Ci sono momenti e sensazioni nel corso della vita che non si scordano mai. Una di queste fu senza dubbio quando misi per la prima volta le mani sulla roccia, e precisamente su una serie di gendarmi rocciosi conosciuti allora come “Il Roccione” (oggi denominati “Rocce di Costabella”) siti al limitare di un bosco di castagne nei pressi di Frabosa Soprana e più precisamente nella sottostante Frazione Serro. Arrivai a scoprire questa conformazione rocciosa, sulla cui vetta culminante vi è una croce con accanto un libro di vetta con cassettina per le firme, grazie a mio nonno materno che mi avvicinò alla montagna, senza volerlo, in modo anomalo, perché da buon toscano, era nativo di Siena, mi faceva gli scherzi più disparati. Il tutto accadde quando a una fiera mi fece prendere un dépliant da un manichino. La sua mano gelata l’ho ricollegata a quando mio nonno morì ed era ancora nella bara ardente in casa e nessuno mi aveva visto arrivare. Dato che adoravo mio nonno Ico, gli strinsi la mano gelata e dallo sgomento svenni. I miei genitori dovettero ricorrere a uno psicologo infantile, che consigliò loro di portarmi in convalescenza in una località di montagna. Scelsero Frabosa, un paesino della Val Maudagna, oggi rinomata località sciistica, dove fui attratto per l’appunto a soli 12 anni dallo sperone roccioso che sto trattando (Il Roccione), dove scoprii il mio senso innato per l’avventura … Lo scalai per la prima volta usando una corda pesantissima che serviva per legare le mucche, e fu così che scoprii la montagna che mi salvò da quello stato depressivo infantile e resta a tutt’oggi per me una passione … quasi una fede!
Domenica 20 novembre c.a. decisi quindi, pur con tutte le menomazioni ormai risapute, di farmi accompagnare da mio figlio Walter e dalla mia attuale compagna Roberta Maffiodo sulla vetta principale accanto alla croce che aveva per me un immenso significato, visto che “La vita ha per me uno scopo, solo se le emozioni che ho avuto la fortuna di provare, le trasmetto agli altri per condividerle….”
Sul sentiero coperto da fogliame
Per questo motivo emozionale, in effetti, sottovalutai l’impresa perché speravo (con i nuovi lavori di valorizzazione alpinistica del complesso roccioso) che avessero anche reso agibile il sentiero di discesa, non rendendomi conto che questo è percorso solo per chi ne conosce l’esistenza e chi scala, si cala più comodamente grazie alle catene infisse a regola d’arte, dalle vie di roccia allestite per l’arrampicata. In più (come appare dal disegno delle vie di arrampicata) la parte alta, cioè il torrione finale non è ancora allestito per intero e quindi a maggior ragione il nostro sentiero serve per ora solo a chi lo ha conosciuto per altri motivi.
Lodovico su un tratto scabroso
Mi riferisco in particolare al 10 ottobre 1981 quando all’età di 34 anni, ero riuscito a coinvolgere il Comune di Frabosa Soprana che grazie ai suoi validi cantonieri, avevano provveduto alla pulizia completa della roccia. Le vie erano state attrezzate dall’Associazione Campeggiatori in collaborazione con il gruppo escursionistico dell’allora Cassa di Risparmio di Torino di cui io facevo parte. Era stata allestita anche una via di discesa con cavo in acciaio, oggi non più esistente. La palestra di roccia era stata intitolata con targa commemorativa in memoria della Guida Alpina Valdostana Rolando Albertini che mi aveva accompagnato sul Cervino e caduto due anni dopo percorrendo una “prima via invernale”. Erano presenti all’inaugurazione oltre cento persone tra gli invitati esterni e gli abitanti di Frabosa, tra i quali vi erano anche la moglie del compianto marito, Pina Albertini e l’adorata madre. Tale notizia fece scalpore su diverse riviste del settore a anche sul giornale “La Stampa” a firma del compianto giornalista Gianni De Matteis. Per noi ripercorrere il sentiero di salita è stata davvero una grande emozione. Io sono stato aiutato e sorretto da mio figlio Walter che ha anche amorevolmente soccorso la mia attuale compagna Roberta.
