L’espulsione degli Ebrei dai reami spagnoli, la peste del 1630, la corsa per ripopolare la Vallée nel documentato racconto del Dott. Marco Ansaldo ed il lungo dominio dei Saraceni sulla nostra dorsale alpina fanno cadere le accuse di razzismo. Chanoux diceva: “… la patrie n’est pas dans la langue, n’est pas dans la race”.La delusione per i primi decreti nel sett. 1945 fanno evocare a Mons. Stevenin il secondo trionfo di Varrone. Seguiranno: il trasferimento di Mons. Imberti a Vercelli, la costituzione da parte del Governo De Gasperi in data 1 gennaio 1946 del primo Governo Regionale con 25 membri ed il tema cruciale della Garanzia internazionale inutilmente richiesta da oltre 30 mila valdostani.
LE ACCUSE DI RAZZISMO NON REGGONO: BASTA PENSARE ALLA ESPULSIONE DEGLI EBREI DAI REAMI SPAGNOLI, ALLA PESTE DEL 1630 ED ALLA CORSA PER RIPOPOLARE LA VALLE ED ALTRESI’ AL DOMINIO DEI SARACENI SULLA DORSALE ALPINA FINO ALLE TERRE VALDOSTANE
E’ evidente che i sentimenti “anti-italiani” si fanno espliciti a causa della propaganda nazionalista nemica di qualsivoglia espressione culturale allogena: abbiamo visto l’esempio più evidente con la traduzione “a vista” e spesso ridicola dei nomi secolari attribuiti ai Comuni della Vallée in un forzato italiano e mortificando persino la bellissima lingua di Dante.
Le accuse di razzismo non tengono conto della storia dell’immigrazione valdostana, che è stata un continuo divenire di oltre 200.000 Ebrei espulsi dalla Spagna nel 1492 (come non ricordare che l’Inquisizione servì a rafforzare la “limpieza de sangre”, ad eliminare le religioni islamica ed ebraica dai domini della castigliana Isabella e dell’aragonese Ferdinando e ad esaltare la figura di Tomἁs de Torquemada uno dei peggiori aguzzini dei Reami spagnoli.
Li chiamavano “Marrani” un temine offensivo che può essere tradotto in “maiale”). Alcuni di questi fuggitivi ripararono nelle Valli di Cogne, di Valgrisenche, di Valsavaranche, di Gressoney e forgiarono nuove generazioni, vere e proprie risorse umane ed economiche per il Ducato.
Un’altra ragione di insussistenza delle basi etniche per parlare di razzismo in Valle d’Aosta viene dalla storia recente della peste che colpì il nostro Paese nel 1630 con la conseguente enorme ondata di immigrati provenienti dalla Francia, dal Veneto, dal Piemonte e persino dalla Svizzera.
La Valle d’Aosta, all’epoca aveva circa 95.000 abitanti; ma, dopo il devastante flagello, il numero era sceso a circa 20.000 unità. Onesta e formidabile l’opera, ampiamente documentata dal “fondo” dell’archivio della Casa di Riposo J. B. Festaz, redatta dal Dott. Marco Ansaldo con il titolo “Peste, fame, guerra - cronache di vita valdostana del secolo XVII° ”dalla quale ritraggo solo una breve frase altamente significativa: “Nel 1631 si contavano ancora i morti e già si scatenava una frenetica corsa alla procreazione per ripopolare migliaia di focolari deserti, per ridare braccia al lavoro, continuità e fiducia alla vita. Una generosa mano la diedero le centinaia di immigrati chiamati dal Consiglio dei Commessi a lavorare le terre deserte di manodopera. Sangue alemanno, svizzero, savoiardo e lombardo si mescolò al sangue valdostano…”.
In realtà, i primi casi di peste sorsero a Gignod ed a Roisan nel 1531 e nel 1545 anche ad Aosta: nel 1554 la peste investì Antey, Montjovet e numerose parrocchie valdostane provenendo sia dalla Savoia che dal Piemonte. Un terzo e ultimo esempio di incontro con masse provenienti dall’estero riguarda la presenza dei Saraceni ad iniziare dal 972 -973 quando i musulmani occuparono il passo del Gran San Bernardo assalendo i viaggiatori, rapinandoli e sequestrandoli per ottenere un riscatto.
