Se ci si ferma alle fredde e concise righe della nota stampa diffusa da Banca Intesa, manco ci sarebbe la notizia: “Le operazioni di integrazione della rete Ubi Banca in Intesa Sanpaolo si sono svolte regolarmente e concluse. Durante le giornate di sabato 10 e domenica 11 aprile, nelle filiali si sono svolte le operazioni di migrazione e le relative attività di simulazione e di test per verificare il passaggio al nuovo sistema informatico. Lunedì 12 le filiali sono state aperte alla clientela per la consueta operatività quotidiana. Anche il servizio di home banking e l’app stanno funzionando regolarmente".
Dunque da lunedì scorso Ubi Banca praticamente non esiste più e ad Aosta, dove Ubi ha (aveva) una filiale in via Xavier de Maistre, il passaggio in Intesa ha avuto effetti particolarmente negativi per le centinaia di clienti che vedevano nel direttore, Diego Prot e nella sua 'squadra' di cassieri e funzionari un punto di riferimento quotidiano e soprattutto di confronto 'in presenza' e alla bisogna.
Da lunedì 12 aprile, però, e con preavviso di pochi giorni, Prot è stato trasferito alla sede Intesa di Cogne e stessa sorte ovvero il trasferimento (chi a Verres chi altrove) hanno subìto tutti gli altri dipendenti aostani di Ubi. Per contro, alle loro scrivanie si sono seduti funzionari e cassieri giunti ad Aosta dal Piemonte.
"Prot è un direttore serissimo e competente, ma tanto serio quanto comprensivo, empatico e attento alle diverse, quotidiane problematiche della clientela - afferma un correntista aostano 'storico' di Ubi Banca - capace di risolvere problemi con un approccio umano e sensibile oltreché professionale, senza per questo venir meno ai propri doveri e ai propri obblighi.
In tutta onestà, devo dire che il primo impatto con la nuova struttura di Intesa non è stato dei migliori, anzi. Avverto freddezza e puntigliosità; per carità, doti che a un bancario servono forse per non farsi coinvolgere dai possibili 'guai' della clientela soprattutto in questi difficili tempi di pandemia, ma mi auguro che possa esserci maggior dialogo e confronto in un prossimo futuro".
E non è il solo a pensarla così: "Io dopo dieci minuti che sono entrato in banca volevo già scappare - lamenta un altro cliente Ubi - dai nuovi 'entrati' sono stato trattato come un numero, senza alcuna manifestazione di cordialità. Capisco che anche per loro probabilmente è impattante essere 'sbalzati' dal proprio posto di lavoro per un altro, ma devono forse ricordare che lavorano con i nostri soldi e proprio per questo un minimo di confronto sereno tra funzionario di banca e cliente lo ritengo indispensabile".
L’integrazione Ubi-Intesa ha riguardato 15 mila dipendenti, due milioni e 400 mila clienti, circa due milioni e 600 mila conti correnti e circa 1.000 filiali. Numeri importanti di un'operazione tesa principalmente al profitto e per la quale, con tutta evidenza, il rapporto umano necessario ma forse non indispensabile quando si parla di numeri può essere anche sacrificato.