Il Consiglio d’Europa, nella raccomandazione R(2000)7 sulla tutela delle fonti dei giornalisti, ha scritto testualmente: «L'articolo 10 della Convenzione, così come interpretato dalla Corte europea dei Diritti dell'Uomo, s'impone a tutti gli Stati contraenti».
Su questa linea si muove il principio affermato il 27 febbraio 2001 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo: ”I giudici nazionali devono applicare le norme della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo secondo i principi ermeneutici espressi nella giurisprudenza della Corte europea dei Diritti dell'Uomo” (in Fisco, 2001, 4684). Questo assunto è condiviso pienamente dalla Corte costituzionale: le sentenze di Strasburgo hanno un peso ineludibile nel sistema giudiziario italiano. Si legge nella sentenza 39/2008 della Consulta: “Questa Corte, con le recenti sentenze n. 348 e n. 349 del 2007, ha affermato, tra l'altro, che, con riguardo all'art. 117, primo comma, Cost., le norme della CEDU devono essere considerate come interposte e che la loro peculiarità, nell'ambito di siffatta categoria, consiste nella soggezione all'interpretazione della Corte di Strasburgo, alla quale gli Stati contraenti, salvo l'eventuale scrutinio di costituzionalità, sono vincolati ad uniformarsi…Gli Stati contraenti sono vincolati ad uniformarsi alle interpretazioni che la Corte di Strasburgo dà delle norme della Cedu (Convenzione europea dei diritti dell’Uomo)”.
Dal 1° dicembre 2009 la Carta dei diritti fondamentali della Ue e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu) fanno parte della Costituzione europea (Trattato di Lisbona) e sono direttamente applicabili dai giudici e dalle autorità amministrative italiani.











