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CULTURA | 30 dicembre 2021, 12:00

L’AUTONOMIA VALDOSTANA E’ UN DIRITTO O UNA CONCESSIONE AI SUDDITI “INTRA MONTES ?”

Appuntamento settimanale del giovedì con Gianfranco Fisanotti sui temi dell'autonomia valdostana, sulla sua evoluzione, sulla sua involuzione, sui personaggi che hanno creato le premesse e su chi non ha saputo valorizzarla

L’AUTONOMIA VALDOSTANA E’ UN DIRITTO O UNA CONCESSIONE AI SUDDITI “INTRA MONTES ?”

Sono molteplici i significati e gli obiettivi scaturenti dall’accordo tra la VDA e l’ENEL, ad iniziare dal rapporto “diretto” tra la Comunità valdostana e la sua risorsa fondamentale in grado di garantire sia l’autonomia energetica sia importanti risorse finanziarie ed occupazionali. Il memorandum del Professor Dino Vierin spiega come ricondurre ad unità  sia la riconquistata titolarità demaniale sia  la competenza “esclusiva” o primaria nella materia del demanio idrico, una competenza che oggi è solo “concorrente” – cioè secondaria – a differenza di quanto avviene nelle Province di Trento e di Bolzano. La posta in gioco è il destino della CVA, una società di diritto privato che dà lavoro a quasi 600 dipendenti. Seguiranno il decreto Bersani, la legge Madia e la questione centrale delle modalità e delle condizioni in campo per affrontare la prossima assegnazione delle concessioni in scadenza alla luce Decreto legge n. 145 del 14-12-2018 detto anche Decreto semplificazioni. Come vedremo, non tutte le soluzioni sono a portata di mano, considerando che il tema è cruciale e che il tempo stringe. La classe dirigente della Vallée deve trovare una unità d’intenti per ottenere dal Parlamento della Repubblica quelle certezze rimaste inevase dai Governi del dopoguerra ad oggi. Dice bene il Prof. Vierin: “Se non si interviene prontamente, non c’è, infatti, alcun futuro per la CVA”.  Il tempo stringe. E’ bene ricordare un vecchio detto valdostano: “In pout pà sonné le clliotse et allé a la procechon” (Non si possono suonare le campane e contemporaneamente andare alla processione).

GLI OBIETTIVI SOTTESI ALL’ACCORDO CON L’ENEL

Diversi e rilevanti sono stati i significati e gli obiettivi sottesi all’accordo concluso con Enel.

Innanzitutto il ristabilimento di un rapporto diretto tra la nostra comunità ed una risorsa fondamentale per il suo territorio con il mantenimento della piena disponibilità, in mano pubblica, delle sue acque, compresa l’utilizzazione a fini idroelettrici.

Ma, anche il conseguimento dell’autonomia energetica della Regione unitamente ad una fonte importante di risorse finanziarie, risorse proprie che, unitamente ad altri progetti – polo creditizio valdostano, costituzione dei fondi pensione integrativi, sviluppo sostenibile del nostro territorio – consentissero, alla luce del federalismo fiscale, di garantire e rafforzare la nostra autonomia statutaria. Progetti che traevano spunto, in primis, dalla consapevolezza che il trasferimento compensativo della soppressione dell’Iva da importazione, trasferimento attribuito alla Regione per alleviare l’impatto derivante dall’entrata in vigore del mercato unico europeo e negoziato nel 1993 con il governo Ciampi, potesse avere - così come poi avvenuto – natura transitoria e che, di conseguenza si dovessero incrementare le risorse proprie del bilancio regionale.

Un utilizzo diretto della risorsa energetica rappresenta, poi, anche un fattore importante per accrescere la competitività delle aziende esistenti, per attrarre ed incentivare nuovi insediamenti produttivi e per alleviare alle famiglie l’onere della bolletta elettrica.

In seguito, in considerazione dell’unitarietà del bacino idrografico della Valle d’Aosta e della conseguente necessità di una politica idrica unitaria, era importante salvaguardare l’unitarietà del settore elettrico in Valle, evitando il rischio di smembramento – il cosiddetto spezzatino Enel – dei suoi diversi elementi - produzione, distribuzione, illuminazione pubblica, patrimonio immobiliare - ma anche la rete ed il personale, con la conseguente salvaguardia dei livelli occupazionali.

Infine, non meno importanti, il governo del patrimonio idrico montano e la gestione del territorio, con la possibilità di razionalizzare e ridurre l’impatto delle infrastrutture esistenti, garantire la sicurezza e la sostenibilità dei regimi idrici ed operare per un concreto riequilibrio della bilancia energetica regionale a favore dell’energia prodotta da un fonterinnovabile.  Vista, peraltro, la limitata disponibilità della risorsa idrica a fronte di un fabbisogno crescente, pure la garanzia di una regia pubblica caratterizzata da una ottimizzazione del suo utilizzo, da poteri di vigilanza e di controllo volti a evitare gli sprechi ed i rischi di inquinamento.Caratterizzazione questa di grande valore per una regione sì votatanaturalmente al turismo, ma in cui devono necessariamente trovare spazio anche attività economiche ed industriali compatibili con l’ambiente in cui sono inserite.