Essi penetrarono nei territori interni distruggendo villaggi e monasteri e costruendo lungo i percorsi accampamenti militari (veri e propri “castra”) a scopo difensivo e come basi per fare nuovi saccheggi, imporre balzelli e pedaggi, rinchiudere prigionieri da vendere poi in Spagna. Queste scorrerie, sostenute da posizioni di conquista permanente, durarono circa 70 anni in Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta mentre la Francia subì la loro presenza a partire dall’ 838, quando Marsiglia fu razziata senza pietà. Per dare una idea della potenza militare dei Saraceni basti pensare che verso la fine del X° secolo Adalberto II°, erede di re Berengario II° che co-regnava sul Regno d’Italia comprendente l’Italia del Nord fino alla Toscana, tentò di creare con loro alleanze militari.
Sono ancora ben visibili le tracce della loro presenza in Valle d’Aosta con testimonianze architettoniche in Bassa Valle, acquedotti, torri di avvistamento come quella nei pressi della centrale di Covalou, salendo ad Antey nella Valtournenche. Passo oltre la fondazione di Augusta Praetoria e la deportazione delle genti Salasse perché esula dalla presente ricerca, ma rimando all’ottima ricostruzione storica dello scrittore e giornalista André Zanotto.
NON ERA DUNQUE RAZZISMO QUELLO DELLA “CLICCA DZEUSTA” BENSI’ MALESSERE DOVUTO ALLA REPRESSIONE
Quindi, il malessere era dovuto, come si evince proprio dalla VIa strofa della canzone, alla repressione imposta dal Regime in nome di una esclusiva italianità, come se la storia dei popoli della Terra fosse un pezzo di ghiaccio da rompere a piacere per riempire il bicchiere del potere. Come abbiamo visto, invece, Stevenin nel suo progetto di Statuto, pone sullo stesso piano l’uso delle lingue italiana e francese per l’insegnamento nelle scuole valdostane di ogni ordine e grado.
Infine, bisogna pur dire che è valdostano chi vive ed opera nella Valle d’Aosta amandola come “sua” terra e creando in questo piccolo pezzo di mondo la propria famiglia ed anche il proprio destino di cittadino della Repubblica.
I figli degli immigrati nati in Valle d’Aosta sono i migliori alfieri della nostra autonomia e gli esempi non mancano; ma basti dire che si sono fatti onore in Italia e nel mondo. Ancora Chanoux: “Non, la patrie n’est pas dans le sol, n’est pas dans la langue, n’est pas la race ”… “La patrie c’est le peuple”.. “Elle est dans l’âme du peuple”.
IL C.L.N. VALDOSTANO INCONTRA IL C.L.N. PIEMONTESE PER UN ACCORDO SUL FUTURO ISTITUZIONALE DELLA VALLÉE
Mentre assume un ritmo pressante la campagna annessionista, il C.L.N. valdostano incontra Alessandro Passerin d’Entrèves, la Prof. Ida Viglino ed il Can. Bovard.
I punti salienti dell’accordo sono:
A) la definizione dei confini della Regione VDA nei limiti da Pont – St – Martin al Piccolo S. Bernardo e tra la frontiera Svizzera e la Cresta spartiacque tra la VDA ed il Canavese dall’altra;
B) la Regione viene amministrata da 25 consiglieri eletti dai consiglieri comunali della Valle; la giunta è formata da 5 membri, mentre il Consiglio, in via transitoria in attesa delle elezioni, è costituito da 15 membri designati dai 5 partiti rappresentati nel CLN oltre al presidente individuato nell’attuale prefetto Alessandro Passerin d’Entrèves;
C) almeno 2 saranno i deputati rappresentanti della Valle nell’Assemblea Nazionale;
D) il Consiglio Regionale esercita i suoi poteri sovraintendendo alla amministrazione della Valle in tutti i suoi settori ad eccezione delle amministrazioni militare, della giustizia, delle comunicazioni e nella Valle d’Aosta vige il sistema della costrizione obbligatoria, con reclutamento territoriale delle truppe stanziate in Valle.
