di salire la Guglia Centrale che di per sé è già un ambito traguardo.
Tornando al nostro percorso c’è da dire che la traccia che sale al colle è contraddistinta da un ottimo sentiero fino sulla morena laterale, che viene superata senza attrezzatura particolare a lato della parte più ripida del nevaio, per residui morenici. Raggiunto il Colle (3163 m), 3 h dal Rifugio (come indica la tabella di marcia sita in loco) la Guglia Centrale appare in tutta la sua imponente bellezza e sovrasta il colle di ancora ben 350 m; non pochi per la stanchezza accumulata se non si è ben allenati.
Da qui occorre porre la massima attenzione per individuare, prima di partire allo sbaraglio, la cengia giusta (unica che prosegue). La parte più delicata dell’avventura è rappresentata dalla caduta di pietre e dalla difficoltà a mantenere il percorso esatto.
La seconda cengia visibile dal colle guardando a sinistra (verso di salita) in direzione della Guglia Centrale d’Arves è l’approccio giusto per salire. Seguendo tale cengia ascendente si giunge sulla faccia opposta della montagna con vista impressionante sulla Guglia Meridionale.
Da questo ballatoio, un esile gradino roccioso permette di insediarsi su di una cengia-camino che riporta in traverso verso destra in direzione del colle da cui siamo partiti, con una serie di cenge ascendenti che permettono di non esporsi a difficoltà sostenute.
Un passo molto esposto in cresta (II° inf.), che conduce ad un gradone roccioso (ometto), permette di zigzagare nuovamente in direzione della Guglia Meridionale.
Grazie a questo sistema di cenge che tagliano la parete in tutti i sensi si riesce a salire incredibilmente questa fantomatica guglia con difficoltà moderate, ma da non sottovalutare. Non percorrerla assolutamente con presenza di ghiaccio residuo perché queste esili cenge trattengono a volte neve “rimasta” quasi tutto l’anno. In questo tratto, infatti, vi è l’unico passaggio chiave della salita che consta di un’aerea cengietta che si riduce ad una lama rocciosa di 3 m.
Un chiodo e un cordino penzolante vi daranno la certezza che siete sul passaggio giusto (III° inf. solo dovuto alla forte esposizione e all’ambiente di alta montagna in cui vi trovate. Seguendo gli ometti sempre più presenti sul percorso, si perviene ad un paretone non indifferente che si affaccia sull’orrido Glacier de Gros Jean, che origina il colletto omonimo, incassato in un’angusta lingua glaciale di non facile accesso, che serve unicamente per salire la Guglia Meridionale o vie alpinisticamente difficili verso la Guglia Centrale.
Non bisogna a questo punto lasciarsi ingannare dalle tracce che scendono all’intaglio della Guglia Meridionale, ma salire invece senza via obbligata per i gradoni di rocce e sfasciumi che vi conducono all’anticima. Qua giunti vi resta da superare una breve paretina di 25 m circa che consigliamo di salire direttamente (II° sup. divertente) che è la conclusione più logica della salita senza aggirarla a lato su rocce di precaria stabilità.
In vetta
Giunti in cima vi basta percorrere l’aerea crestina che si affaccia paurosamente sulla Val Froide per raggiungere all’apice, di fianco al quale una croce spezzata dal fulmine (che si spera sia stata nel contempo ripristinata), ancora conteneva un piccolo ma suggestivo crocifisso. La gioia ripaga della fatica; lo spettacolo è immenso e spazia a 360° su tutte le circostanti cime. Queste vette, visibili da molti luoghi delle nostre alpi, per l’isolatezza e la configurazione sono considerate tra le vette più eccelse, ma poco descritte sulle “Guide di Montagna” che non trattino limitatamente la zona in esame. Dal colle alla vetta calcolare 2 h.
Discesa: Si consiglia per guadagnare tempo, di effettuare una breve corda doppia o calare i meno esperti (cordini in loco) per 25 m, che vi deposita subito all’anticima senza troppi aggiramenti su terreno instabile ed esposto. Da qui seguendo fedelmente il percorso dell’andata (è consigliabile procedere in cordata sino oltre la cengia iniziale) si torna al colle e quindi al punto di partenza. Dalla vetta all’auto calcolare, con brevi soste rigeneranti o per fare fotografie, circa 5 h.