Non era mai accaduto prima, almeno dall’inizio del secolo. Quello che tra poche ore si conclude si segnala drammaticamente anche come l’anno record per numero di sacerdoti uccisi.
In tutto 36, con una sconcertante media di tre ogni mese. Nel 2017 erano stati 15, molto meno della metà. Un dato che tristemente conferma quello più ampio che riguarda i cristiani uccisi a motivo della propria fede: oltre tremila in tutto il mondo, con un trend in aumento rispetto all’anno precedente. Ma il 2018 sembra destinato a essere ricordato soprattutto come annus horribilis per numero di sacerdoti uccisi.
Molto più anche di altri due anni funesti, come il 2001 quando le vittime furono 25 e il 2009 quando furono 30. Andando più indietro nel tempo, l’unico anno con cui si può tentare un timido paragone è il tragico 1994, quando i preti uccisi furono addirittura 124, anche se di questi ben 104 persero la vita nel sanguinoso conflitto etnico che sconvolse il Rwanda. Nel 2018 l’ultimo a cadere, il 10 dicembre scorso, è stato padre John Njoroge Muhia sacerdote keniota, crivellato di colpi da arma da fuoco mentre era nella sua auto sulla strada a 25 chilometri da Nairobi.
Vittima, a quanto si è subito detto, di una rapina, anche se successivamente il cardinale John Njue, arcivescovo di Nairobi, celebrando il rito funebre ha affermato che «occorre fare chiarezza sulle circostanze e i moventi dell’assassinio», facendosi interprete delle testimonianze di numerosi fedeli che parlano di un «omicidio premeditato, ben pianificato ed eseguito da un gruppo di persone che erano scontente della sua amministrazione rigorosa».
Evidenziando come, nel corso della loro missione, i sacerdoti condividono spesso in tutto e per tutto le condizioni e anche i pericoli della popolazione in mezzo alla quale sono missionari del Vangelo.