Sul tratto finale
Il sentiero era scivoloso a causa di moltissime foglie secche che coprivano il sentiero, in più sotto le foglie vi erano un sacco di ricci aperti che causarono una non piacevole scivolata a Roberta e un ancor più catastrofica caduta di mio figlio che per non precipitare oltre si attaccò al filo elettrico messo per contenere le mucche che erano al pascolo e che gli provocò una dolorosa scossa. Tra tante peripezie raggiungemmo la nostra amata vetta con una croce oggi ripristinata impiegando più tempo del previsto e cioè circa tre ore tra andata e ritorno.
Lodo in vetta
Mio figlio e la mia compagna rimasero molto di stucco per essere riuscito a districarmi con le mie patologie su un terreno così insidioso (causa le foglie secche) e faticoso più del previsto.
Rocce di Costabella (Relazione Tecnica)
Responsabile: Comune di Frabosa Soprana
Indirizzo: Piazza Municipio 5
Telefono: 0174244024
Il sito in cui si trova la palestra di arrampicata è localizzato a breve distanza dalla frazione Serro di Frabosa Soprana, a quota 920 m s.l.m., lungo il versante orografico sinistro del Rio Biale. È accessibile a piedi dalla frazione Serro percorrendo la Via del Biale fino all’omonimo torrente dove si trova la strada sterrata che risale il Rio sulla sponda destra (percorso segnalato con apposita cartellonistica rossa e bianca); dopo alcuni minuti di cammino si attraversa il torrente, su un guado in pietra, e si segue il sentiero nel castagneto che in breve conduce alla base delle pareti rocciose ove è posizionato il pannello illustrativo con indicate tutte le vie di arrampicata attrezzate.
Il complesso roccioso di Costabella è costituito da un insieme di blocchi di roccia di quarziti ed è caratterizzato da due torrioni che in passato erano già stati attrezzati con alcune vie di arrampicata, come si legge sull’opuscolo “Valorizzare e conoscere gli antichi sentieri e le palestre di roccia” del 26 maggio 2013, questa palestra venne attrezzata negli anni ’70 da Lodovico Marchisio e da Mauro Mazzino, con vie di media difficoltà. Le vie principali si svolgevano sul versante sud, da sinistra verso destra, e furono illustrate nel capitolo dedicato alle palestre di Frabosa all’interno della pubblicazione del CAI del 1981, dedicata alle Alpi Liguri.
Per alcuni anni la palestra non è più stata utilizzata e quindi non è più stata effettuata alcuna manutenzione, questo ha fatto sì che l’attacco delle vie e le vie stesse siano state invase dalla vegetazione, prevalentemente castagni selvatici.
Nel 2019 grazie al progetto redatto dall’Arch. Mariangela Borio “ARRAMPICARE È PER TUTTI: sistemazione e ampliamento siti di arrampicata (per bambini e disabili) dei Comuni di Frabosa Soprana e Frabosa Sottana” finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e dai due Comuni, il sito è stato recuperato.
Per rendere di nuovo fruibile il sito, grazie all’intervento di esperte guide alpine, sono stati effettuati i seguenti interventi:
§ sistemazione sentiero di accesso;
§ rimozione della vegetazione infestante;
§ operazioni di disgaggio della roccia;
§ chiodatura vie di arrampicata;
§ apposizione di segnaletica direzionale e illustrativa.
La nuova sistemazione del sito ha permesso di chiodare ben 18 vie, di vario livello di difficoltà a partire da quelle più facili in grado di soddisfare una vasta fascia di utenti e con la finalità di avvicinare bambini e giovani a questo sport, ponendo particolare attenzione anche ai ragazzi con disabilità, che possono trarre importanti benefici dalla pratica dell’arrampicata in condizioni di totale sicurezza. Le pareti rocciose ricadono nell’area privata della Sig.ra Maria Astegiano, che ne ha concesso l’utilizzo al Comune di Frabosa Soprana.