Non esiste alcuna esclusiva a favore delle Guide Alpine e/o degli Accompagnatori di Media Montagna per l’accompagnamento in ambiente montano e che le guide Ambientali Escursionistiche possono accompagnare in ogni ambiente. Lo stabilisce una sentenza del Par Piemonte che ha confermato la lettura della sentenza n. 459-2005 della Corte Costituzionale sempre sostenuta in ogni sede ma che i Collegi Nazionale e Regionali delle Guide alpine si sono sempre ostinati a negare, contro ogni evidenza. "Un risultato storico annunciato da Filippo Camerlenghi, Presidente Nazionale delle Guide Ambientali Escursionistiche AIGAE".
“Il Tribunale Amministrativo del Piemonte ha scritto nero su bianco che: “non esiste alcuna previsione statale di riserva professionale che copra ogni e qualsivoglia attività escursionistica che si svolga in montagna.” Confermando che “le GAE – ha proseguito Camerlenghi - possono muoversi in ambito anche montano.” Con una sentenza chiara, di facile comprensione e inequivocabile, il TAR ha respinto il nostro ricorso contro l’istituzione della figura dell’Accompagnatore di Media Montagna in Piemonte in quanto “non necessario”, poiché quanto dichiarato dalla Regione e dal Collegio delle Guide Alpine sulla riserva di professione semplicemente “NON SUSSISTE”. Il TAR lo ha messo nero su bianco”.
Ma anche di più “Il TAR si è spinto ben oltre sottolineando che “la legge n. 6/1989, (riguardante il regolamento della professione di Guida Alpina) non è mai stata esplicitamente coordinata - ha proseguito Camerlenghi - con ulteriori e paralleli sistemi normativi (in tema ad esempio di liberalizzazione dei servizi, di turismo) né esplicitamente adeguata al mutato contesto costituzionale e alle evoluzioni che la realtà lavorativa, oltre che l’ordinamento, hanno certamente subito in quasi trenta anni. Oltre ad affermare che “il legislatore dell’epoca non si è certamente proposto di delimitare la figura professionale in questione rispetto ad altre professioni che, semplicemente, non esistevano come professioni libere o meno che fossero.
“Viene interamente confermato l’impianto della Sentenza (inappellabile!) della Corte Costituzionale, secondo cui “l’individuazione di professioni protette appartiene alla disciplina, di riserva statale, dell’ordinamento civile e non può, per ovvie ragioni di uniformità di regolamentazione, essere demandata al legislatore regionale”.
In modo più che mai specifico è scritto nella sentenza che: “il legislatore regionale non possa creare alcuno spazio di professione protetta che come tale non sia già previsto dalla legge statale; in sostanza le Regioni possono disciplinare la figura professionale dell’AMM nei limiti in cui i suoi ambiti di riserva siano quelli già previsti dalla legge statale.“
Molto importante l’analisi del quadro normativo ma anche di realtà del mercato di riferimento, quando il TAR indica che “Per quanto in specifico concerne la potenziale reciproca interferenza tra GAE e AMM, la legge non può che essere interpretata in forma compatibile con il generale favore per la libertà delle prestazioni di servizi, anche di nuova emersione, libertà per di più incentivata dall’ordinamento europeo; le deroghe a siffatti principi presentano tendenzialmente natura eccezionale e possono essere fondate solo su specifiche esigenze di tutela”.