Il completamento del progetto avviato nel 2000, e cioè l’acquisizione della maggioranza societaria anche nel ramo della distribuzione e vendita di energia elettrica in Valle d’Aosta, è stato realizzato nel 2011 con l’acquisto per 37,5 milioni di euro, del 51% del capitale sociale delle società Deval e Vallenergie e il loro conferimento in CVA. Opzione ed impegno peraltro già previsti nell’accordo concluso con Enel e, in allora, non attuato poiché il decreto Bersani del 1999 non lo consentiva avendo lo stesso prorogato per trent’anni, sotto pena di decadenza, le concessioni in essere nel settore della distribuzione,

In quanto alla“vexata questio” della proprietà o meglio, correttamente, dovremmo dire della demanialità delle acque, con decreto legislativo n. 269 del 21 dicembre 2016 recante norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione autonoma Valle d’Aosta in materia di demanio idrico,la questione è stata, finalmente, definita in modo positivo per la Regione. Infatti, la norma di attuazione, andando oltre allo stesso disposto statutario che ne limitava la titolarità per la Valle alla sola concessione novanta novennale scadente nel 2047,   stabilisce, senza alcun limite temporale, che “tutti i beni del demanio idrico situati nel territorio della Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, con esclusione dei beni dell’alveo e delle pertinenze della Dora Baltea dalla confluenza della Dora di Ferret con la Dora di Veny fino al confine con la Regione Piemonte in quanto ambito sovraregionale, fanno parte del demanio idrico regionale della stessa.

In particolare fanno parte del demanio idrico regionale le acque pubbliche e le aree fluviali, gli alvei e le loro pertinenze, le opere di protezione delle  acque e di contenimento delle stesse, le relative strutture accessorie, di servizio e di difesa del suolo, i ghiacciai, i laghi e le opere idrauliche, i beni immobili e mobili strumentali all’esercizio delle funzioni inerenti al demanio medesimo per quanto non oggetto di precedenti trasferimenti, ivi comprese le acque sotterranee e le acque superficiali, nonché ogni altra acqua individuata come demanio pubblico dalle norme vigenti”.

COME RICONDURRE AD UNITA’ SIA LA TITOLARITA’ DEMANIALE CHE LA COMPETENZA LEGISLATIVA “ESCLUSIVA” IN LUOGO DI QUELLA ATTUALE DI TIPO “CONCORRENTE”

I beni di cui sopra, nel 2017, sono stati individuati mediante elenchi descrittivi e consegnati alla Valle d’Aosta, che, con la sottoscrizione del relativo verbale, ne è diventata così la legittima detentrice. La Regione, benché ormai titolare esclusiva di quasi tutti i beni del demanio idrico, compresi quelli da destinare a sfruttamento idroelettrico, ha peraltro potestà legislativa esclusiva unicamente per le acque pubbliche destinate ad irrigazione ed a uso domestico. A differenza di quanto  invece previsto dall’art. 13 dello Statuto speciale del Trentino-Sud Tirolo in favore delle province di Trento e di Bolzano, la Regione ha, infatti,  una competenza solamente di tipo concorrente  per disciplinare, ad esempio, le procedure di assegnazione delle concessioni delle proprie acque a scopo idroelettrico, A tal fine, con norma di attuazione, sarà necessario procedere ad una nuova formulazione delle competenze legislative regionali allo scopo di ricondurre ad unità la titolarità demaniale e la competenza legislativa esclusiva.

A questo punto, fatto salvo il rilievo appena evidenziato, si potrebbe pensare che, con il demanio idrico quasi interamente regionale e le concessioni in capo a CVA – braccio operativo della Regione -, la “storia tutta valdostana” si sia positivamente conclusa e che “tout va très bien madame la marquise”.

In realtà, gli scenari attuali, frutto di normative statali e regionali, sono caratterizzati da questioni e nodi che devono ancora essere definiti e sciolti nonché da problemi da risolvere e da scelte da effettuarein tempi assai limitati, se non si vuole vanificare il percorso ed i risultati fin qui conseguiti.

Se si lasciano le cose così come sono, se non si interviene prontamente, non c’è, infatti, alcun futuro per la CVA.

Dei cambiamenti sono pertanto necessari, doverosi ed indispensabili per configurare quegli scenari futuri che vedano ancora la CVA protagonista della politica energetica regionale. E ciò, uscendo dalla semplificazione, quotazione sì, quotazione no, prendendo in considerazione, quindi, non solo le concessioni in scadenza, ma anche la “mission”, l’oggetto sociale, l’operatività e l’assetto societario della stessa CVA.

Attualmente la Cva, la più grande e performante impresa valdostana, quarto produttore elettrico italiano con quasi 600 dipendenti,non è una società in house, ma un’impresa, una società di diritto privato interamente partecipata dalla Regione tramite Finaosta. Un’impresa che svolge, sia direttamente, sia tramite le proprie società controllate, attività di produzione e di vendita di energia elettrica sull’intero territorio italiano e attività di distribuzione nella Regione Autonoma Valle d’Aosta.

Gian Franco Fisanotti

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