Il Consiglio Regionale predispone ed approva senza ulteriori controlli il bilancio della Regione, controlla i bilanci preventivi e consuntivi dei Comuni, nomina i funzionari. E’ previsto anche di rivedere la ripartizione delle percentuali di aliquota delle imposte in vigore per attribuire la maggiore parte del reddito dell’imposta all’Ente della Regione ed il Consiglio Regionale può imporre tributi locali come tasse di soggiorno, turistiche ecc.;
E) viene riconosciuta nella VDA la parità delle lingue ufficiali italiana e francese ed i programmi d’insegnamento in vigore nello Stato potranno essere adeguati dal Consiglio Regionale alle necessità particolari dell’insegnamento locale: potranno insegnare in Valle d’Aosta anche persone di nazionalità non italiana;
F) per venire incontro in parte alle necessità economiche della Regione VDA si riconosce che le acque sono di proprietà pubblica della Regione: la Regione VDA ha il diritto di trattare anche con società straniere per lo sfruttamento delle acque, restando sempre impregiudicata la proprietà della Regione;
G) è riconosciuta al territorio della VDA la condizione di zona franca con modalità da stabilirsi. Questo, in estrema sintesi, l’accordo raggiunto il 15 maggio 1945.
Il 17 maggio la delegazione valdostana viene ricevuta dal C.L.N.A.I. che promette di sostenerne l’approvazione definitiva da parte del Governo Parri. Nasce, così, la prima esperienza di gestione amministrativa della Valle d’Aosta approvata dal Governo il 7 settembre del 1945 con il n. 545 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 20 settembre ’45 insieme al decreto n. 546 afferente ad agevolazioni economiche e tributarie per la Valle d’Aosta.
STEVENIN, CHABOD, CHATRIAN ALLE PRESE CON I PRIMI DECRETI N. 545 E 546
Il progetto di Statuto presentato da Stevenin ed approvato dal C.L.N. nonché dall’Union Valdôtaine viene bypassato e riflette altri contributi di tipo negoziale in linea con una diversa visione nazionale aperta al dialogo, ma ben lontana dal federalismo e dall’autonomia preconizzati sia da Chanoux che dai patrioti valdostani: esso reca l’impronta del Prof. Federico Chabod, autorevole personalità politica e storico di fama europea, ma anche del Sottosegretario alla guerra Generale Chatrian.
L’unico richiamo al “particolarismo” valdostano, un riconoscimento strumentale e tardivo, è contenuto nell’art. 1 del D.L. 7 settembre 1945 n. 545 che sopprime l’odiata “Provincia” e che “costituisce” la Valle d’Aosta in “Circoscrizione autonoma con capoluogo Aosta”.
LA DELUSIONE DI MONS. STEVENIN EVOCA IL SECONDO TRIONFO DI VARRONE
Bisogna pur dire della delusione e dello sdegno motivato di Mons. Joconde Stevenin che reagisce senza mezze frasi ai due Decreti n. 545 e 546: le sue frasi sono lapidarie e meritano di essere scolpite nella memoria dei valdostani. Egli scrive: ….“Perciò la Valle d’Aosta ha visto nei Decreti del Governo la continuazione di quella politica ondeggiante fatta di promesse e di persecuzioni ora subdola, ora aperta, usata nei suoi confronti sin dal 1860, e cioè da quando la Valle fu staccata dalla Savoia e che i Re di Sardegna sono diventati Re d’Italia. Il funzionamento dell’autonomia, com’è, costituirà per il popolo valdostano la prova del fuoco, di cui non farò risultare la parte positiva, ma invece quella negativa, affermando cioè che se detta prova fallisce, si ricadrà volenti o nolenti sotto un’oppressione effettiva per molte ragioni ben peggiore di prima, e sarebbe questo, a 20 secoli di tempo, la conferma della divisa Roma doma, ossia il secondo trionfo di Varrone”.
Parole davvero profetiche.